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Venerdì, 29 Marzo 2024
La decisione

Com'è finita l'inchiesta sul covid contro il governo

Da un lato, l'indagine della procura di Bergamo sul mancato aggiornamento del piano pandemico e su come il governo Conte ha gestito i primi casi di contagio. Dall'altro, l'archiviazione della denuncia presentata dai familiari delle vittime. Oggi i pm di Roma hanno inviato gli atti su Speranza, Grillo e Lorenzin al tribunale dei ministri: di cosa sono accusati

La procura di Roma ha trasmesso al tribunale dei ministri il fascicolo d'indagine relativo a una parte dell'inchiesta sul Covid-19, arrivato da Bergamo. Nello stralcio inviato al collegio per i reati ministeriali a tre ex titolari del ministero della Salute - Roberto Speranza, Giulia Grillo e Beatrice Lorenzin -, i pm di Bergamo contestano il reato di omissione in atti d'ufficio, perché ritenuti "i responsabili dell'omessa istituzione/rinnovo del comitato nazionale per la pandemia". Il trasferimento del fascicolo a Roma è dettato dalla competenza territoriale. La valutazione delle posizioni spetterà ora al tribunale per i ministri.

Tra gli indagati, dunque, ci sono i principali protagonisti della sanità pubblica degli ultimi anni: tre ex ministri della Salute, oltre ad alcuni tecnici del ministero. L'accusa è di non aver aggiornato il piano italiano anti pandemia, un tema già approfondito dalla perizia del consulente della procura bergamasca Andrea Crisanti e oggetto di diverse inchieste di stampa. I fatti non riguardano strettamente la gestione del covid in Val Seriana, ma risalgono agli anni precedenti alla pandemia. Secondo i pm, quanto accaduto in Lombardia tra la fine di febbraio e l'inizio di marzo 2020 mostrerebbe le conseguenze di anni di sottovalutazione del rischio pandemico.

In quasi tutte le dichiarazioni rilasciate finora ai pubblici ministeri di Bergamo, i responsabili della gestione dell'emergenza covid hanno concordato su un punto: l'Italia "ha affrontato la pandemia senza manuale di istruzioni" (queste le parole dell'ex ministro Speranza). I magistrati, però, non hanno accolto questa versione: il "manuale" c'era, ed era il "piano nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale" vigente. Che tutti fossero al corrente che il nostro Paese avesse un piano per le emergenze è accertato dal verbale della task force ministeriale del 29 gennaio 2020, in cui l'allora direttore scientifico dell'istituto Spallanzani Giuseppe Ippolito invitava "a riferirsi alle metodologie del piano pandemico di cui è dotata l'Italia".

Il problema è che dal 2006 nessuno si era preso la briga di aggiornarlo né di verificarne l'applicazione. Come ha detto alcuni giorni fa in audizione alla Camera Donato Greco, che nel 2006 ne curò la redazione per conto del ministero della Salute, il piano pandemico è "materia vivente". Richiede cioè aggiornamenti, azioni e formazione in permanenza. Ora si dovrà fare luce sulle eventuali responsabilità dei dirigenti del ministero che dal 2006 al 2020 avrebbero dovuto occuparsi dell'aggiornamento del piano, come previsto dal regolamento sanitario internazionale adottato dall'Oms (organizzazione mondiale della sanità) nel 2007 e da una decisione del Parlamento europeo del 2013. La versione di Speranza e di altri dirigenti sanitari è che in ogni caso il piano non sarebbe stato utile, in quanto era necessario dotarsi "di strumenti nuovi e diversi, più specificamente adatti al nuovo virus diverso dall'influenza".

Inchiesta covid: a che punto siamo

Da un lato, l'inchiesta della procura di Bergamo, trasmessa in questi giorni a Roma, sul mancato aggiornamento del piano pandemico e su come il governo Conte ha gestito i primi casi di contagio da coronavirus agli inizi del 2020. Dall'altro, l'archiviazione del tribunale dei ministri di Roma della denuncia presentata sempre quell'anno contro il governo in carica dai familiari delle vittime di varie parti d'Italia, per i reati di epidemia, delitti colposi contro la salute, omicidio colposo, abuso d'ufficio, attentato contro la Costituzione, attentato contro i diritti politici del cittadino.

Quest'ultimo filone di indagine, per il quale la stessa procura di Roma aveva sollecitato l'archiviazione, chiamava in causa l'allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i ministri Alfonso Bonafede, Luigi Di Maio, Roberto Gualtieri, Lorenzo Guerini, Luciana Lamorgese e Roberto Speranza. Nell'agosto del 2020, fu Palazzo Chigi a rendere noto che Conte e sei ministri avevano ricevuto un avviso di garanzia in seguito a denunce in relazione all'emergenza coronavirus.

I giudici della capitale non hanno ravvisato l'ipotesi di omicidio colposo plurimo ipotizzata dalla denuncia delle famiglie delle vittime: "In nessun modo l'epidemia può dirsi provocata dai rappresentanti del governo". Resta comunque pendente l'inchiesta lombarda.
 

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