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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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La variante italiana del coronavirus, la terza ondata e il rischio zona rossa a gennaio

Il 7 scadono le restrizioni dell'ultimo decreto legge, il 15 tocca al Dpcm. Ma intanto c'è il rischio che molte attività rimangano ancora chiuse o ridotte ai minimi termini. Tra queste la scuola. Mentre l'arrivo della terza ondata ci porterebbe di nuovo al lockdown

La variante italiana del coronavirus potrebbe avere un ruolo decisivo nelle decisioni che attendono il governo Conte a gennaio, quando scadranno le misure dei decreti legge e del Dpcm 3 dicembre. E quando si vedranno gli effetti delle chiusure di Natale 2020 sull'epidemia di Sars-Cov-2. 

La variante italiana del coronavirus e il rischio zona rossa a gennaio

Con ordine. Ieri Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica all'università degli Studi di Brescia, ha annunciato che da agosto circola in Italia una nuova variante del coronavirus molto simile a quella inglese e che "ha diversi punti di mutazione nella proteina Spike, l'uncino che il virus usa per attaccare il recettore presente sulle cellule bersaglio nel nostro organismo. Come quella inglese, anche la variante italiana ha una mutazione in un punto nevralgico dell'interazione Spike/recettore cellulare, più precisamente in posizione 501". Ma a differenza del mutante Gb, "la variante italiana ha anche una seconda mutazione in posizione 493, che rende la sua proteina Spike leggermente diversa da quella del virus pandemico che tutti oggi conosciamo".

La scoperta della variante italiana non dovrebbe guastare i piani di vaccinazione del governo visto che anche in questo caso Comirnaty e gli altri preparati che sono in arrivo dovrebbero restare efficaci. Ma, spiega oggi La Stampa, questa varianza potrebbe in parte giustificare il boom di casi dello scorso autunno, secondo Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova: "Ora si può dare una risposta al perché abbiamo avuto a ottobre e novembre, soprattutto in Lombardia, così tanti casi con una diffusione molto facile del virus in aree particolari". Ieri intanto i numeri del bollettino della Protezione Civile ci hanno riportato una situazione dei positivi figlia della diminuzione dei test del tampone. Ma il tasso di positività si è attestato al 12,5% (in discesa), dopo il balzo in avanti di diversi punti negli ultimi giorni. 

Per quanto riguarda i numeri assoluti, in Veneto si sono registrati 2782 nuovi casi di coronavirus e 69 decessi in più, con l'epicentro a Verona, con 432 nuovi positivi. Dietro il Nord-Est seguono il Lazio con 966 contagi e l’Emilia-Romagna con 750 e Lombardia con 573. E oggi questi numeri rendono ancora più difficili le decisioni che il governo Conte dovrà prendere dopo il 7 gennaio, quando scadranno le restrizioni delle festività e l'Italia sarà tutta, teoricamente, in zona gialla. 

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Ma che ci rimanga è tutto un altro discorso: Nei giorni scorsi il ministro della Salute Roberto Speranza ha fatto sapere che a gennaio (il 15 scadono gli effetti dei decreti legge e del Dpcm) non ci sarà nessun "liberi tutti". Anzi, si tornerà alle zone rosse, arancioni e gialle: "Dal 7 gennaio si tornerà al sistema delle aree colorate, che ha dimostrato di funzionare abbassando l’Rt da 1,7 a 0,82, senza bloccare tutto il Paese". Ma ad oggi i numeri dell'Italia dicono che il paese è tutto in zona gialla e anche l'Abruzzo, l'ultimo a essere rimasto formalmente arancione, dovrebbe uscire dal regime di maggiori restrizioni entro il 7 gennaio. 

Il problema è che per gennaio o al massimo per febbraio in molti hanno pronosticato il possibile arrivo della famigerata terza ondata. Che potrebbe dipendere, in parte, persino dalle deroghe per gli incontri tra amici e parenti certificate dall'ultimo decreto legge. Ecco perché quando si tratterà di decidere nel consiglio dei ministri tornerà a emergere la divisione tra aperturisti e rigoristi che ha caratterizzato le ultime riunioni (e le ultime liti). Se il Partito Democratico e Liberi e Uguali volevano tutta l'Italia in zona rossa a Natale 2020, dall'altra parte il MoVimento 5 Stelle, in un inedito asse con i renziani di Italia Viva, puntava su maggiori aperture. Alla fine la sintesi politica del presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha portato alla zona rossa alternata a quella arancione (dieci giorni contro quattro) che è sembrata un buon compromesso per le feste. 

Il problema è però che a gennaio e febbraio il piano per la vaccinazione di massa sarà ancora in alto mare e nel frattempo il governo dovrà pure decidersi a prendere (o a non prendere) decisioni impopolari come quella dell'obbligo.  Mentre a nove giorni dal teorico rientro in classe anche per la scuola è in atto qualche ripensamento, come spiega oggi La Stampa:

Il Dpcm del 3 dicembre aveva stabilito dal 7 gennaio la didattica in presenza al 75% per le superiori, le uniche ancora alle prese con la Dad. Poi, il 23 dicembre, governo, Regioni, Comuni e Province avevano siglato l’intesa sul rientro al 50% per arrivare al 75% da venerdì 15 gennaio. Oltre alla Campania, erano state Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Liguria (le prime tre amministrate dalla Lega e la quarta da Giovanni Toti) a puntare i piedi e ottenere una soglia più bassa da cui partire. Le linee guida approvate prevedono tavoli nelle prefetture per giungere a una rimodulazione dell'orario delle superiori e a una riprogrammazione dei servizi del trasporto pubblico locale. Agli istituti viene assicurata la flessibilità di cui hanno bisogno nel gestire le classi e organizzare la settimana, ma le indicazioni dei prefetti dovranno essere attuate. Il 24 dicembre il ministero della Salute ha pubblicato un’ordinanza che garantisce «l’attività didattica in presenza al 50% della popolazione studentesca» dal 7 al 15 gennaio per le scuole superiori.

In Campania, per esempio, stanno però intanto già pensando a organizzarsi diversamente: il 7 gennaio le prime e le seconde elementari, l’11 le altre classi della primaria, il 18 le medie e il 25 gennaio le superiori. Tappe che però saranno valutate in base ai contagi. Ma per molte, moltissime attività è concreto il rischio che non sia gennaio il mese della ripartenza. Nei giorni scorsi il Comitato Tecnico Scientifico ha bocciato le linee guida sullo sci. La possibilità che si ritorni in palestra è condizionata ad una serie di precauzioni e regole che si stanno mettendo nuovamente a punto. Nelle piscine invece si sta valutando una persona per corsia. Mentre sembra destinata a slittare la riapertura di cinema, teatri e musei: il problema più grosso qui sono le file agli ingressi ma la soluzione potrebbe essere la contingentazione e la prenotazione per evitare affollamenti all'esterno. E le discoteche? E gli eventi? Tutto fermo. Fino alla primavera, forse. O addirittura all'estate. 

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