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Venerdì, 19 Aprile 2024
Giustizia

Ergastolo ostativo, la Consulta concede altro tempo al Parlamento

I giudici hanno accolto la richiesta di rinviare la propria pronuncia sulla norma che impedisce la concessione della libertà condizionale ai condannati al carcere a vita che non collaborano. I motivi della decisione

Sull'ergastolo ostativo la Consulta concede altro tempo al Parlamento. I giudici costituzionali hanno accolto la richiesta di rinviare la propria pronuncia sulla norma che impedisce la concessione di benefici o permessi ai condannati al carcere a vita che non collaborano. La nuova data è quella dell'8 novembe. La richiesta del rinvio era stata avanzata dalla commissione Giustizia del Senato e dall'Avvocatura dello Stato, costituita in giudizio sin dall'inizio del procedimento per conto del Governo.

La decisione è stata presa - spiega l'ordinanza letta in udienza dal presidente dopo la camera di consiglio - considerato che la Camera ha approvato una proposta di legge ora all'esame del Senato e che, nella seduta del 4 maggio 2022, il presidente della commissione Giustizia di Palazzo Madama ha auspicato un nuovo rinvio dell'odierna udienza "per consentire la prosecuzione e la conclusione dei lavori di commissione". "Permangono inalterate le ragioni che hanno indotto questa Corte a sollecitare l'intervento del legislatore", ha detto il presidente della Consulta Giuliano Amato.

L'ergastolo ostativo non permette che il detenuto benefici di determinati permessi, come quelli premio o la semilibertà, a meno che non collabori con la giustizia. Si applica per chi sconta la massima pena per delitti di mafia e terrorismo, ma anche per eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, reati di pedopornografia, prostituzione minorile, tratta di persone, riduzione o mantenimento in schiavitù, violenza sessuale di gruppo, sequestro di persona a scopo di estorsione

Un anno fa, i giudici costituzionali definirono l'ergastolo ostativo, come disegnato dalle norme attualmente in vigore, "incompatibile" con i principi di uguaglianza e di funzione rieducativa della pena, dettati dagli articoli 3 e 27 della Costituzione, e con il divieto di pene degradanti sancito dalla Convenzione europea dei diritti umani. Una posizione netta, quella della Corte, di fronte alla disciplina che "preclude in modo assoluto", per chi è condannato all'ergastolo per delitti di mafia e "non abbia utilmente collaborato con la giustizia - osservarono i 'giudici delle leggi' - la possibilità di accedere al procedimento per chiedere la liberazione condizionale, anche quando il suo ravvedimento risulti sicuro". Con l'ordinanza dello scorso anno, dunque, la Consulta decise di dare un anno di tempo al legislatore per mettere a punto interventi sulla materia.  

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