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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Morire lavorando

Le chemio col pc accanto, le mail attaccati all'ossigeno: i "condannati al lavoro" fino alla morte

In Italia non c'è una norma che consenta a commercialisti e consulenti del lavoro di posticipare le scadenze fiscali dei propri clienti in caso di malattia, infortunio o decesso. Le storie al limite di chi è costretto a vivere la professione come un incubo. E la battaglia per chiedere una legge che li tuteli

Storie di diritti negati. Storie al limite, quelle dei liberi professionisti costretti a lavorare anche se in malattia, persino se ricoverati in un letto d'ospedale. Sembra assurdo, ma in Italia non c'è una norma che permetta di posticipare le scadenze fiscali dei propri clienti con la pubblica amministrazione, nemmeno in casi estremi. Ciò significa che un commercialista, un consulente del lavoro o un revisore legale con una malattia grave o ricoverato in ospedale deve in ogni caso rispettare i tempi imposti dall'amministrazione finanziaria, anche a scapito della propria salute, per evitare che ad un contribuente arrivino atti di notifica e multe di cui poi lo stesso professionista sarebbe responsabile.

Per evitare le penali sui ritardi negli adempimenti, commercialisti e consulenti sono "condannati a lavorare" fino alla fine, giorno e notte, anche se attaccati a una flebo o con la mascherina dell'ossigeno perché pazienti covid. Il pc e lo smartphone sempre accanto, per rispondere alle email e alle telefonate e per far quadrare sempre i conti in contatto costante col proprio studio, in una corsa contro il tempo burocratico e tiranno scandito dall'Agenzia delle Entrate, invece di curarsi e riposarsi. Anche in punto di morte. Senza nessuna tutela.

Anna Imbrucé, la commercialista che ha lavorato fino alla morte

"Ho fatto delle liquidazioni Iva con la carta igienica dell'ospedale mentre le mie lacrime bagnavano tutto", scriveva in un post su Facebook Anna Imbrucé, commercialista 53enne di Palermo che ha continuato a lavorare fino a poco prima di morire per un cancro al colon con metastasi al fegato. Ora Giorgia, la figlia di 21 anni, si sta battendo per far approvare una legge che permetta ai professionisti in malattia di posticipare le scadenze e gli adempimenti fiscali e tributari dei loro clienti, affinché nessun commercialista o consulente viva gli ultimi mesi della sua vita professionale come un incubo. Una legge che tuteli il professionista anche in casi gravissimi come quello di sua madre, garantendo lo slittamento di almeno tre mesi di tutte le scadenze in caso di decesso.

Antonio Gigliotti, commercialista direttore del Centro Studi Fiscal Focus, ha fatto partire una raccolta fondi per permettere alla ragazza rimasta prematuramente orfana di riprendere gli studi all'università. "Anna Imbrucé, collega commercialista, a seguito di una malattia ci ha lasciati qualche giorno fa - scrive - . Durante le sue cure non ha mai smesso di lavorare, anche nel dolore e nella sofferenza che queste le provocavano, perché il suo studio non poteva chiudere". "Da parte sua, Giorgia - prosegue il commercialista - ha lasciato la scuola, i suoi sogni e le sue ambizioni per poter aiutare la mamma e la sua famiglia in un momento così difficile. Se anche tu - conclude - come tanti colleghi, vuoi aiutarla a ricominciare a sognare, dona il tuo abbraccio". Nel momento in cui scriviamo sono stati raccolti 26mila euro.

Se fai un lavoro per cui non ti puoi ammalare mai

La battaglia di Giorgia in nome della mamma che ha lavorato fino alla morte ed è morta lavorando rappresenta quella di altrettanti professionisti nelle stesse condizioni. Ci sono decine di testimonianze, tanti casi di autonomi a partita Iva che hanno dovuto lavorare col coronavirus anche in condizioni estreme, oppure con un tumore. Margherita, commercialista, racconta: "Otto anni di chemio tutte le settimane e lo studio sempre aperto perché sono da sola, due interventi importanti invalidanti, una polmonite e un ricovero per coronavirus con polmonite interstiziale. E il mio pc sempre dietro per non saltare scadenze. Tre lutti importanti. Ora vorrei smettere, ma se smetto perdo trent'anni di contributi. Sono costretta a continuare nonostante non abbia più le forze e soprattutto non abbia più ditte da seguire o quasi. Una tristezza infinita".

Se non "si corre", anche da ammalati, si perde fatturato mentre i costi fissi continuano a correre, come nel caso di un artigiano o di un commerciante. In più, però, un commercialista deve pagare una penale se non rispetta le scadenze. L'alternativa è perdere il cliente e il lavoro. E così non di rado una camera da letto diventa uno studio improvvisato. Le riunioni si fanno attorno al letto perché le scadenze incombono, e non perdonano. Se fai un lavoro per cui non ti puoi ammalare mai, anche in casi come una normale gravidanza e un parto bisogna fare i salti mortali per anticipare quante più scadenze possibili, per poi riprendere a poche ore dall'uscita dall'ospedale.

"Tutti lavoriamo quando stiamo male se ci sono scadenze improrogabili - racconta Daniela -, poi quando i clienti continuano a chiamare è sempre un problema dire 'oggi sto male, non riesco a rispondere'. D'altronde siamo autonomi e non dipendenti, ma questo modo di lavorare è disumano. Anche io non ho mai fatto la maternità e con le contrazioni improvvise in anticipo prima di andare in ospedale ero al computer a cercare di finire le paghe. E ancora non dimenticherò mai le urla di mio figlio appena nato in braccio alla nonna, mentre io cercavo di fare i 770. Purtroppo questa condizione delle donne libere professioniste è davvero disumana", conclude.

Negli ultimi mesi la situazione è ulteriormente peggiorata, per via di tutti i nuovi adempimenti fiscali e tributari legati alla crisi economica scatenata dalla pandemia da coronavirus. Marta, giovane commercialista, si è ammalata di covid a fine novembre 2020 e si è ripresa a marzo di quest'anno. "Ho sempre lavorato, anche con la bombola dell'ossigeno a bordo del letto", dice. Lorenzo, consulente del lavoro, denuncia: "Ricoverato per covid, rispondevo ad email e chiamate dall'ospedale, con la mascherina dell'ossigeno". Nello studio professionale in cui lavora Sara, dottore commercialista, "tutti avevamo il covid e abbiamo lavorato lo stesso. Mio fratello si è fatto la malattia in studio dormendo su una brandina per poter portare avanti quello che non si poteva fare a distanza. Un incubo, con le scadenze incombenti per il deposito del modello F24 e poi le certificazioni uniche". 

La proposta di legge

Nel vuoto normativo attuale, senza una direttiva che consenta di posticipare le scadenze fiscali in casi gravi come quelli descritti, al Senato è in esame una proposta di legge (qui in Pdf), primo firmatario Andrea De Bertoldi di Fratelli d'Italia, dal titolo "Disposizioni per la sospensione della decorrenza di termini relativi ad adempimenti a carico del libero professionista in caso di malattia o di infortunio". Questo disegno di legge ha ricevuto un parere contrario "all'ulteriore corso del provvedimento" da parte della Ragioneria di Stato, perché "quantifica oneri per la finanza pubblica per i quali non è prevista alcuna copertura finanziaria". In sostanza, non ci sarebbero le risorse per coprire il "buco" generato dalle scadenze fiscali posticipate in caso di malattia o infortunio del professionista.

"Il parere della Ragioneria di Stato (qui il documento in Pdf) non è però vincolante - ci spiega al telefono Antonio Gigliotti, commercialista direttore del Centro Studi Fiscal Focus che si batte per la tutela dei liberi professionisti -. È una valutazione numerica, finanziaria, che stima le coperture economiche. L'iter parlamentare del disegno di legge potrebbe dunque proseguire, ma c'è bisogno di una precisa volontà politica. Noi continueremo a raccontare le storie di queste categorie professionali, denunciando le condizioni pietose di chi è costretto a lavorare per star dietro alle scadenze anche a scapito della propria salute", conclude. La speranza di chi dà voce a chi muore lavorando è che la politica non rimanga in silenzio.

I sindacati di categoria scrivono al governo

Dopo la pubblicazione di questo articolo, quattordici sigle di associazioni sindacali di professionisti hanno scritto al ministro dell'Economia e delle Finanze Daniele Franco per esortarlo a contribuire, attraverso il reperimento delle necessarie coperture finanziarie, alla positiva conclusione dell'iter legislativo del disegno di legge sulla sospensione della decorrenza di termini relativi ad adempimenti a carico del professionista in caso di malattia, o di infortunio, fermo nella Commissione Giustizia del Senato. In una nota dei sindacati si evidenzia che "questo progetto normativo è nato con la condivisione delle componenti dell'intero arco parlamentare, a riprova della piena e trasversale consapevolezza politica della necessità di approdare in tempi brevi ad una legge che riconosca il diritto alla salute anche ai liberi professionisti".

Quanto ai dubbi tecnici sulle coperture del testo, le associazioni rilevano che questi, "ad un'attenta analisi, si appalesano infondati, in quanto lo slittamento dei tributi, anche eventualmente a cavallo d'esercizio, non determina un calo di gettito permanente ma, al massimo, uno spostamento dell'esercizio finanziario". Le sigle sindacali, infine, ribadiscono "il pieno spirito collaborativo delle categorie professionali nel comune progetto di portare finalmente alla luce una legge che si attende da venti anni".

Le associazioni sono Adc (Associazione dottori commercialisti), Aidc (Associazione italiana dottori commercialisti), Aiga (Associazione italiana giovani avvocati), Ala, Assoarchitetti, Anc (Associazione nazionale commercialisti), Ancl (Associazione nazionale consulenti del lavoro), Andoc (Associazione nazionale dottori commercialisti), Anf (Associazione nazionale forense), Angcdl (Associazione nazionale giovani consulenti del lavoro), Fiddoc (Federazione italiana donne dottori commercialisti), Sic (Sindacato italiano commercialisti), Unagraco (Unione nazionale commercialisti ed esperti contabili), Ungdcec (Unione nazionale giovani dei dottori commercialisti e degli esperti contabili) e Unico (Unione italiana commercialisti). 

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