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Venerdì, 29 Marzo 2024

Antonio Piccirilli

Giornalista

Perché Heather Parisi non dovrebbe parlare di vaccini

Tu quoque, Heather? Che bisogno c’era di aggiungere rumore al rumore? Come se gli italiani non fossero abbastanza confusi, ci si è messa anche Heather Parisi che su Instagram ha voluto farci sapere che no, lei non si vaccinerà, e così tutta la sua famiglia perché "è fuor di dubbio che si tratta di un vaccino sperimentale di cui non si hanno avuto modo di vedere gli effetti nel breve, nel medio e nel lungo periodo". E poi: "Sono perfettamente consapevole che per questa scelta in Italia (non a Hong Kong) sarò derisa, attaccata, emarginata e che molti, in assoluta malafede, mi definiranno ‘novax’.Purtroppo, nella società di oggi, la libertà e la tolleranza hanno ceduto il posto alla prevaricazione e alla violenza. Ma se questo è il prezzo da pagare per difendere l'ennesima violazione di un diritto inviolabile, lo faccio senza esitazione".

Da dove cominciamo? Magari dal fatto che, come spiega su facebook il ricercatore Mirko Celii, ci sono delle ragioni precise se si è arrivati al vaccino in così breve tempo. In primo luogo, la tecnologia si evolve e "questo ovviamente ha velocizzato anche la realizzazione dei vaccini a RNA, che sono molecole facilissime da produrre in grandissima quantità". In secondo luogo "non siamo partiti da zero". "Questo virus era molto simile al virus della SARS, si è quindi potuto sfruttare il lavoro che era stato iniziato per un vaccino per la SARS che per fortuna non è mai servito. Il giorno che è stato pubblicato il genoma, il 10 gennaio, sapevamo già dove andare a parare, ovvero sulla proteina Spike". Infine, bisogna considerare che "i tempi di sperimentazione dei trial sono inversamente proporzionali ai tempi di diffusione dei virus". E dunque è fisiologico che nel bel mezzo di una pandemia i tempi si accorcino.

Poi certo: avere dubbi è più che lecito e chi ha paura va sempre ascoltato. Non comprendiamo però perché sbandierare ai quattro venti i propri timori. E poi, diciamolo, il tono di Heather Parisi più che un legittimo dubbio, tradisce una larvata volontà di ergersi a paladina della libertà di scelta. Ma qui il punto è un altro: perché ci sente in diritto/dovere di esprimere la propria idea anche su temi di cui si conosce poco o nulla? Non chiederemmo mai ad un virologo di scrivere un trattatello di filosofia, né al nostro dentista di aggiustarci l’antenna sul tetto. Eppure oggi discutiamo delle opinioni di influencer, showgirl e tuttologi come se avessero pari autorevolezza rispetto a quelle di chi si è fatto il mazzo per studiare le "sudate carte". L’obiezione è nota: e l’articolo 21 della Costituzione? E la libertà di espressione? Nessuno vuole censurare nessuno, sia chiaro, ma un conto è avere il diritto di fare qualcosa, un conto è l’opportunità di esercitare un diritto. Come dicevano i latini, la lingua danneggia molti, il silenzio non danneggia nessuno. Cui prodest, Heather?

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