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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Differenze di genere, così l’Italia lavora per la parità in Libano

La missione Unifil prevede un’intensa attività a favore delle donne e ai gruppi più fragili. Il comandante del settore Ovest, il generale Vergori: “Prima o poi una donna sarà capo di Stato maggiore”. La storia del maggiore Romina Fedeli, Gender advisory, che incontra e aiuta le donne libanesi

“Prima o poi arriverà una donna al grado di capo di Stato maggiore di una Forza armata”. E ancora: “Dal punto di vista delle missioni di peacekeeping, la donna è un moltiplicatore di forza. E in Libano, la popolazione ricambia con affetto la presenza degli italiani presenti nella missione Unifil e, in particolare, l’attività delle Gender advisor, donne in uniforme che sviluppano la parità e la prospettiva di genere nelle Forze armate e tra le donne libanesi”. Il generale di brigata, Roberto Vergori – al comando del settore ovest della missione Unifil in Libano, guidata dalla brigata paracadutisti Folgore, il cui comando è a LIvorno – traccia il quadro dell’attività della task force che si occupa di gender e che è inserita nel contingente italiano di 1.200 uomini e donne (sono 64) attualmente operativa nel sud del Paese dei cedri. Un’analisi che arriva nella Giornata della donna, celebrata con diversi eventi tra le forze dell’Onu e la società libanese. “Il modello italiano – continua il generale - ha prodotto effetti di lungo termine. La missione Onu in Libano è operativa dal 1978. Oltra agli aspetti della sicurezza, la missione dei militari italiani ha sempre focalizzato l’attenzione sui segmenti più fragili della popolazione, rispettando la cultura, la religione, i costumi e le tradizioni”.

Vergori comanda il Sector west di Unifil che vede in campo 3.600 uomini di 17 nazioni, i quali sono impegnati a far rispettare la risoluzione Onu 1701 del 2006 il cui compito è quello di tenere separati (oltre che garantire la sicurezza) Israele e Libano, dopo la “guerra dei 34 giorni” scoppiata 17 anni fa. La crisi economica che sta rendendo dura la vita in Libano ha colpito in primis il mondo femminile. Le principali richieste che arrivano dalle donne riguardano la sanità (ambulatori e medicinali), assistenza ai disabili, agli orfani, l’aiuto psicologico. In Libano operano i Fast (Female analysis support team), nuclei composti di due ragazze – militari formati come Gender advisor – che si recano nei villaggi per ascoltare le richieste e parlare con le donne. A capo del Gender advisory c’è il maggiore Romina Fedeli, consulente del comandante per le attività di genere.

“Il rapporto con la popolazione – afferma Vergori – è apprezzato e quello che facciamo da anni è un unicum. Le basi, ad esempio, sono state aperte per aiutare le donne imprenditrici a vendere i loro oggetti di artigianato. Arriviamo in ogni angolo delle comunità locali, affinché nessuno resti indietro. Il ruolo delle donne è fondamentale nelle missioni per il mantenimento della pace”. Fedeli ha alle spalle una vita segnata dalla sofferenza che l’ha vista vittima del terremoto nelle Marche – lei è di Colle Curti, una frazione di Camerino – e nel 1997 è rimasta intrappolata sotto le macerie insieme con la sorella. I soccorritori che l’hanno estratta erano soldati: “Da lì decisi che la carriera militare era la mia strada”.

Dopo l’Accademia militare nel 2001 (era il secondo anno dopo l’apertura alle donne) frequentò dei corsi, anche Onu, e divenne gender advisor. Attualmente insegna alla scuola militare Teuliè a Milano. “Le donne si fidano di altre donne - spiega Fedeli - e noi per loro siamo “eroine”, siamo disponibili. Le donne libanesi sono sensibili nella comunicazione, hanno bisogno di parlare. In Libano non ci sono ostacoli all’integrazione e non abbiamo ricevuto segnalazioni di violenze o esclusioni nemmeno verso altre minoranze come può essere il mondo gay. Qui le donne cercano l’emancipazione e un primo risultato è di questi giorni, quando si è diplomata la prima donna pilota di aereo delle Forze armate libanesi, che da tre anni hanno aperto i corsi al mondo femminile”.

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