rotate-mobile
Sabato, 20 Aprile 2024
Attualità

"Io non apro, rischiamo di passare per untori": i ristoratori che dicono di no alla protesta

Domani va in scena l'iniziativa promossa in rete dagli esercenti danneggiati dalle normative anti Covid. Ma non mancano le voci di chi è contrario: "Così ci mettiamo nelle condizioni dei fuorilegge senza risolvere nulla"

"Io apro". Una presa di posizione "ribelle" che suona più come un grido di sopravvivenza che da Pesaro - dove l'iniziativa è stata ideata e condivisa - è subito risuonato in tutta Italia con migliaia di ristoratori che si sono detti pronti a protestare tornando a fare quello che ritengono un diritto: lavorare. Il 15 gennaio è il giorno previsto per l'iniziativa promossa in rete dagli esercenti danneggiati dalle normative anti Covid che apriranno i loro ristoranti nonostante le misure restrittive.

"L'intenzione non è quella di riaprire per andare a lavorare nella speranza di risolvere la situazione di crisi in cui ci troviamo ma vuole essere un segnale di protesta per far capire che ci siamo anche noi e che questa situazione ormai non può più essere accettabile" spiega Aldo Rotunno ideatore di Pop Up e del Temporary Week Restaurant di Monza che da ottobre ormai - come tutti i ristoratori lombardi - ha rinunciato a veder seduti ai tavoli i clienti e ha puntato su asporto e delivery, dando vita anche al Pop Up Lab, una realtà imprenditoriale che ha coinvolto diverse attività nell'ambito del food per affrontare uniti la crisi. 

Ma la protesta non convince tutti. Diversa ad esempio è la posizione di Vincenzo Butticè, chef del ristorante "Il Moro" di Monza, portavoce Fiepet Confesercenti Lombardia e cofondatore Ristoratori Uniti.

"Siamo d'accordo e condividiamo le ragioni e il malessere dei ristoratori che hanno scelto di aderire alla protesta "IoApro" ma non condividiamo la strategia" spiega Butticé precisando che venerdì non farà sedere ai tavoli nessun cliente. "Se non è possibile fare utili in questo momento il ristoratore - da imprenditore - deve limitare le perdite" perchè - conclude - il problema della ristorazione non è più solo quello di riaprire ma è l'intero sistema che deve essere ripensato e ristrutturato. "Se riaprissimo adesso dovremmo fare i conti con la contrazione della domanda, con l'implosione del mercato del lavoro e con le difficoltà della clientela legate anche alla minore disponibilità di liquidità". E il sistema ristorazione dovrebbe quindi essere ripensato - secondo Butticè - in un'ottica trentennale: "Non c'è cosa più semplice che dare da mangiare a un affamato e chi ha proposto questa iniziativa non ha nemmeno un ristorante. Oggi quello che manca è una visione del futuro". Tra le richieste il blocco delle cartelle esattoriali, l'allungamento del credito su piani trentennali, esenzioni dalle tasse per il 2020/2021 e la riduzione degli oneri per la contribuzione assistenziale. 

E la riapertura del 15 gennaio - secondo Butticè - sarebbe una sfida che costerebbe troppo cara: oltre alla sanzione in cui potrebbe incorrere il locale potrebbero scattare le multe per la clientela e ci sarebbe il concreto rischio di sospensione della licenza da 5 a 30 giorni. Senza considerare le ripercussioni anche in prospettiva penale e i rischi eventuali nel caso di eventuale contagio durante la somministrazione. L'associazione di categoria è pronta invece a far sentire la propria voce con richieste precise e interrogazioni in Regione Lombardia. "Siamo già feriti e in questo momento non ci possiamo permettere una guerra".

Io non apro, il ristoratore contro la protesta: "Rischiamo di passare per untori"

Insomma, tra i ristoratori non tutti sono d'accordo con i fautori della protesta. È il caso ad esempio di Mino Dal Dosso, titolare dell'omonimo gruppo e di ben 4 locali in provincia di Brescia. 

Le ragioni le spiega in un video e in diversi post apparsi nelle scorse ore sulla sua pagina Facebook. "Credo che il problema per tutti sia puramente economico: i costi a tenere chiusi sono superiori ai ristori che riceviamo. Ma riaprire con il dubbio che i clienti non rispondano con entusiasmo a questa iniziativa, e con il rischio anche di passare per untori, non risolverà nulla; per di più ci mette nella condizione di fuorilegge. Non credo nei termini tecnici dell'iniziativa". 

Non è il timore per le eventuali multe a scoraggiare l'imprenditore, che non manca di apprezzare e lodare il coraggio dei colleghi che venerdì sfideranno le restrizioni in vigore: "Tanto di cappello a questi ristoratori che fanno qualcosa e che si mettono in movimento: è un bel gesto", spiega nel filmato. La sua mancata adesione si deve, piuttosto, alla ricerca di una via alternativa a quella della disobbedienza, che rischia anche di essere controproducente.

"Condivido le ragioni che guidano la protesta e la rabbia, come capisco la frustrazione", continua Dal Dosso, ma la soluzione che propone è diversa: "Spetta al governo trovare le coperture. Lo Stato, sulla base di un riepilogo mensile (fatto correttamente) di tutte le spese da noi affrontate deve rimborsare tutti i costi che noi sosteniamo comunque, anche con i locali chiusi. In questa maniera ci metteremo tranquilli in attesa che la pandemia finisca ed evitiamo di passare come untori, come persone che vogliono a tutti costi guadagnare e sono attaccati ai soldi: sappiamo che non è così. Questa è una grande occasione anche per lo Stato di dimostrare che è vicino a chi ha fatto impresa in questi anni. Aprire così - conclude -, a parte smuovere un po' l’attenzione sul settore non serve a nulla. Anzi".

In Evidenza

Potrebbe interessarti

"Io non apro, rischiamo di passare per untori": i ristoratori che dicono di no alla protesta

Today è in caricamento