L'accoglienza dei profughi ucraini: i primi grossi problemi da risolvere
Il premier Draghi: "Gli italiani hanno spalancato le porte delle proprie case e scuole". Il sistema che si è messo in moto non è però esente da difficoltà. Prima di tutto economiche. Le voci di chi lavora in prima linea. L'appello dei Comuni: "Lo Stato sostenga le spese dei minori non accompagnati"
Davanti alle immagini che arrivano dall'Ucraina - con palazzi, teatri, perfino scuole e ospedali ridotti a un ammasso di macerie dai missili e dalle bombe dell'esercito russo - con migliaia di persone in fuga l'Italia non chiude gli occhi. L'Italia accoglie, aiuta, tende la mano. Lo ha ricordato anche il presidente del Consiglio Mario Draghi parlando alla Camera oggi, 22 marzo, in occasione dell'intervento del leader ucraino Zelensky: "Gli italiani hanno spalancato le porte delle proprie case e scuole ai profughi ucraini, con quel senso dell'accoglienza che è proprio del nostro Paese. Continueremo a farlo, perché davanti all'inciviltà l'Italia non intende girarsi dall'altra parte".
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L'accoglienza però è molto più di un principio: è impegno pratico, è una macchina mastodontica che coinvolge prima la Protezione civile e a cascata istituzioni nazionali, locali e terzo settore. Un apparato tanto grande ha però anche dei limiti, si scontra contro difficoltà che - se non risolte nell'immediato - possono fare scricchiolare l'intero sistema. I Comuni sono in prima linea, ma chiedono aiuto. "E' necessario mettere a punto una struttura organizzativa e normativa precisa. Si deve agire ora e lo abbiamo detto al Governo", dice a Today.it Matteo Biffoni, delegato Immigrazione dell'Associazione nazionale Comuni italiani (Anci) e sindaco di Prato. Anche il terzo settore, elogiato dal premier Draghi, chiede una cornice d'azione chiara. "Serve assicurare il coordinamento e la messa a sistema delle iniziative in corso, garantendo una forte connessione tra amministrazioni locali, le istituzioni a vario livello, il Forum del Terzo Settore e le altre reti nazionali impegnate sul tema, riconosciute quali parti integranti di questo sistema. Vanno inoltre attivate convenzioni dirette con le nostre reti, indicazioni e protocolli ben definiti e condivisi da tutti a garanzia di interventi trasparenti e di qualità", rivendica da giorni la portavoce del Forum del terzo settore Vanessa Pallucchi. "Se vuoi fare del bene, devi farlo bene. Serve organizzazione", ribadisce don Sergio Ciresi, vicepresidente della Caritas di Palermo.
I nodi irrisolti dell'accoglienza
Chi ha accolto inizia a chiedere aiuto. C'è chi sta maturando l'idea di tirarsi indietro perché non può fare fronte alle spese di una scelta generosa sì, ma onerosa. Accogliere ha prima di tutto un costo. Inutile nascondere l'evidenza. In campo anche mediatori, interpreti e psicologi. Tutte voci di spesa. Quindi si devono stanziare gli aiuti. Allo stesso tempo si deve fare in modo che i soldi erogati vadano nelle mani giuste perchè le emergenze, lo abbiamo già visto in passato, sono occasione ghiotta per gli speculatori.
C'è poi il tema dei bambini che arrivano soli. La loro maggiore fragilità richiede più attenzioni. "Devono essere messe a disposizione dei Servizi sociali dei Comuni regole chiare per la gestione degli affidi temporanei presso e famiglie che avranno inevitabilmente bisogno di un sostegno da parte nostra", chiede Biffoni.
"La Caritas italiana - racconta don Sergio - si è attivata su due direttrici. La prima è la raccolta fondi per supportare le Caritas di Polonia, Ungheria e Moldavia così la aiutare le economie locali e fare in modo che gli acquisti siano calibrati secondo le reali esigenze. La seconda è l'accoglienza di chi arriva: facciamo riferimento in prima battuta a congregazioni e parrocchie, poi alle famiglie. Quando i singoli nuclei ci danno la disponibiltà forniamo loro supporto logistico, ma li informiamo anche su cosa significa concretametnte ospitare. Facciamo presente anche l'impegno economico. Sì, c'è chi si è tirato indietro".
I numeri dell'accoglienza
Secondo i dati del Viminale delle oltre 61mila persone arrivate in Italia dall'Ucraina, circa 9 su 10 sono donne e bambini. Molti di loro nel nostro Paese hanno già dei contatti e chiedono di poterli raggiungere. "Gran parte delle persone è accolta in forma privata, cioè da amici e parenti. Abbiamo circa 250mila ucraini che vivono in forma stabile nel nostro Paese", sottolinea il capo del dipartimento della Protezione civile, Fabrizio Curcio, a Radio1 Rai.
"Dalla mia esperienza - dice Don Sergio a Today.it - chi arriva è perché si ricongiunge con parenti o conoscenti. Aspettavamo per le prossime ore un volo umanitario che doveva atterrare a Palermo. I cittadini che erano stati selezionati però hanno chiesto di potere essere destinati a Roma. Si cerca di assecondare le richieste finchè è possibile".
Per gli ucraini che in Italia non hanno contatti si attiva invece l'accoglienza a 360 gradi, partendo dalla garanzia di un tetto sulla testa. Per loro ci sono i centri di accoglienza, poi le associazioni e i privati.
I fondi stanziati
Il decreto Ucraina bis pubblicato in Gazzetta ufficiale stanzia per il 2022 oltre mezzo miliardo di euro per accoglienza e assistenza sanitaria dei profughi ucraini che arrivano in Italia: 348 milioni sono destinati a coprire le spese d'affitto dei profughi e l'accoglienza diffusa attraverso terzo settore, enti religiosi e famiglie. Il ministero dell'Interno riceverà risorse ulteriori per 7.533.750 euro per "l''attivazione, la locazione e la gestione dei centri di accoglienza". Altri 152 milioni sono destinati alle Regioni per l'accesso alle prestazioni sanitarie dei rifugiati. Nel dettaglio i 348 milioni stanziati dal decreto - coperti dal Fondo per le emergenze nazionali e gestiti dalla Protezione civile tramite ordinanze non ancora pubblicate - sono destinati per il 2022 all'accoglienza, che segue un doppio binario: il Contributo di autonoma sistemazione (Cas) che copre le spese d'affitto dei profughi e riguarda fino a 60mila persone per una durata massima di 90 giorni (poi andrà rifinanziato); e l'accoglienza diffusa, che riguarda fino a 15mila persone ospitate attraverso il terzo settore, istituti religiosi e famiglie. Altri fondi vanno poi a Regioni e Province autonome come contributo forfetario - ancora da quantificarsi - per l'accesso alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale per un massimo di 100mila profughi.
Il "come" e "quando" verranno dati i soldi resta ancora da chiarire. Devono essere ancora emanate le ordinanze attuative che regoleranno il rapporto con Regioni, Comuni e Terzo settore. "Oggi stiamo lavorando con dei tavoli tecnici per sostenere le spese delle famiglie, circa 20-25 euro a persona, ma servono comunque dei controlli (per evitare possibili truffe, ndr)", ha detto il capo della Protezione civile. Lavori in corso quindi, ma il tempo è un fattore chiave.
L'Sos dei Comuni
"Non posso che definire straordinaria la generosità degli italiani - dice Biffoni - Non dimentichiamo che parliamo di persone che fuggono da una guerra e non di merci, Servono controlli. Serve una struttura organizzativa e normativa precisa. Sicuramente con strumenti più 'leggeri' e flessibili rispetto alle norme nomali, ma comunque chiare e rigorose. E' necessario che i Comuni siano messi nelle condizioni di accogliere i minori disponendo delle risorse necessarie per supportare le procedure con un fondo ad hoc della Protezione civile. Anci è pronta a mettere a disposizione la rete Sai già attrezzata, ma è necessaria una semplificazione nelle procedure di ampliamento delle strutture e dei servizi così da offrire una rete flessibile in base ai bisogni".
Biffoni sottolinea che "molti dei profughi vogliono legittimamamente tornare nel loro Paese una volta finita la guerra, ma noi dobbiamo prepararci a una situazione di accoglienza nel lungo periodo. La situazione attuale ha molte incognite e il tempo è una di queste. Non sappiamo fino a quando ci saranno cittadini che avranno bisogno di supporto qui in Italia e dobbiamo essere preparati ad accogliere nel lungo periodo. Se poi la situazione migliorerà e gli ucraini potranno tornare nelle loro case non potremo che esserne felici, ma in caso contrario dobbiamo essere in grado di gestire non solo l'oggi, ma anche il domani".
E chiarisce: "Facciamo un po' di conti... Quanto costa per una famiglia inserire nel proprio nucleo familiare una, due, tre persone? Le nostre generose famiglie quanto possono reggere? E le strutture comunali? I nostri servizi sociali quanto possono sostenere la pressione?". I bambini non accompagnati hanno bisogno di tutele in più. Pensiamo al loro inserimento delle scuole. Non significa solo trovare una classe e aggiungere un banco. Implica banalmente libri, vestiti, mediatori culturali, tutori. Sono aiuti che costano. "Abbiamo chiesto al Governo di farsi carico al 100% dei minori non accompagnati e un rafforzamento del fondo a disposizione dei servizi sociali", dice Biffoni.
Si deve aggiungere che l'impegno legato all'Ucraina si somma a quello quotidiano, legato alle speciificità dei singoli territori e agli arrivi dalle altre rotte. "Tra poco - ricorda Biffoni - assisteremo all'intersificarsi degli sbarchi. C'è poi chi arriva dalla rotta balcanica".
Serve quindi agire, subito, perché la gestione dell'emergenza non si trasformi in un rompicapo con mille facce dalla difficile ricomposizione. A pagarne le spese sarebbe chi già scappa da una guerra e chi si prodiga per aiutare.