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Martedì, 23 Aprile 2024

Alberto Berlini

Giornalista

Il Primo maggio non è una festa

Il Primo Maggio non festeggiate ma urlate: prendo in prestito le parole di Emma Marrazzo, madre di Luana d'Orazio che al lavoro ha perso la vita ad appena 22 anni risucchiata nell'ingranaggio dell'orditoio il 3 maggio scorso. In occasione della festa dei lavoratori si torna a parlare delle tutele che mancano sul posto di lavoro. Le statistiche parlano chiaro: anche quest'anno la media dei morti sul lavoro si avvia alla solita drammatica spirale che con tre decessi al giorno ci porterà oltre quota mille. Siamo tra i peggiori d'Europa e - oltre alla retorica del Primo maggio - occorrono iniziative a tutela della sicurezza sui posti di lavoro. Il governo ha iniziato l'assunzione di migliaia di nuovi funzionari che andranno a rimpolpare il personale dell'ispettorato del lavoro. Saranno chiamati a vigilare su quelle norme che esistono ma troppo spesso vengono ignorate perché "costerebbe troppo rispettarle".Da qui però forse occorre iniziare un nuovo ragionamento che abbracci più in generale il mondo del lavoro: possiamo partire cercando di capire perché nelle regioni del Sud Italia il tasso di disoccupazione è sui livelli della Guyana, mentre allo stesso tempo i datori di lavoro lanciano appelli perché non trovano personale. Non parliamo solo del mondo degli hotel e dei ristoranti "a corto di stagionali" ma anche di tante aziende che non trovano operai specializzati. Perché le competenze di chi esce dal mondo della scuola sono disallineate con le richieste del mercato.

Oggi gli stipendi più alti sono assicurati per i lavoratori dell'edilizia con imprese che non riescono a rispondere a tutte le richieste di intervento di chi vorrebbe sfruttare il volano dei bonus edilizi. Non si trovano muratori, potremmo chiederlo ai laureati che si trovano a inseguire stipendi esigui molto diversi da quanto prospettato all'inizio del percorso di studi? Non scherziamo. Occorre invece una riformulazione della formazione che comprenda una fase di avvicinamento al lavoro senza che la alternanza scuola lavoro si tramuti in un escamotage per pagare troppo poco stagisti e apprendisti.

Ben vengano più controlli perché si rispettino le normative di sicurezza e si evitino morti che come nel caso di Luana coinvolgano giovani apprendisti alle prese con macchinari complessi e per cui non sono formati.

Indigniamoci dunque oggi e protestiamo anche contro l'impoverimento di salari che non ricalcano più la crescita dell'inflazione, relegando chi un lavoro lo ha a uno stipendio insufficiente. In tanti troppe volte avremmo voluto dire no a una proposta con un salario "indecente", ma in tanti non possiamo permettercelo. Lo testimoniano le statistiche che evidenziano la crescita dei "working poor" e del lavoro con contratti a tempo determinato. Dire come hanno fatto in tanti in passato che gli italiani sono "mammoni" perché non lasciano la casa dei genitori, si scontra con le reali possibilità di farlo.

Crescono rabbia e frustrazione: a modelli troppo spesso inarrivabili mostrati in tv e sui social si giustappone una realtà precaria. Alla "classe dirigente" che si riempie la bocca della promessa di un patto generazionale nel giorno della festa del lavoro, oggi sarebbe utile rispondere con un grido di rabbia perché qualcosa cambi. Davvero.

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