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Giovedì, 25 Aprile 2024
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"Due giorni per scappare da Kiev": il viaggio contro il tempo per mettersi in salvo

L'Odissea di un abitante di Kiev per arrivare al confine con l'Ungheria insieme alla famiglia. Il racconto a Today

"Il tuo credito residuo non è sufficiente per effettuare questa chiamata". Già, l'Ucraina non fa parte dell'Unione Europea e il roaming internazionale non è stato abolito. Ricarico velocemente e riprovo. Josué risponde quasi subito. Fortunatamente, come è doveroso aggiungere dopo le immagini di dolore e devastazione che continuano ad arrivare e ci permettono di avere ben chiara la drammaticità della situazione e la precarietà di chi sta vivendo gli orrori della guerra sulla propria pelle. Spagnolo, di Burgos, da 25 anni vive a Kiev, prima con la famiglia di origine - i genitori sono missionari cattolici -, poi con la moglie, Valentina, e le loro due figlie, che oggi hanno 6 e 12 anni. Ci sono anche loro tra le circa centomila persone fuggite dalla capitale ucraina, affrontando un esodo lungo 48 ore. 

"Siamo appena arrivati in un paese al confine con l'Ungheria, vicino alla frontiera". Al telefono Josué è sollevato, a un passo dalla libertà: "Qui la situazione è tranquilla, non ci sono conflitti. Ci fermiamo a dormire a casa di un amico stanotte perché siamo distrutti, sono due giorni che siamo in viaggio con la macchina. Le bambine non ce la fanno più, sono stremate". Hanno bisogno di riposarsi e lo fanno in una delle poche regioni non ancora assediate dai russi, a ovest, a una manciata di chilometri dal confine con la salvezza: "Domani appena ci svegliamo partiamo per l'Ungheria, arriviamo fino a Budapest e poi prenderemo un aereo per tornare in Spagna. Se succede qualcosa anche qui nelle prossime ore scapperemo subito". 

Due giorni in viaggio

Quando Josué risponde al telefono è arrivato da appena mezzora in Transcarpazia. Il viaggio era iniziato giovedì sera da Kiev: "La situazione era complicata da giorni ma tutti pensavamo che Putin si sarebbe concentrato su Donetsk e Luhansk, le due repubbliche separatiste del Donbass, senza andare oltre - spiega -. Quando abbiamo sentito gli spari vicino Kiev non ci volevamo credere. In quel momento ho capito che forse era il caso di andarsene. La situazione durante la giornata di giovedì è peggiorata e ci avevano detto che nella notte ci sarebbero stati attacchi aerei. Non potevamo più aspettare, abbiamo preso il minimo indispensabile e siamo scappati. Meno male, perché ogni secondo che passava era sempre peggio". Come loro centinaia di persone e famiglie: "Un traffico infernale - continua a raccontare -. Da Kiev a qui ci vogliono tra le 10 e le 12 ore, noi ci abbiamo messo due giorni. Solo questa mattina per fare 10 km ci abbiamo messo 6 ore. Io e Valentina ci davamo il cambio alla guida e ogni tanto ci fermavamo per riposare un po'. Abbiamo dormito in macchina e mangiato con poche cose che siamo riusciti a portare dietro. La benzina è stato un bel problema, perché in molti benzinai non puoi pagare con la carta e non si possono più ritirare soldi ai bancomat. In qualche modo ce l'abbiamo fatta". Ma non è stato l'unico colpo di fortuna: "Una delle strade in cui siamo passati è stata chiusa tre ore dopo perché hanno sparato delle bombe - ricorda ancora toccato Josué -. Se uscivamo tre ore dopo non saremmo riusciti ad andare da nessuna parte, non ci posso pensare". Le strade sono piene di carri armati russi, ma gli unici 'intoppi' nella fuga sono i posti di blocco dell'esercito ucraino per controllare i documenti e fermare gli uomini dai 18 ai 60 anni, che non possono lasciare il Paese e vengono arruolati. Josué no, lui in quanto cittadino spagnolo può oltrepassare i confini nazionali con la sua famiglia. "Stanno scappando tutti, ma la maggior parte degli ucraini viene in regioni come questa, al confine" spiega ancora al telefono, e aggiunge: "Gli uomini non possono uscire dall'Ucraina, ma qui almeno la situazione è più calma, i russi non ci sono. Chi può invece va in Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia".

"Mia figlia in lacrime mentre diceva che arrivava il nemico"

La guerra ai bambini che la vivono si spiega da sola, in tutta la sua atrocità. Forse è l'unico caso in cui la missione dei genitori non è quella didattica, ma di pura protezione. Come spiegò magistralmente Roberto Benigni nel film 'La vita è bella', quando trasformò il campo di concentramento in un enorme gioco per provare a nascondere il crimine dell'olocausto a un bambino di poco più di sei anni. Restando ad est, ma in Ucraina, ottant'anni dopo, Josué ha preferito essere sincero con le figlie: "Gli ho detto la verità. Che siamo in guerra, c'è un conflitto armato e dobbiamo andare via. Non sono entrato in dettagli perché sono ancora molto spaventate, soprattutto la piccola, che ha 6 anni, e ogni volta che ci fermavano a qualche controllo per i documenti piangeva, impaurita, dicendo che arrivava il nemico". Il nemico. Una parola che fino ad oggi, alla peggio, sentivano alle prese con qualche videogioco. "Per il momento non voglio dirgli troppo" continua il papà, pensando a domani: "Quando saremo salvi e tranquilli parlerò con loro e gli spiegherò meglio la situazione". L'incubo è quasi finito, ma l'odore della paura si fa ancora sentire: "Adesso che sono arrivato qui sto più tranquillo, ma quanta paura ho avuto. Cercavo di non mostrarlo alla mia famiglia, ero spaventatissimo e continuo ad esserlo perché questa situazione secondo me è pericolosa e può finire molto male, non solo per l'Ucraina e la Russia".

Le ultime notizie da Kiev

Le notizie da Kiev arrivano a singhiozzo. Il flusso dell'informazione non è fluente come il primo giorno, quando i social erano una sorta di 'edizione straordinaria' continua. Il popolo ucraino è barricato e dai collegamenti con gli inviati di guerra, chiusi nei bunker per la maggior parte della giornata, trapela poco. Josué, in contatto con alcuni amici rimasti lì, sa qualcosa: "Proprio adesso hanno detto che fino al 28 non si potrà uscire per niente perché stare in strada è molto pericoloso. La gente è tutta chiusa nelle case e nei bunker. La metro funziona solo come rifugio, i supermercati sono chiusi. Finora c'erano i volontari a distribuire cibo, ma ora anche a loro è stato detto di non uscire. La situazione è drammatica. Kiev in molte zone è distrutta e hanno ostacolato il passaggio dalla parte sinistra alla parte destra della città. Hanno bloccato tutto, ci sono spari ovunque. Non si può più entrare né uscire". Loro hanno fatto appena in tempo: "La mia famiglia è uscita tutta, ma a Kiev è rimasta una persona a me molto cara. Il loro rifugio è stato distrutto e controllano a turno che non entri nessuno. Sono molto preoccupato. Kiev è sotto assedio, il rischio è totale". 

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