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Martedì, 16 Aprile 2024
Cinema

Speranze, disincanto e senso di comunità: L’Aquila dieci anni dopo raccontata in un film

In occasione del decimo anniversario del sisma del 6 aprile 2009, è stato presentato all’Aquila il film “I nostri giorni dopo” di Roberto Cuzzillo: un film non sul terremoto, ma sugli effetti che un evento tragico come quello ha sulla comunità e sui singoli. L’intervista a Today

Linda è nata all’Aquila, ma vive a Madrid dove lavora come avvocato civilista. Alla vigilia del terremoto del 2009, torna nella sua città per riabbracciare la propria famiglia. La notte del 6 aprile di dieci anni fa, per quei lunghissimi 23 secondi, anche la sua casa trema e la sua vita, come quella di migliaia di altre persone, cambia per sempre. Decide di non tornare a vivere in Spagna e di rimanere lì, al servizio della sua comunità.

Linda è la protagonista del film “I nostri giorni dopo” del regista torinese Roberto Cuzzillo, presentato pochi giorni fa in anteprima nazionale presso la Casa del Volontariato dell’Aquila, nel decimo anniversario del sisma che ha colpito e cambiato per sempre il capoluogo abruzzese. Ma dietro il personaggio di finzione di Linda ci sono tante persone reali, che dopo il terremoto si sono trovate di fronte a una scelta e hanno deciso di rimanere.  

“I nostri giorni dopo” non è un film sul terremoto (che infatti non viene quasi nemmeno mostrato), ma su quelli che sono gli effetti di un evento come quello, che abbatte edifici e punti di riferimento non solo toponomastici ma anche personali e che mette chi lo ha vissuto di fronte alla necessità di doversi reinventare da zero una vita, dopo essersi visto cancellare dal giorno alla notte quella che viveva prima.

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L’idea del film, ambientato nel 2017, è nata dall’incontro con una famiglia aquilana che nel 2012 ospitò Cuzzillo nel b&b ricavato dalla propria casa. “Era la prima volta che venivo all’Aquila. Non c’ero mai stato, quindi non avevo nessun ricordo di come fosse prima del terremoto. Sono stato ospite di quella famiglia. Ho parlato con loro e poi anche con altre persone. Ognuno mi ha raccontato la propria esperienza, al di là di quello che era stato riportato dai media. È stata un’esperienza molto forte, ho provato una grande empatia. Da lì ho deciso di fare il film”, racconta Cuzzillo a Today.

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Tornando a casa dopo il terremoto, Linda (interpretata dall’attrice aquilana Irene Ivaldi) si impegna per rendersi utile alla propria comunità, mettendo a frutto le competenze maturate all’estero e cercando dare il proprio contributo per la ricostruzione. La cinepresa la segue mentre cammina per le strade dell’Aquila ormai ridotta al silenzio, sotto i portici del corso ormai deserti, in mezzo a cumuli di macerie, case vuote e un panorama fatto ormai quasi solo di gru e impalcature. “L’Aquila è uno dei personaggi del film e come loro mostra ancora le proprie ferite”, dice Cuzzillo. Linda, come tanti aquilani, ama la propria città ferita e si scontra con il disincanto e le speranze calpestate, perché, ricorda il regista, “purtroppo c’è anche chi è andato via dall’Aquila convinto che non ci potrà mai più essere un futuro, che questa città non potrà risollevarsi”.

"È una storia di finzione, ma ho usato il massimo rispetto per chi ha raccontato e vissuto le conseguenze di questo dramma", ricorda il regista. “Ci ho messo sette anni per girare il film. È stato anche difficoltoso girare a l’Aquila, un cantiere a cielo aperto. La storia è cambiata anche nel corso del tempo, così come cambiava la città mano a mano”, spiega. “Mi ha colpito il forte senso di appartenenza di questa comunità. Nonostante tutto quello che è successo, in molti hanno deciso di rimanere. Come Linda, ad esempio. Lei, come tanti altri giovani e studenti che quando c’è stato il terremoto erano magari all’estero per studio o per lavoro, hanno deciso di tornare per mettersi al servizio della comunità".

I nostri giorni dopo

“Dopo il terremoto, avete cambiato le vostre vite, siete rimaste qui invece di inseguire i vostri sogni, quello per cui aveva studiato e per cui mi sono sacrificata”, dice amara la madre di Linda, che convive come tanti con la paura che non sia ancora finita, che ogni movimento improvviso, ogni suono sospetto possa significare di nuovo quell’evento drammatico. “Ci sono tante realtà che hanno bisogno di trovare un finanziamento, e io faccio in modo che loro non debbano mollare. E non voglio mollare neanche io”, racconta piena di entusiasmo Linda a Luigi, un albergatore che nel sisma ha perso tutto, l’attività storica di famiglia e la moglie, e che non sembra più in grado di trovare il mondo di risollevarsi, il quale al loro primo incontro le dice: “Non sono felice, ma nemmeno triste. Almeno non più. Disincantato. Tutto quello che avevo non esiste più. Pensavo di ricostruire ma… ora ci sono solo rovine e ponteggi che aspettano”.

La perdita di punti di riferimento e di certezze dopo il disastro esaspera anche conflitti e paura, fa uscire segreti fino a quel momento inconfessati e che ora, in questa nuova vita messa a nudo, possono essere raccontati, ma mette anche tutti di fronte al fatto che non ci si salva da soli. "L'Aquila resiste perché i suoi cittadini, con il loro profondo senso civico e di appartenenza, la sentono ancora", conclude Cuzzillo. 

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