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Giovedì, 25 Aprile 2024
Verso una nuova normalità

"Un milione di italiani è in isolamento senza sintomi", ma le regole non cambiano

Il sottosegretario Costa riapre il dibattito nel governo: "Asintomatici al lavoro con la mascherina, se continuiamo di questo passo ci ritroviamo in un lockdown di fatto". Ma l'ipotesi di un liberi tutti è stata già scartata da Speranza. Il nodo prima che politico è anche e soprattutto scientifico

I positivi al coronavirus non dovranno più rimanere isolati in casa? Di un possibile allentamento delle restrizioni per chi contrae l'infezione da Sars-Cov-2 si parla già da qualche settimana, ma di fatto la situazione è per ora rimasta immutata. Nel frattempo le diagnosi sono salite vertiginosamente e di conseguenza è cresciuto anche il numero degli attualmente positivi che oggi sono più di 1,3 milioni. Una bella fetta di italiani, di fatto, è in lockdown. Ma con un virus diventato così contagioso ha ancora senso continuare a imporre una quarantena così rigida? L'ipotesi di un "liberi tutti" divide gli esperti (non è una novità) e a quanto pare anche all'interno dello stesso governo non tutti la pensano allo stesso modo.

A spingere per rimodulare le regole è soprattutto il sottosegretario alla Salute Andrea Costa che ha invitato l'esecutivo ad affrontare questo tema non appena sarà passato il picco pandemico". Se "vogliamo parlare di normalità" dopo la pandemia e di "convivenza con il virus, dobbiamo prima o poi porci il problema di come trattare i positivi senza sintomi" ha detto oggi Costa intervenuto a 'Start' su Sky Tg24. "Credo che l'attenzione vada a chi presenta sintomi" mentre l'asintomatico dovrebbe poter "continuare a lavorare magari con la mascherina". "Già oggi abbiamo più di un milione di concittadini senza sintomi, se continuiamo di questo passo rischiamo di ritrovarci in un lockdown di fatto", ha aggiunto il sottosegretario. 

Per Costa, "nel momento in cui i contagi caleranno, nel momento in cui sarà partita la somministrazione della quarta dose agli over 60, credo che ci possano essere le condizioni per affrontare il tema dell'isolamento degli asintomatici. Non possiamo permetterci di bloccare il Paese. È un passaggio obbligato per la convivenza con il virus".

Un'ipotesi che però il ministro Speranza ha già scartato. "In questo momento" togliere la misura dell'isolamento per le persone positive al covid "non è in discussione" aveva detto il ministro in un'intervista rilasciata a fine giugno. Il messaggio è chiaro, lampante. Secondo Speranza "chi è contagiato deve stare a casa" e non è neppure "immaginabile dire" a chi ha contratto il virus che può girare liberamente (o quasi). Non risulta che nelle ultime due settimane il ministro della Salute abbia avuto ripensamenti. Per questo, al di là delle speculazioni e della fisiologica dialettica tra esponenti del governo, è molto difficile aspettarsi oggi un allentamento delle regole su questo fronte. 

Burioni: "Il problema dovrebbe essere all'ordine del giorno"

Sul tema va registrata anche la presa di posizione del virologo Roberto Burioni che giorni fa è intervenuto sul dibattito aperto da una frase di Alberto Zangrillo, primario del reparto di terapia intensiva al San Raffaele di Milano, il quale aveva parlato su Twitter di "lavativi seriali, positivi al test Covid-19", che "non lavorano per settimane, sebbene asintomatici". "Non voglio neanche sfiorare la polemica sui lavativi che non mi interessa, ma Alberto – aveva spiegato il virologo - pone un problema estremamente importante che dovrebbe essere scientificamente all'ordine del giorno e non lo è". Da qui la premessa: potevamo sperare "nella primavera del 2021, quando non conoscevamo ancora la capacità di questo virus di generare nuove varianti" in una "immunità di gregge che potesse far fare a questo virus la fine del morbillo. Ora sappiamo che non è così: con Covid al 99,9% dovremo convivere per l'eternità, come con l'influenza. Diventa dunque importante chiarire un punto fondamentale: per quanti giorni una persona che si è ammalata deve essere isolata?".

"Ci sono recenti ricerche che approfondiscono questi aspetti, ma è necessario secondo me impegnarsi in maniera molto intensa nel chiarire i dettagli dell'infettività dei positivi perché questi dati sono a questo punto importantissimi", aveva osservato Burioni. "Ovviamente non possiamo lasciare in circolazione persone contagiose. Allo stesso tempo non possiamo permetterci - come società - di privarci del lavoro di troppe persone per un eccesso di precauzione". Più che la politica il virologo sembra chiamare in causa la scienza che non ha ancora fornito risposte chiare e in ogni caso non mette il problema al centro del dibattito.  Secondo Burioni dunque "dopo i vaccini e gli antivirali è giunto il momento di capire come unire le esigenze di sicurezza sanitaria con quelle economiche, sociali e culturali del Paese. Come bilanciarle è compito esclusivo della politica: ma i dati sui quali decidere deve fornirli la scienza".

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