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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Attualità

"Così abbiamo salvato l'Europa dal blackout. E continuiamo a farlo"

Intervista esclusiva alla commissaria Ue ai Trasporti, Adina Valean. Che all'indomani dello scoppio della pandemia si adoperò per garantire il passaggio di beni alimentari e di prima necessità, medicine comprese, tra i confini chiusi dei Paesi europei. Un impegno che è tornato di stretta attualità

“La situazione sembrava un improvviso blackout in tutta Europa”. A ricordare le prime settimane successive all’arrivo del coronavirus in Europa è la commissaria Ue ai Trasporti, Adina Valean. La drammatica situazione negli ospedali alle prese coi primi contagi ha presto creato il panico generale nelle settimane a cavallo tra febbraio e marzo 2020, mandando in tilt anche il traffico merci, essenziale per far arrivare alimenti e beni di prima necessità, comprese forniture mediche, ai 450 milioni di cittadini europei.

“È stato allarmante - ricorda oggi la commissaria - vedere quanto velocemente il mercato interno, che l'Europa ha costruito in decenni passo dopo passo, abbia rischiato di crollare in pochi giorni”. Alcuni confini vennero letteralmente sbarrati dall’oggi al domani, mentre la rete stradale transfrontaliera europea venne presto intasata dai tir bloccati dalle autorità nazionali. In un’intervista a Europa Today, Valean racconta come l’Ue riuscì a evitare un blackout che avrebbe peggiorato tanto la crisi sanitaria, quanto quella economica. 

Commissaria, quando il Covid-19 è arrivato in Europa, all’improvviso l’Ue si è trovata davanti all'interruzione del traffico merci. Come ricorda quei giorni?

Ricordo le prime telefonate con le parti coinvolte e i ministri dei Trasporti, compreso il ministro italiano, che cercavano di trovare una rapida soluzione a una situazione esplosiva. Avevamo 40 km di code in alcune frontiere: migliaia di camionisti in condizioni igieniche inadeguate, sotto stress estremo, merci deperibili che si erano rovinate perché non erano arrivavate in tempo a destinazione, forniture mediche bloccate durante il transito. Si trattava di una situazione disperata e che richiedeva una risposta molto rapida e armonizzata da parte degli Stati membri e della Commissione. 

Dopo i primi casi di Covid, alcuni Paesi si sono trovati tagliati fuori dal resto dell’Ue. A quale rischio si andava incontro?

Per me la situazione sembrava un improvviso blackout in tutta Europa. A tutti i passaggi di frontiera sulla nostra mappa ha iniziato a lampeggiare la luce rossa, nessuno sapeva quale fosse la strada migliore da seguire o come avrebbero reagito gli Stati membri. Ricordiamo tutti le reazioni di panico dei cittadini, delle imprese e dei Governi di tutto il continente e dei loro risultati diretti: scaffali vuoti, lavoratori dei trasporti in difficoltà e autorità nazionali agitate. L'impatto si è fatto sentire in tutti gli angoli d'Europa: nei Paesi periferici a causa del traffico a senso unico che porta beni essenziali, e nei Paesi geograficamente centrali a causa dei problemi legati al traffico che attraversa i loro confini da tutte le direzioni.

Eppure le forniture alimentari e di altri beni, nonostante alcuni disagi nelle prime settimane, sono state garantite. Come siete intervenuti a livello Ue?

Dovevamo trovare una soluzione molto pratica che potesse essere attuata rapidamente da tutti gli Stati membri, un principio che fosse di facile comprensione e che potesse disperdere le lunghe code al più presto. Ciò ha portato alle nostre linee guida sulle corsie verdi, una soluzione efficace di cui sono molto orgogliosa. Tutti i veicoli merci e gli autisti devono essere trattati in modo non discriminatorio e il passaggio attraverso i valichi di frontiera delle cosiddette corsie verdi non deve richiedere più di 15 minuti, compresi i controlli. Laddove questi passaggi di frontiera dovessero tornare saturi, verranno aperte ulteriori corsie verdi, esclusivamente per il passaggio di merci, e le procedure andranno ridotte al minimo. Questo principio è stato integrato dalla nostra richiesta di sospendere temporaneamente le limitazioni alla circolazione, come i divieti notturni o del fine settimana, e dall'istituzione di una rete di punti di contatto per i trasporti nazionali. Il sistema è in funzione da marzo scorso e si è rivelato uno strumento molto efficace, efficiente e utile per condividere informazioni tra le autorità nazionali e quindi per evitare ulteriori turbolenze.

“L'attraversamento del confine, compresi eventuali controlli e screening sanitari, non dovrebbe richiedere più di 15 minuti”, si legge nella decisione che istituisce le corsie verdi. Perché questo principio è limitato al solo flusso di merci e non include anche le persone che viaggiano? Cosa risponde a chi afferma che l'Ue presta più attenzione alle imprese che ai cittadini?

La libera circolazione delle merci e delle persone sono libertà fondamentali sancite dal Trattato. Tuttavia, ci sono circostanze in cui tali movimenti possono essere limitati e la pandemia era una di queste situazioni. Per limitare la diffusione del virus, gli Stati membri hanno adottato varie misure, alcune delle quali hanno avuto un impatto sui diritti dei cittadini di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri dell'Ue, come restrizioni all'ingresso o requisiti di quarantena per i viaggiatori transfrontalieri. Ma mentre la vita può continuare anche se la libera circolazione delle persone è temporaneamente limitata, avere beni essenziali bloccati alle frontiere creerebbe disordini immediati. Prima ho accennato agli scaffali vuoti e forse ricorderete che in primavera c'era una carenza di prodotti di base necessari per combattere la pandemia, come i dispositivi di protezione individuale, apparecchiature mediche, disinfettanti, e così via. La questione non era se concentrarsi sulle imprese o sui cittadini. Al contrario, senza un flusso ininterrotto di merci, avremmo messo a rischio i cittadini europei e il loro accesso al cibo e ai beni essenziali. Si può anche ricordare che, dopo il riuscito ripristino della libera circolazione delle merci, la Commissione e gli Stati membri hanno lavorato mano nella mano per riaprire l'Europa una volta che la fine della prima ondata lo avrebbe consentito. Purtroppo la situazione è cambiata con la seconda ondata di settembre e, sulla base dell'esperienza acquisita in primavera, abbiamo dovuto concentrarci nuovamente sulle catene di approvvigionamento per garantire che tutti i lavoratori dei trasporti di tutti i mezzi potessero usare le corsie verdi. Continueremo a monitorare lo sviluppo e la diffusione del virus e a lavorare a stretto contatto con gli Stati membri al fine di garantire che la libera circolazione delle persone e delle merci sia completamente ristabilita e che si possa tornare alla normalità il più rapidamente possibile.

Ritiene che gli europei capiscano e concordino con il ruolo svolto dalla Commissione nell'evitare interruzioni nei trasporti o negli spostamenti essenziali?

La risposta è sì. La maggior parte delle volte, le persone, le autorità o le imprese scrivono ai commissari europei per lamentarsi. Ma ogni tanto, come per le corsie verdi, scrivono anche per esprimere la loro gratitudine. La Commissione europea - sotto molti aspetti, come nel caso dei trasporti - non ha il potere legale di imporre agli Stati membri determinate misure. Ma la nostra lunga esperienza nel coordinamento e nella mediazione in situazioni spesso difficili si è rivelata di grande valore in questa crisi. Abbiamo sempre sostenuto proporzionalità e decisioni equilibrate, l'unità e il coordinamento, e credo fermamente che i cittadini europei lo abbiano visto e apprezzato.

Quale impatto hanno avuto le scelte dell’Ue per i lavoratori stagionali o per coloro che devono attraversare una frontiera ogni settimana o ogni giorno per andare a lavorare?

I lavoratori stagionali e transfrontalieri sono fondamentali per l'economia europea. Il loro movimento deve essere facilitato ed è per questo che abbiamo accolto con favore la raccomandazione del Consiglio dei primi di febbraio. Questo documento afferma che gli Stati membri non devono richiedere alle persone che vivono nelle regioni di confine e che attraversano una frontiera su base giornaliera o frequente per motivi di lavoro, affari, istruzione, famiglia o assistenza medica, di sottoporsi a un test o alla quarantena. Inoltre, se uno Stato membro ritiene necessario un requisito di test sui viaggi transfrontalieri, la frequenza di tali test dovrebbe essere proporzionata. Se la situazione epidemiologica è comparabile su entrambi i lati del confine, non dovrebbe essere imposto alcun requisito di test relativo ai viaggi. Sono lieta di vedere che la maggior parte degli Stati membri, tra cui l'Italia e la Romania (il Paese d’origine della commissaria, ndr), stiano seguendo questa raccomandazione.

La presidente Ursula von der Leyen, in una recente conferenza stampa, ha ricordato che nove Stati europei hanno introdotto pesanti restrizioni alle frontiere violando le raccomandazioni Ue sui viaggi. Tali misure hanno avuto un impatto sulle corsie verdi? Qual è la sua reazione a questa decisione presa da diversi Paesi Ue?

Posso risponderle dal punto di vista dei trasporti. Alcuni Paesi hanno recentemente adottato misure per proteggere la loro popolazione dai nuovi ceppi virali. La Germania, ad esempio, ha deciso di chiedere un test negativo ai camionisti e questa decisione ha portato a lunghe code su alcuni tratti e a una situazione molto difficile per i nostri camionisti che devono aspettare in lunghe file prima di fare il test, spesso con un tempo gelido e senza la possibilità di mantenere le regole di distanziamento fisico. Rispettiamo il diritto dei Paesi di proteggere i propri cittadini, ma per farlo non dovremmo mettere in pericolo altri cittadini. I camionisti lavorano principalmente da soli, isolati nella loro cabina con un'esposizione molto bassa al virus durante il transito, rispettando le raccomandazioni sulle corsie verdi e i protocolli di sicurezza che il settore ha messo in atto, che includono nessun contatto fisico nei luoghi di ritiro e consegna. I test recentemente svolti in Italia hanno mostrato un risultato positivo su 850 test! Stiamo parlando di un gruppo di persone molto meno esposto a una possibile infezione rispetto alla popolazione generale. Ma, anche se sono richiesti ed eseguiti i test, ciò non può essere fatto a scapito della sicurezza del conducente. Ad esempio, i test potrebbero essere eseguiti in modo tale che i conducenti dei camion non debbano uscire dalla cabina. Oppure, la validità dei test può essere estesa da 48 a 72 ore, consentendo loro di avere più opzioni di test, in vari Paesi. Ho scritto lettere su questo argomento ai ministri dei Trasporti di vari Paesi e spero che troveremo una soluzione soddisfacente.

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