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Venerdì, 19 Aprile 2024
La lettura

"Racconto il dramma delle donne borderline per abbattere il muro del maschilismo"

"Irene F. Diario di una borderline, 10 anni dopo" è l'ultimo romanzo dello scrittore romano Eugenio Cardi

Alla fine della lettura, la prima cosa che salta alla mente è il dubbio di quanto possano essere esasperati certi racconti. Violenza, istinti omicidi, vita al limite nella penombra della notte di una grande città come Torino, dove è ambientato il racconto. Ma è un’illusione. Un meccanismo di difesa del nostro cervello, che tenta di farci rifiutare certe storie perché non le vogliamo accettare. Preferiamo credere che non possano esistere, altrimenti saremmo costretti a farci i conti, sentendoci impotenti, incapaci anche solo di afferrarne il senso. Ripensando poi ai tanti casi di cronaca che ogni giorno ci raccontano i giornali, quel senso di distacco diventa un pugno nello stomaaco. Arriva la presa di coscienza. E' ciò che avviene a chi occupa una notizia al telegiornale quando viene arrestata, quando muore, uccide o si suicida. Questa è la vita vera, solo non è quella che ci piace guardare. 

Così Eugenio Cardi ci “costringe” ad un bagno di realtà con il suo ultimo romanzo: “Irene F. Diario di una borderline, 10 anni dopo”, sequel del romanzo di suo maggior successo: “Irene F. Diario di una borderline”. Edito da Santelli Editore e con prefazione del giornalista Alessandro Antinelli, il lavoro di Cardi ci porta in un mondo oscuro, quello delle donne che hanno sviluppato un disturbo borderline perché vittime di violenza in età infantile. Abusi consumati quasi sempre fra le mura di casa. Un tabù come ce ne sono pochi in Italia. Lo scrittore romano, con la forza della sua esperienza da volontario e la lucidità di un cronista, ci parla di Irene F.

Irene F. Diario di una borderline, 10 anni dopo

Irene proviene da una famiglia della media borghesia torinese: un padre disadattato e alcolista, una madre fredda e anaffettiva, un fratello minore di un paio d’anni. Nel momento in cui il padre viene a mancare anzitempo, il patrigno si inserisce nel nucleo familiare riuscendo a penetrare le deboli difese di Irene, la quale ritiene di poter consumare così, ovvero concedendo il proprio corpo al patrigno abusante, la sua amara vendetta nei confronti della madre. 

Quello di Cardi è un lavoro introspettivo perché quei sentimenti li ha conosciuti incrociando gli occhi di chi gli ha confidato il proprio vissuto. L'autore viene infatti da una lunga esperienza nell’ambito del Non Profit, in particolare negli ambiti delle carceri, minori in difficoltà e immigrazione e, in qualità di Presidente dell’associazione culturale Puntoeacapo, ha preso parte ai lavori della Consulta permanente del Comune di Roma per le problematiche penitenziarie. Sa bene cosa significa essere borderline per colpa di una ingiustizia e, con le sue storie, dà voce a tutte quelle donne.

Eugenio Cardi-2

Cardi, cosa significa soffrire di un disturbo borderline?
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È un disturbo mentale difficile da diagnosticare in quanto è molto serio e si colloca a metà tra nevrosi (ansia, depressione) e psicosi (allucinazioni uditive e visive, schizofrenia). Da qui il termine borderline. Presenta sintomi che non vanno presi sottogamba, in quanto spesso piuttosto pericolosi per la persona che ne soffre: abuso di sostanze stupefacenti, autolesionismo, sessualità promiscua, condotte antisociali, tentativi di suicidio. Inoltre si associa a intensi scoppi improvvisi di rabbia. Considera che si stima che solo in Italia ne soffrono qualcosa come 1,2 milioni di donne".

Lei è di Roma. Perché ha ambientato il romanzo nella città di Torino?
“La trovo una città molto misteriosa, con una forte carica esoterica, è una città che a me provoca una certa inquietudine proprio per questo mistero che trasmette. E’ una città molto particolare, molto retrò, con la sua architettura stile ancien regime. Mi è sembrata la città ideale dove ambientare una storia così torbida come quella di Irene". 

Una storia dura, pesante da digerire. Come nasce un romanzo così? 
"C’è un legame forte con la mia esperienza di volontariato, sono stato immerso in questo mondo, mi sono sempre interessato al fenomeno borderline, ho voluto conoscere molte persone, ho voluto approfondire. E’ un mondo molto complicato perché loro si nascondono, a nessuno di loro fa piacere raccontarsi, hanno molti alti e bassi, sono persone molto complicate e hanno una vita particolare. Sono legato a Irene perché è un personaggio che ho conosciuto davvero. Ne ho conosciute più di una. Ho incrociato le loro storie, le ho passate attraverso la lente di un caleidoscopio della mia testa ed è nata una storia nuova. Ma è una storia vera, non una biografia, è un romanzo, ma è la verità mischiata alla fantasia dell’autore che sono io. Alla fine diventa una storia nuova, ma con la quale sono in grado di raccontare le storie vere che ho conosciuto da vicino". 

Cosa c’è di suo in questo lavoro?
"Io dico: "Madame Bovary c'est moi" come fece Flaubert. Sta a significare la quasi totale compenetrazione dell'autore del romanzo con il personaggio principale dello stesso, anche se naturalmente si descrive un personaggio totalmente diverso dall'autore stesso per genere, età e carattere. Un po' complesso come ragionamento ma molto affascinante e misterioso e credo che sia la molla principale che spinge a scrivere e a raccontare qualcuno così diverso da noi ma allo stesso tempo così vicino. Io ho incluso ad esempio Irene nella mia stessa anima, ormai è come se fossimo la stessa cosa pur essendo persone diverse e distinte. È qualcosa di metafisico, di affinità elettive, di equilibristi sullo stesso filo contorto della vita, difficile da spiegarsi compiutamente a parole, è qualcosa che sfugge alla comprensione razionale dei fenomeni. Ecco del perché le ragazze border si fidano di me e si raccontano senza problemi, perché colgono come in un certo modo siamo sullo stesso piano, seppur molto diversi, è una unione di anime, di sentimenti, di modi di vedere e vivere la vita". 

Che persone sono le varie Irene? 
"Passano la notte fuori casa, consumano droghe, spacciano, vivono in una continua promiscuità sessuale, dormono di giorno e vivono di notte combinando casini dai quali qualcuno si salva e qualcuno no. Sono come pipistrelli nella notte. Io le racconto quasi come un cronista, riporto i fatti romanzandoli, ma senza giudicare il vissuto delle persone, tanto che oggi sono ancora in contatto con queste. Mi cercano costantemente e mi raccontano quello che combinano. Alcune volte mi pare di parlare davvero con il personaggio dei miei romanzi. Mi sembra di parlare con Irene perché si comportano e si esprimano in modo incredibilmente uniforme, come se fossero fatte con lo stampo. Possono essere fisicamente diversissime, ma se due persone sono borderline, fanno lo stesso tipo di vita". 

Lei parla molto al femminile e i suoi personaggi sono quasi tutti donne. C’è un motivo?
"Il tema delle persone borderline è un tema che non interessa gli uomini, sono quasi tutte donne perché è un problema spesso frutto di abusi in età infantile e quasi sempre sono uomini che abusano di donne. C’è una sorta di muro da parte degli uomini, come se non volessero affrontare un problema che riguarda direttamente loro. Mi ricordo che quando presentammo il primo libro alla provincia di Roma, su 100 persone, 98 erano donne".

Come se lo spiega?
"Temo che l’uomo non abbia interesse ad entrare nel mondo femminile, se ne tiene lontano perché l’uomo è ancora legato ad una immagine di macho, il duro che non prova empatia e che non applica empatia, quando, per comprendere appieno certi fenomeni sociali come questi, l’empatia è fondamentale e ne serve anche tanta". 

Ma è così importante parlare di donne borderline?
"Sì perché è la conseguenza di un fenomeno sociale drammatico e nascosto. Alla base c’è questo problema enorme dell’abuso sessuale infantile, che è capace di creare qualsiasi disturbo mentale, creare problemi come l’anoressia, il consumo di stupefacenti. Quando c’è l’abuso infantile, è come se si prendesse il letto di un fiume e se ne spostasse il percorso. La vita della vittima devia, cambia per sempre, la tua vita diventa un’altra cosa. Ne parlo perchè lo vedo come una sassata lanciata al muro dell’indifferenza che c’è nella società italiana (e non solo visto che i miei libri sono venduti anche in altri Paesi) di fronte a questi problemi". 

Come se ne esce? 
"Lunga psicoanalisi accompagnata da farmaci, se no non se ne esce e si va verso l’autolesionismo". 

In Italia è un fenomeno così diffuso?
"Direi proprio di sì, nella misura in cui si stima un milione di persone che ne hanno riscontro e che hanno una diagnosi, ma quelle abusate sono molte di più".

Ma non vengono abusate solo le donne.
"Sì, ma gli uomini abusati che sviluppano un profilo borderline rappresentano una percentuale più bassa: il 5-10%". 

Irene vuole rompere un muro di omertà, ma come fare per cambiare? 
"Io credo si debba ricorrere alla formazione e alla informazione nella scuola. Tutte cose che in Italia non esistono, per cui ci vorrebbe una formazione continua e un accompagnamento scolastico e familiare".

Di solito queste persone sono i protagonisti della cronaca nera, che siamo abituati a guardare come deviate e irrecuperabili, come “pazzi”. 
"Ma certo, quella è sempre la scusante maggiore. Poi quando si tratta di donne è sempre molto facile far ricadere il giudizio anche quando sono le vittime della violenza. Prendiamo il caso delle parole dette dalla Palombelli in televisione. Io sono rimasto inorridito, ma non mi stupisce perché dico sempre è che le donne sono il primo nemico delle altre donne perchè, più degli altri, hanno interiorizzato una cultura patriarcale. Per cui se una donna si comporta in un certo modo, non ci chiediamo perché, le gettiamo addosso l’etichetta di “tr..a” e fine". Siamo abituati a guardarle come matte, se tu non sai la loro storie e hai una vicina di casa, una cugina un’amica di tua figlia che ha comportamenti strani, pensi sia una matta se lo guardi dall’esterno. Se lo conosci e comprendi, la vedi come una persona che dovrebbe essere aiutata, capisci che è vittime di una società che nasconde un segreto tremendo. 

Lei ci dà quasi un identikit delle borderline, ce le descrive come delle persone violente. 
"Soprattutto con loro stesse. Anzi, normalmente riescono ad ammaliare gli altri ad affascinarli. Sanno essere estroverse, attraenti, fuori dagli schemi. Si vestono in modo super alternativo, ci possono anche conquistare, ma poi è difficile stare al loro fianco, possono appiccicarsi e poi creare grossa distanza nell’arco di una giornata. Possiamo anche farci carico dei loro problemi per amore o perchè ci affezioniamo. Ma per salvarle serve un aiuto terapeutico. Altrimenti possono anche arrivare a tendenze suicidarie e rischiamo di perderle per sempre". 

COVER IRENE F 10 ANNI DOPO-2


 

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