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Giovedì, 28 Marzo 2024
Dopo il Covid

Parchi divertimenti, la "beffa" dopo il Covid: dai ristori al fotovoltaico, il caso Leolandia

Dopo anni complicati per tutto il settore, tra restrizioni e caro energia, le scorie si fanno sentire su più livelli. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Ira, presidente dello storico parco di Capriate

Sono stati anni complicati per tutto il settore. E le scorie di lunghi periodi di chiusure e restrizioni si fanno sentire su più livelli. Leolandia è un grande parco divertimenti a poche centinaia di metri dell'autostrada A4, a metà strada tra Bergamo e Milano, in uno dei punti più strategici d'Italia, nel cuore della Lombardia, non lontani il Veneto, il Piemonte, l'aeroporto di Orio al Serio e quello di Malpensa. Famiglie (il parco è pensato per bambini in età prescolare) lo invadono regolarmente ogni giorno in primavera ed estate, e nei weekend nella stagione fredda. Una delle eccellenze del settore in Italia (una volta era noto come Minitalia, prima di essere rilevato e salvato nel 2007 dalla nuova proprietà). Il caro bollette in una struttura come quella di Capriate ha picchiato più duro che altrove. Giuseppe Ira, bergamasco, proprietario del parco a tema, è anche imprenditore nel campo del fotovoltaico, e si trova in una situazione paradossale: un "cortocircuito", lo definisce in una lunga chiacchierata con Today.

Le difficoltà dei parchi divertimento

In qualità di proprietario di Leolandia, che è il più importante parco a tema nazionale ancora al 100% italiano, l’imprenditore subisce gli effetti della crisi energetica, al pari di quanto accade per altre imprese energivore: una delle ultime bollette è passata da una media di 60.000 euro a 300.000 euro. Le mosse per attutire l'impatto del caro energia qui ci sarebbero pure, almeno in teoria. Leolandia è infatti uno dei 2 parchi divertimento in Italia ad essere già dotato di un impianto fotovoltaico in grado di coprire una parte del fabbisogno energetico: per diventare autosufficiente servirebbero altri investimenti di circa 7 milioni di euro. Gli spazi ci sarebbero, perché i pannelli sarebbero realizzati sui tetti nell'enorme parcheggio visitatori, dove già c'è l'impianto esistente, "senza andare a usare terreni agricoli con un consumo di suolo", ci dice Ira. Il problema è che ormai non sono previste agevolazioni reali per impianti di questa portata; inoltre, con una media di 200 giorni effettivi di apertura su 365, l'impianto, a fronte di investimenti iniziali cospicui, produrrebbe un surplus di energia elettrica il cui valore attuale non è sufficiente a ripagare l'investimento, a differenza di quanto accade all'estero. "Le carte in tavola sugli incentivi per il fotovoltaico sono cambiate più volte nel corso degli anni, non c'è un punto di riferimento stabile, ci siamo fermati come Paese", commenta l'imprenditore.

Una piccola storia, ma quasi un caso di scuola che dimostra come, nei fatti, non convenga, o almeno non sempre in modo chiaro e definito, alle imprese investire senza remore nel fotovoltaico. E contemporaneamente una spiegazione di come la crescita delle energie pulite in Italia trovi ostacoli non sempre chiarissimi all'opinione pubblica. "Come imprenditore - dice a Today Giuseppe Ira - sarei disposto ad investire sul fotovoltaico, puntando all'autonomia energetica del parco, e come me potrebbero fare altre aziende. Purtroppo se uno Stato miope non appoggia le imprese con finanziamenti a lungo termine e a tasso agevolato e non garantisce una valorizzazione del surplus di energia adeguata ai prezzi di mercato, rende di fatto improduttivo l'investimento. Dal nuovo governo ci aspettiamo un cambio di passo, che al momento ancora non si vede", ragiona Ira.

La beffa

Parallelamente Ira deve far fronte alla richiesta di restituzione immediata e totale degli extra profitti percepiti nel corso degli ultimi mesi. Extra profitti che sono serviti in larga parte a controbilanciare le perdite subite anche in seguito al cambio di rotta adottato dallo Stato nei confronti del fotovoltaico negli ultimi 10 anni. Dopo una prima fase di grande sviluppo, sostenuto dagli incentivi statali, dal 2011 l'Italia ha puntato più nettamente sul gas, eliminando o quasi le agevolazioni sugli investimenti nel fotovoltaico e creando inevitabilmente grandi difficoltà alle imprese del settore. "L'unica speranza - ci dice Ira - è che, come suggerito dal nuovo governo, passi la linea della tassazione al 35% degli extra profitti. Questo permetterebbe di redistribuire una parte dei guadagni, salvaguardando la tenuta e la stabilità delle imprese del settore". La situazione attuale è estrema per quel che riguarda la restituzione degli extraprofitti generati da impianti rinnovabili: "Su 900mila euro incassati da una delle nostre aziende elettriche, ne abbiamo dovuti restituire 750mila", dice Ira "quasi l'intero incasso di produzione". Tra le disposizioni più discusse degli ultimi mesi c'è infatti quella riguardante gli extraprofitti sulle rinnovabili, in pratica una tassa, un meccanismo di compensazione a due vie sul prezzo dell’energia, con cui i produttori devono restituire la differenza tra i prezzi di mercato e relativi incassi. La norma vincola gli operatori a restituire gli extraprofitti guardando alla vendita dell’energia rispetto a un prezzo "equo" ante-crisi.

Sullo sfondo c'è l'Europa. Per raggiungere gli obiettivi del RepowerEu, l'ultimo dei provvedimenti energia-clima in Europa e che è una ulteriore evoluzione del Fit for 55 alla luce della guerra in Ucraina, in Italia dovremmo fare 85 gigawatt di nuovi impianti rinnovabili per passare dall'attuale 44% di elettricità prodotta con le rinnovabili all'84% del 2030. Siamo lontani anni luce e chi investe nel settore non ha certo la strada spianata davanti a sé.

E poi ci sono i ristori, tema spinoso. I parchi divertimenti sono stati tra i più colpiti dalla restrizioni Covid e sentono di non aver affatto avuto l'attenzione che meritavano, quando si è trattato di procedere agli indennizzi: "Nove mesi di chiusura nel 2020, 6 circa nel 2021 - ci dice Ira - Perdite effettive di 10 milioni nel 2020 e 5 milioni di euro nel 2021", una montagna di soldi. Nel 2020 Leolandia non ricevette ristori in base alla perdita di fatturato. La Regione Lombardia ha stabilito che ogni "impresa singola" del settore, questa la definizione, dovesse ricevere un massimo di un milione e ottocentomila euro, per vincoli europei di varia natura sugli aiuti. Un recente decreto, di novembre 2022, stabiliva che le imprese dovessero fare una dichiarazione sugli aiuti ricevuti, calcolando tra di essi anche agevolazioni, crediti d'imposta e aiuti con finanziamenti garantiti dallo Stato di varia natura. Senza entrare in tecnicismi, qui è scattata la beffa: "Ci troviamo a dover restituire subito quasi un milione e mezzo, un decreto punitivo", si sfoga Ira. "E io che mi aspettavo che ci arrivassero altri ristori". Pur comprendendo la necessità dello Stato di fare muro contro i furbetti degli aiuti, "qui non sono entrati nel merito della situazione".

La forza lavoro persa e da sostituire

Senza contare poi il problema della forza lavoro persa e da sostituire. Non un gioco da ragazzi. "Quando ci hanno costretto alla cassa integrazione - dice sempre Ira a Today -  ho perso molte delle maestranze migliori, che si sono trasferite in altri ambiti che non avevano le restrizioni che avevamo noi. Ho perso 40 persone tra dirigenti, quadri e altre figure estremamente qualificate. Rimpiazzarle non è stato semplice. Abbiamo avuto tutti i danni possibili immaginabili, mi aspettavo più solidarietà dal governo". Il comparto dei parchi, tra dipendenti fissi e stagionali, occupa in Italia 25.000 persone, 60.000 con l'indotto. Nel 2019 il giro di affari della sola biglietteria era di 450 milioni di euro, 1 miliardo considerando l'indotto interno (ristorazione, merchandising, negozi) e 2 miliardi con l’indotto esterno. Nell'ultimo anno pre-Covid, i parchi, che sono circa 230 in Italia, tra tematici, acquatici, faunistici e avventura, hanno registrato 20 milioni di visitatori italiani, 1,5 milioni di visitatori stranieri e hanno generato 1,1 milioni di pernottamenti in hotel.

Si guarda al futuro

Nel 2020 le aziende del comparto in media hanno perso il 75%: il 20% dei parchi ha rinunciato completamente all'apertura e alcune importanti realtà imprenditoriali italiane sono passate di mano, a fondi di investimento stranieri. Nel 2021 le cose sono andate meglio, con il 50% di perdite rispetto al 2019 a causa delle aperture ritardate, delle restrizioni legate ai protocolli di sicurezza. Ora si guarda al futuro, nonostante le criticità che ci evidenzia Ira. Leolandia impiega 600 persone, alle quali si sommano almeno 2.500 lavoratori dell'indotto, tra servizi esternalizzati e attività commerciali della zona come alberghi, ristoranti e negozi.  In vista del 2023, ci dice Giuseppe Ira, "siamo ottimisti, abbiamo investimenti programmati, un po' ridotti alla luce delle recenti batoste. I parchi divertimenti hanno un effetto molto positivo sull'economia e su tutto l'indotto. Diamo lavoro soprattutto ai giovani, a donne e a persone 'anziane', quelli che sul mercato fanno più fatica a trovare opportunità. Perché in Italia si continua a sottovalutare questo settore? Altrove non è così, c'è un'attenzione maggiore e hanno mille vantaggi. Anche in periodo Covid, dove ci sono state chiusure, all'estero i parchi sono stati interamente ristorati". 

La ripartenza (a ostacoli) dei parchi divertimento: sarà tutto come prima?

Giuseppe Ira, Presidente dell'Associazione Parchi Permanenti Italiani e di Leolandia, 26 luglio 2021. ANSA

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