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Martedì, 23 Aprile 2024
L'intervista

"La mia vita con la fibromialgia: mi dicevano che era tutto nella mia mente, ma io sapevo di essere malata"

Una malattia cronica e invalidante ma difficile da diagnosticare, con notevoli ricadute dal punto di vista personale, sociale e professionale, per la quale non c’è una vera e propria cura. La testimonianza a Today di Giusy Fabio, paziente e vicepresidente dell'Associazione italiana sindrome fibromialgica (Aisf)

"È stato come se il mio corpo fosse impazzito da un momento all'altro. Dopo, la mia vita è cambiata e io non sono stata più la stessa persona". Era il 2009, Giusy Fabio si stava preparando a un saggio teatrale di commedia dell'arte. All'improvviso, sono arrivati una febbre altissima, dolori lancinanti che la hanno letteralmente immobilizzata, bruciori, ipersensibilità e reazioni cutanee. Dopo 28 giorni di ricovero in ospedale, è tornata a casa da suo marito e suo figlio, pur se soltanto in parte in via di recupero. Ci sono voluti sette anni prima che Giusy potesse dare finalmente un nome al suo male: fibromialgia, che provoca soprattutto dolore muscolo-scheletrico diffuso, rigidità, astenia. La sindrome fibromialgica colpisce circa due milioni di iltaliani, in prevalenza donne, e se pressoché sconosciuta fino a pochi anni fa, ancora oggi è difficile da diagnosticare, con notevoli ricadute dal punto personale, sociale e professionale. 

Nella doppia veste di paziente e vicepresidente dell'Associazione italiana sindrome fibromialgica (Aisf), Giusy racconta a Today la sua esperienza e cosa significa convivere con questa sindrome, che, sottolinea, "non coinvolge solo corpo e mente, con disturbi fisici e problemi cognitivi, ma l'anima stessa del paziente". 

Vivere con la fibromialgia

"Dall'oggi al domani io ho sentito che non ero più la Giusy di prima. I medici stessi però non si raccapezzavano e alla frustrazione di sentire che nessuno sapeva come aiutarmi si è aggiunta quella di non essere creduta: mi davano la colpa, dicevano che ero troppo ansiosa, depressa, che avevo problemi mentali", racconta. Un percorso, il suo, simile a quello di tante altre persone in lotta contro la fibromialgia. Dalla comparsa dei primi sintomi fino alla diagnosi possono volerci anni. Nel frattempo il corpo cambia, il dolore è costante, ci si ritrova costretti a modificare radicalmente la propria vita e le proprie abitudini, ci si rende conto di essere malati ma di essere considerati in realtà "malati immaginari".

"Le continue problematiche fisiche e mentali, come ad esempio anche i disturbi cognitivi, la memoria a breve termine azzerata, la difficoltà a concentrarsi e tenere il filo di un discorso: tutto questo è invalidante. Oltre al fatto che si diventa insicuri, fragili, non compresi spesso anche dai propri famigliari, e si inizia a rinunciare, a isolarsi, a perdere ogni certezza", spiega Giusy Fabio. "Io sono riuscita a restare lucida anche in quei sette anni in cui ho cercato una risposta, nonostante gli altri mi dicessero che era solo un problema della mia mente ma io sapevo di essere malata. Mi ripetevo: 'Devo capire che cosa ho e come posso affrontarlo'. Non tutti ci riescono, non tutti riescono ad adattarsi al nuovo corpo e alla nuova mente e il rischio è lasciarsi annientare".

Fondamentale per Giusy è stato l'incontro con l'associazione dei pazienti e avere finalmente una diagnosi, con un medico che ha saputo "comunicarle" la fibromialgia, spiegarle cosa stava succedendo al suo corpo e come reagire, il perché di ogni trattamento e di ogni farmaco, anche quelli che più potevano spaventare, come gli anticonvulsivi, gli antidepressivi, i miorilassanti. "A quel punto, quando ho capito che cosa avevo e cosa potevo fare, ho trovato fiducia e coraggio nell'affrontare quello che è stato comunque un percorso di terapia e stravolgimento delle mie abitudini. E il medico deve essere in grado non solo di fare la diagnosi ma anche di spiegare. La comunicazione da parte dello specialista è fondamentale, serve al paziente per prendere consapevolezza, capire cosa sta combattendo. Dal medico e anche dalle associazioni dei pazienti arrivano tutte quelle informazioni per imparare a gestire la malattia e conviverci".

Una "malattia sociale"

"La nostra è un’associazione 'di malattia', in ogni sezione locale sul territorio c'è un referente dei pazienti, che a sua volta è spesso un paziente, e un referente medico, per assicurare un aiuto a 360 gradi e proprio grazie ai medici possiamo cercare di sviluppare percorsi diagnostici, terapeutici, assistenziali ad hoc, senza far perdere tempo e denaro. Lavoriamo molto anche con i familiari, i care giver", spiega Giusy Fabio, che ribadisce: "Dal punto di vista medico-legale e della medicina del lavoro c'è ancora tanto da fare, serve più consapevolezza e formazione".

"La fibromialgia è una malattia sociale: colpisce non solo chi ne è affetto, ma anche le persone che gli stanno intorno", dice Fabio. In famiglia non è sempre facile. "Il proprio partner all'improvviso si ritrova vicino una persona completamente diversa. Mio marito ha sempre creduto che io stessi male veramente, mi ha aiutato, mi è stato vicino. Altre persone si impauriscono. Facciamo fatica noi a capire che cosa abbiamo addosso, pensate chi non ce l'ha. I rapporti si sgretolano. Per questo sono importanti anche i gruppi di mutuo-aiuto e l'incontro con altri pazienti, per confrontarsi con altre persone che vivono la stessa realtà". Sul lavoro le cose ovviamente non vanno meglio. "C'è chi ad esempio da un giorno all'altro non può più fare il lavoro 'fisico' che faceva prima, non riesce ad avere un cambio mansione, perché non si può o non si vuole concederlo, e spesso il risultato è che quel lavoro si perde. Le tutele da quel punto di vista sono zero". 

Che cos'è la fibromialgia

La fibromialgia è una malattia cronica ma non degenerativa. Non si sa ancora cosa la provochi, anche se sono molti e differenti i fattori che possono scatenarla  Non esiste un farmaco specifico, non c'è una cura, ma un mix di terapie multidisciplinari, basato sostanzialmente su quattro fattori principali: educazione comportamentale e fitness, psicoterapia, terapie farmacologiche e non farmacologiche. In Italia la fibromialgia non è ancora stata inserita nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), le prestazioni e i servizi garantiti a tutti i cittadini dal Servizio sanitario nazionale, gratuitamente o pagando il ticket, se dovuto. Il dossier è sul tavolo della Commissione che dovrà valutare se inserirla o meno e in Senato è stato presentato ad aprile di due anni fa da Paola Boldrini e Dario Parrini un disegno di legge che propone il riconoscimento della fibromialgia come malattia invalidante, il cui iter è stato rallentato dalla pandemia ma potrebbe presto riprendere. 

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