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Martedì, 16 Aprile 2024
Attualità Monza e della Brianza

Quattro mesi chiuso in casa con la figlia pluridisabile: "In questa emergenza siamo stati trasparenti”

La testimonianza del papà di Sara, che ha gestito da solo insieme alla moglie la figlia durante il periodo del lockdown

Sara ha 27 anni e mezzo. Pluridisabile, per quattro mesi è rimasta chiusa in casa insieme ai suoi genitori, che sono diventati dall'oggi al domani il suo unico punto di riferimento. La sua quotidianità fatta di centri diurni, palestre, fisioterapia, scuola di musica, compagnia, si è modificata drasticamente e così quella dei suoi genitori. Daniele Orlandini e sua moglie hanno potuto lavorare in smart working fin dal primo giorno di lockdown, che nel monzese dove risiedono è iniziato gli ultimi giorni di febbraio, dopo la scoperta dei primi casi di Covid-19, e hanno potuto così prendersi cura della figlia Sara. Ma come sono stati per loro questi quattro mesi? Come sarà il futuro per Sara?

"Nostra figlia normalmente frequenta un centro diurno per disabili, io e mia moglie lavoriamo fuori casa nella stessa azienda, i momenti in cui si stava insieme erano quelli della sera a cena. Di punto in bianco ci siamo trovati, al di là di quelle che possono essere le difficoltà organizzative della quotidianità, a vivere un contesto nuovo mai sperimentato e a ritrovarci tutti insieme sotto lo stesso tetto per un periodo che non era mai stato così intenso e prolungato", racconta a Today il padre di Sara. "Ma c'era poco da scegliere, ci siamo dovuti rimboccare le maniche e affrontare la situazione". Una situazione che il signor Orlandini riassume efficacemente così: "Dall'oggi al domani è stato come togliere la corrente e ritrovarsi al buio".

Oltre alla frequentazione di un centro disabili a Monza, nell'arco della giornata di Sara sono infatti venuto a mancare anche tutte le altre attività che svolgeva sul territorio, come la palestra, la scuola di musica per disabili, il supporto di qualche collaboratrice che aiutava i genitori e che per lei significavano ulteriori momenti di relazione con altre persone. "Sara ha una capacità comunicativa limitava, per cui io intrepreto quello che può essere stata la sua maggior difficoltà proprio nella mancanza di relazione con altre persone", spiega Orlandini. "Tra le varie disabilità, mia figlia è cieca, ha un forte ritardo intellettivo e cognitivo e per una persona come lei il contatto diventa fondamentale. Non potendo vedere ciò che la circonda, la prima cosa che fa è allungare la mano per toccarla. Paradossalmente questo è diventato proprio quello che non si può più fare", dice il papà di Sara. "Al di là di come si possano rilassare poi le restrizioni, il distanziamento resta una precauzione necessaria ed è una cosa che obiettivamente non si riesce a far capire a mia figlia. Toccare ed essere toccata è il suo principale canale di comunicazione, ma anche questo è un dato di fatto che dobbiamo accettare e con cui dobbiamo convivere".  

Orlandini e sua moglie hanno potuto lavorare fin dall'inizio in smart wokring. Questo ha significato per loro dover conciliare la gestione del lavoro e la gestione di Sara insieme nell'arco della giornata. "Abbiamo dovuto organizzarci per cercare di portare avanti sia l'attività professionale sia il poter dare a Sara le giuste attenzioni di cui lei ha bisogno. Avendo una capacità comunicativa ridotta, un'autonomia praticamente nulla, lei dipende in tutto e per tutto da noi. Ci siamo alternati nell'arco della giornata, a vicenda, per riuscire a farle trascorrere il tempo, trovando delle attività che la vedessero parte attiva". Per una persona con le disabilità di Sara, le attività che maggiormente la coinvolgono sono quelle che prevedono stimoli sonori, come ascoltare della musica o delle favole, con degli ausili che la famiglia ha costruito grazie al supporto tecnico della Lega del Filo d'Oro, per cui l'ascolto di Sara non è mai passivo. "Si tratta però di attività che hanno una durata limitata perché limitata è la stessa capacità di attenzione di Sara. Nell'arco della giornata bisogna variarle molto per consentirle di arrivare a sera", spiega il signor Orlandini. A Sara, come a tante altre persone disabili in questo contesto, è mancata anche soprattutto il supporto per qualsiasi attività di tipo motorio. La ragazza è su una sedia a rotelle e per lei non è stato possibile fare fisoterapia o terapia in acqua, come al solito.

"Purtroppo in questi mesi di chiusura l'impressione che ho avuto io rispetto alle persone disabili è che sono stati un po' trasparenti. Per questi ragazzi è stato fatto poco o niente e questo obiettivamente ha lasciato noi famiglie ancora più soli", ammette amaro il signor Orlandini.

Qualcosa è stato fatto, ammette il papà di Sara. Nei centri diurni del comune di Monza si è cercato di attuare qualcosa di simile a quello che è stato fatto per le scuole elementari con la didattica a distanza, per mantenere un contatto con le persone disabili da parte degli educatori di solito con contributi filmati. Attività che però per Sara non possono essere sufficienti. "Per le persone con disabilità si parla di piani educativi personalizzati e in un frangente come questo l'intervento educativo doveva esser secondo me più specifico, anche se mi rendo conto che la situazione era quella che era", dice Orlandini.

A prescindere dalle varie fasi del lockdown, con più o meno restrizioni, la famiglia Orlandini si è trovata di fronte alla scelta quasi obbligata di mettersi in "quarantena" pur senza aver mai avuto contatti con il virus. Per loro si è trattato di un approccio di protezione essenziale, nei confronti di Sara e nei propri. "Una persona colpita da Covid, nel momento in cui viene ricoverata, si trova isolata senza possibilità di contato con i familiari. Questo cosa rapportata a un disabile diventa ancora più preoccupante. Se mia figlia fosse stata ricoverata per il Covid saremmo andati nel panico, ci saremmo trovati una situazione veramente difficile da gestire", spiega il padre di Sara. Ha sicuramente aiutato avere una casa con un piccolo giardino e un condominio abitati da vicini attenti e "isolati". Le cose sono un po' cambiate tra la fine di aprile e l'inizio di maggio, quando i servizi comunali di Monza hanno messo a disposizione un supporto domiciliare di qualche ora la settimana per le persone con disabilità, che per gli Orlandini ha significato avere almeno quattro ore alla settimana di aiuto con Sara. Questa settimana sono poi ripartiti i servizi per i disabili, in sicurezza, ma per Sara e la sua famiglia si tratta di vivere ancora un momento di transizione che non finirà prima di luglio, ammette il padre.

"Tutto questo è gestibile fintanto che io e mia moglie possiamo continuare a lavorare da casa. Se questa cosa venisse meno, per noi come per tante altre famiglie, ci sarebbe un problema in più da affrontare e dovremmo adattarci ancora una volta a un contesto in divenire".

Nonostante tutto, però, il signor Orlandino riesce a vedere le cose in maniera positiva. "Nella drammaticità di questo momento surreale che tutti abbiamo vissuto, io penso vi si possano trovare degli aspetti positivi, dimenticando quelli negativi. Dall'aver magari riallacciato i rapporti che nella vita si erano distanziati a questo nuovo modo di lavorare che ha significato un nuovo approccio all'interno delle aziende verso quello che potrà essere il modo di lavorare del futuro fino ai servizi di cui usufruisce mia figlia", spiega. "Questa situazione ha portato a riflettere su una differente modalità al di là di quello che erano le rigidità tipiche di un servizio gestito ad esempio da un comune che normalmente è molto delimitato con schemi ben precisi mentre forse ora si ragione con più flessibilità".

"Da questa esperienza potremmo trarre insegnamento per migliorare la qualità di vita di tutti. Se succedesse almeno potremmo dire che è servito a qualcosa. Io parlo da un osservatorio privilegiato. Ho mantenuto un lavoro, ho avuto un'azienda che ci ha seguito, siamo stati supportati da alcune persone, viviamo in un contesto tutto sommato agiato. Sicuramente è stato più facile per noi che per altre persone. Nella sfortuna io probabilmente sono stato più fortunati di altri".

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