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Venerdì, 29 Marzo 2024
L'allarme / Cina

Cosa farà il governo con le stazioni di polizia cinese in Italia?

L'esecutivo guidato da Giorgia Meloni finalmente inizia a mostrare qualche segnale di apprensione dopo la denuncia della presenza di stazioni di polizia cinese in Italia

Il governo guidato da Giorgia Meloni finalmente inizia a mostrare qualche segnale di apprensione dopo la denuncia della presenza di stazioni di polizia cinese in Italia. Perché sul territorio del nostro paese, in diverse città come Prato, Milano e Roma, ci sono ben 11 centri di collegamento con la polizia cinese, il numero più alto di tutto il mondo.

In Italia ci sono 11 stazioni di polizia cinese non autorizzate

Le preoccupazioni

Le inchieste giornalistiche e la pubblicazione del report dell'ong di Madrid Safeguard Defenders hanno mostrato come anche in Italia ci siano centri di polizia cinese accusati di controllare la popolazione cinese all'estero e di costringere i dissidenti al rimpatrio. Centri che il governo italiano ha bollato - spregiudicatamente - come CAF. 

Mascherati da uffici amministrativi per il rinnovo patenti o per il supporto burocratico dei cinesi oltre confine, questi sportelli agiscono come uffici consolari paralleli, in violazione della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari. Essa prevede che tali strutture siano indicate come tali alle autorità ospitanti. Da qui scatta l'allarme: queste stazioni rappresentano una minaccia per la sicurezza e la sovranità territoriale dei paesi in cui sono presenti, nonché rappresentano uno strumento per perseguire la caccia del governo cinese ai dissidenti.  

La risposta del governo italiano

In una dichiarazione al quotidiano Il Foglio - che per primo si è occupato del caso lo scorso settembre -, il ministero dell'Interno guidato dall'ex ministra Luciana Lamorgese aveva affermato che le presunte stazioni di polizia cinesi non ufficiali non destano "particolare preoccupazione". Il parlamento tuttavia si è mosso per chiedere al governo chiarimenti sulle stazioni di polizia cinese d’oltremare presenti in Italia.

Il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, durante il question time di oggi 7 dicembre alla Camera, nel rispondere a una interrogazione sull'apertura di centri della polizia cinese sul territorio italiano (Magi-Misto-Più Europa), ha affermato che al Dipartimento della pubblica sicurezza "non risulta alcuna autorizzazione" all'attività di centri cinesi dedicati al disbrigo di pratiche amministrative in Italia. E assicura un'azione di supervisione e controllo sui centri presenti in Italia: "Sono tuttora in corso approfondimenti'' su Milano, Roma, Bolzano, Venezia e Firenze ma non risultano, al momento, ''cosiddetti centri servizi analoghi a quello di Prato, né a Roma, Firenze, Venezia e Bolzano". 

Perché ci sono delle stazioni di polizia cinesi in Italia

Milano è infatti un'osservata speciale. Il capoluogo lombardo ha catturato l'interesse dell'ong spagnola Safeguard Defenders perché sarebbe stata usata come un banco di prova nazionale per monitorare la popolazione cinese e costringere i dissidenti a rientrare in Cina.

Il dilemma degli accordi di cooperazione dei pattugliamenti congiunti tra Italia e Cina

Secondo il rapporto dell'ong, la prima stazione di polizia cinese non ufficiale in Italia è stata infatti istituita a Milano a seguito di un accordo del 2015 preso con il ministero della Pubblica Sicurezza cinese sui pattugliamenti congiunti, che avrebbe contribuito direttamente allo stabilimento di stazioni "pilota" nel capoluogo lombardo nel 2016, da parte della polizia di Wenzhou. Nel 2018, poco dopo il rafforzamento dell'accordo sul pattugliamento congiunto italo-cinese tra le strade milanesi (così come in quelle romane), anche la pubblica sicurezza di Qingtian ha istituito un ufficio "pilota" a Milano. Insomma, il capoluogo lombardo ha fatto da apripista a queste operazioni in Italia. "Solo a Milano - ha affermato Piantedosi -, c'è un'associazione che svolge attività di disbrigo pratiche amministrative e sono in corso approfondimenti". Il titolare del Viminale però ha smentito la correlazione tra la presenza dei centri di polizia cinese e gli accordi di cooperazione di polizia ed i pattugliamenti congiunti tra Italia e Cina che si sono svolti dal 2016 al 2019. 

Come la polizia cinese reprime i dissidenti in Europa dai suoi commissariati illegali

Non è mancata la menzione alla stazione di Prato, la cui scoperta ha determinato l'attività di indagine transnazionale dell'ong spagnola. "Riguardo all'apertura a Prato di una presunta stazione di polizia cinese - ha riferito Piantedosi - la polizia ha immediatamente avviato accertamenti, dai quali è emerso che lo scorso marzo un'associazione culturale cinese ha aperto una sorta di sportello per il disbrigo di pratiche amministrative rivolto ai connazionali in Italia, nonché un servizio per il rinnovo di patenti cinesi e per le successioni. Ad oggi risulta che il centro non fornisca più questi servizi verso i quali c'è stato peraltro uno scarso interesse, essendo pervenute solo quattro richieste".

Come vi avevamo raccontato in precedenza, infatti, la stazione di Prato, aperta nella sede dell'Associazione culturale della comunità cinese di Fujian in Italia, ha recentemente deciso di non fornire più il servizio di supporto per il rinnovo patente.

Il ministro Piantedosi ha però parlato di un incontro con l'ufficiale di collegamento della Repubblica popolare cinese sul caso di Prato. "Il 16 novembre - ha proseguito il titolare del Viminale durante il question time - presso il Dipartimento di pubblica sicurezza si è svolto un incontro con l'ufficiale di collegamento della Repubblica cinese che ha confermato quanto dichiarato dai responsabili dell'associazione. In ogni caso - ha aggiunto - la Digos ha informato l'autorità giudiziaria degli elementi acquisiti".

Le parole del ministro dell'Interno rassicurano i cittadini italiani e i cinesi residenti in Italia sull'attenzione del governo di fronte alla minaccia per la sicurezza e la sovranità territoriale del nostro paese. Peccato però che se ne sia iniziato a parlare un po' troppo tardi. 

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