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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Influenza aviaria: quanto è alto il rischio di una nuova pandemia?

La morte di una bambina di 11 anni riaccende i riflettori sul sottotipo H5N1. L'aumento di casi tra mammiferi e volatili fa temere un nuovo salto di specie, ma finora il virus non ha acquisito la capacità di trasmettersi da uomo a uomo

Il virus dell'aviaria può provocare davvero una nuova disastrosa pandemia? Il tema è tornato d'attualità dopo la morte di una ragazzina di 11 anni in Cambogia. La bambina si era ammalata il 16 febbraio con febbre, tosse e mal di gola ed è deceduta pochi giorni dopo in ospedale. I risultati dei test hanno confermato che era "positiva all'H5N1", uno dei sottotipi dell'influenza aviaria. La stessa infezione è stata contratta dal padre 49enne della vittima che però non ha avuto sintomi ed è stato già dimesso.

Un altro caso di aviaria è stato segnalato nelle scorse ore in Cina. Una donna di 53 anni della provincia di Jiangsu, nella parte orientale del Paese, sarebbe risultata positiva al virus secondo quanto riferisce l'agenzia di stampa internazionale Bno che cita fonti dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Che ci siano casi di H5N1 tra gli esseri umani però non è una novità, tant'è che solo negli ultimi 20 anni (dati dell'Oms) sono state registrate 873 infezioni e 458 decessi in 21 Paesi.

Influenza aviaria H5N1: perché se ne parla di nuovo

Se si torna a parlare di aviaria è perché quanto avvenuto in Cambogia ha fatto pensare che il virus avesse acquisito la capacità di trasmettersi da uomo a uomo, un allarme che però sembra rientrato. Come ha sottolineato mercoledì 1° marzo l'Ecdc (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) in entrambi i casi il contagio è partito da un animale. Nello stesso villaggio in cui sono stati registrati i due casi, evidenzia l'Ecdc, erano stati segnalati decessi tra pollame e uccelli selvatici dovuti allo stesso virus.  

Possiamo stare tranquilli? Non del tutto perché negli ultimi mesi i focolai tra i volatili si sono moltiplicati in tutto il mondo e tra gli esperti c'è più di qualche apprensione che l'H5N1 possa mutare in maniera significativa fino a rappresentare un serio pericolo per la salute pubblica come è stato per il Covid.   

"Temiamo che il virus acquisisca la capacità di diffondersi da persona a persona, e in maniera sostenuta, e possa provocare una nuova pandemia" ha detto al quotidiano spagnolo El Pais l'epidemiologo dell'Organizzazione mondiale della sanità Richard Peabody. "La comunità scientifica - ha aggiunto - sta studiando la sequenza genetica di questi virus al fine di monitorarli e sviluppare anche vaccini che saranno disponibili se necessario". 

Cosa sappiamo di questo virus

Ma cos'è nello specifico l'H5N1 e perché rappresenta un pericolo così temibile? Questa malattia virale colpisce prevalentemente i volatili ed è stata identificata per la prima volta in Italia più di un secolo fa. Solitamente, gli uccelli infettati non si ammalano, ma possono essere molto contagiosi per altri uccelli domestici come polli, anatre, tacchini e altri animali da cortile che sono più a contatto con l'uomo.

La malattia può manifestarsi in forme molto diverse, da quelle leggere a quelle altamente patogeniche. "Se causata da una forma altamente patogenica" specifica l'istituto superiore di sanità (Iss), "la malattia insorge in modo improvviso, seguita da una morte rapida quasi nel 100% dei casi".

Il virus H5N1, scoperto nel 1997, è solo uno dei sottotipi di questo virus, ma è il più pericoloso "per la sua capacità - scrive l'Iss - di mutare rapidamente e di acquisire geni da virus che infettano altre specie animali".

Solo dal 2003 è stato accertato che il virus può contagiare direttamente anche gli esseri umani. H5N1 rappresenta un problema soprattutto perché nel tempo è stato in grado di fare una serie di "salti di specie, acquisendo la capacità di contagiare anche gatti e topi", specifica ancora l'Iss, diventando così "un problema di salute pubblica ben più preoccupante". Ad oggi non è stato documentato nessun caso di trasmissione da uomo a uomo, tuttavia si teme che "la compresenza del virus aviario con quello dell'influenza umana, in una persona infettata da entrambi, faciliti la ricombinazione di H5N1 e lo renda capace di trasmettersi nella popolazione umana". 

Il rischio di un nuovo salto di specie

Quanto dobbiamo essere preoccupati? Da fine 2021 il mondo sta vivendo una delle peggiori epidemie globali di H51N1 con milioni di volatili abbattuti e sono stati segnalati casi anche nei mammiferi, tra cui volpi e lontre. Uno dei problemi dell'H5N1 è la capacità di infettare animali a stretto contatto con l'uomo, tra cui i maiali. Una caratteristica che potrebbe favorire il salto di specie definitivo. Quello che ci metterebbe nei guai.

Al momento per l'Oms non c'è il rischio di una pandemia anche se "il virus continua a essere rilevato nelle popolazioni di pollame" e "si possono prevedere ulteriori casi umani". "Sebbene sia in attesa di un'ulteriore caratterizzazione del virus rispetto agli ultimi casi umani, le prove epidemiologiche e virologiche disponibili suggeriscono che gli attuali virus A(H5) - precisa l'Oms - non hanno acquisito la capacità di una trasmissione tra gli esseri umani, quindi la probabilità di una diffusione 'sostenuta' da uomo a uomo è bassa". 

Tuttavia, fa notare Claudio Mastroianni, professore ordinario di Malattie infettive all'Università Sapienza di Roma, "occorre tenera alta l'attenzione, perché se si dovesse diffondere molto tra i mammiferi potrebbe anche accadere un salto di specie. Quindi, massima sorveglianza soprattutto negli allevamenti". Preoccuparsi è lecito, allarmarsi no. "Un possibile rischio pandemico su questo fronte non è notizia di oggi – dice l'esperto all'Adnkronos -, sono anni che gli esperti tengono sotto controllo la sua evoluzione".  

Come avviene il contagio tra animale e uomo

Per gli esseri umani il principale fattore di rischio è l'esposizione in ambienti contaminati con alta carica virale e a stretto contatto con gli animali infetti, vivi o morti. Queste situazioni di rischio possono verificarsi in mercati di uccelli vivi, nelle diverse fasi della lavorazione del pollame, come la macellazione, la spiumatura, la manipolazione delle carcasse. "La possibilità che passi all'uomo c'è già e si è già vista" argomenta Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs. "Ma la persona deve venire in contatto molto ravvicinato con un volatile infetto, vivo o morto, o con delle superfici contaminate" da liquidi o materiale biologico di animali infetti. E infatti, dice ancora il camice bianco, "nei Paesi dove ci sono più facilmente questi passaggi dell'animale all'uomo le persone vivono con i polli in casa o comunque a stretto contatto con pollame".
 

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