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Martedì, 26 Settembre 2023
Nuove misure per fermare l'epidemia?

Il lockdown di un mese a febbraio per far diminuire i casi

Sarebbe la soluzione per far scendere la curva dei contagi secondo l'epidemiologo Francesco Forastiere: "Si tratta di un sacrificio indispensabile per poter riprendere in modo sistematico il tracciamento dei contatti"

È prevista per domani, venerdì 29 gennaio, la nuova ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza che cambierà i colori delle regioni italiane in zona rossa, arancione e gialla a partire da domenica prossima, in base all'ultimo monitoraggio del ministero e dell'Istituto superiore di sanità. Intanto, la fotografia dei dati nazionali sull'epidemia di coronavirus "indica un declino molto lento e non una rapida discesa degli indici di contagio". La mortalità è ancora alta e per far scendere la curva occorre "un lockdown deciso, programmato, magari che duri un mese. Febbraio è un mese ancora critico per le sindromi influenzali, anche se per ora c'è stata una drastica riduzione dei casi di influenza". Lo afferma all'Adnkronos Salute l'epidemiologo Francesco Forastiere, professore all'Imperial College di Londra e direttore scientifico della rivista Epidemiologia e prevenzione, facendo il punto sulla situazione dei casi covid oggi in Italia. "È ovvio che per un'analisi corretta occorre verificare l'incidenza settimanale dei casi in ogni regione, l'Rt, e porre maggiore attenzione alle classi di età colpite. Dobbiamo sapere se a correre più rischi in questa fase sono gli anziani o i giovani", aggiunge l'epidemiologo.

Il lockdown a febbraio per far diminuire i casi: "Deciso, programmato, magari che duri un mese"

L'ultimo bollettino coronavirus pubblicato ieri ha riportato 15.204 nuovi casi diagnosticati dall'analisi di 168.105 tamponi molecolari (7.2% positivi) e 125.665 test rapidi (0.2% positivi). Sono stati 467 i decessi, mentre si registra una minore pressione sugli ospedali (194 posti letto in più nei reparti non critici, 20 nelle terapie intensive al netto di 115 nuovi ingressi). Ma come si può uscire da questa situazione di stallo? "Osserviamo quello che è accaduto nella prima fase nella scorsa primavera: solo un lockdown totale può far scendere i casi in modo radicale e completo - analizza Forastiere -. Se osserviamo quello che è accaduto a novembre-dicembre, solo le regioni con colore rosso hanno avuto una discesa rapida della curva epidemica. Le regioni in zona gialla hanno mostrato una discesa molto disomogenea e per le regioni in arancione, il colore attuale di molte regioni, il declino di casi è stato modesto - precisa l'esperto -. In questo periodo un esempio lungimirante è la Sicilia, la regione che ha voluto la zona rossa sulla base dei preoccupanti dati di incidenza".

Cosa si può fare oggi per intervenire sulla curva epidemica? "Occorre un lockdown più deciso, programmato, magari che duri un mese - avverte Forastiere -. Si tratta di un sacrificio indispensabile per poter riprendere in modo sistematico il tracciamento dei contatti. Febbraio è un mese ancora critico per le sindromi influenzali, anche se per ora c'è stata una drastica riduzione dei casi di influenza. E poi c'è una situazione internazionale critica, il mondo intero è in allarme e i Paesi a noi vicini hanno livelli inaccettabili di circolazione del virus, e ci sono le varianti che possono essere più contagiose e letali".

E c'è chi fa anche una riflessione sulla scuola. "Quando si dice che la scuola sia irrilevante non ci sto. Una metanalisi in 131 Paesi mostra che 28 giorni dopo la riapertura delle scuole intese in senso lato, abbiamo un 24% di aumento dell’Rt", ha spiegato Massimo Galli, direttore di malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano. Il professore ha sottolineato che l'aumento del 25% si ottiene con situazioni che favoriscono la concentrazione di più di dieci persone. Secondo Galli l'apertura delle scuole e le elezioni di settembre hanno avuto un ruolo nel far ripartire la seconda ondata di covid. "I ragazzi tra 14 e 18 anni hanno comunque una parte importante nel totale di coloro che sono infettati in età scolare: che si siano contagiati a scuola o meno, il tema merita attenzione", ha dichiarato l’esperto.

La discesa della curva dei contagi è ancora troppo lenta

L'epidemia potrebbe essere fermata solo con nuove misure? Anche la Fondazione Gimbe sottolinea che la discesa della curva epidemica è ancora troppo lenta. Nel monitoraggio relativo alla settimana 20-26 gennaio, in cui si registrano gli ultimi effetti del decreto Natale, Gimbe rileva che la curva scende ma lentamente: tutti i numeri sono in calo, compresi quelli ospedalieri, anche se i ricoveri e le terapie intensive rimangono sopra la soglia di saturazione rispettivamente in 5 e 6 regioni. Le analisi indipendenti di Gimbe sui dati ufficiali della campagna vaccinale evidenziano notevoli differenze regionali: nella distribuzione delle dosi, nel completamento del ciclo vaccinale e, soprattutto, nelle priorità di somministrazione, con il 22,3% delle dosi destinato a "personale non sanitario", categoria formalmente non prevista dal piano vaccinale. La Fondazione Gimbe osserva che nella settimana 20-26 gennaio 2021, rispetto alla precedente, c'è stata una riduzione dei nuovi casi (85.358 vs 97.335). Scendono anche i casi attualmente positivi (482.417 vs 535.524), i ricoveri con sintomi (21.355 vs 22.699) e le terapie intensive (2.372 vs 2.487); lieve calo dei decessi (3.265 vs 3.338).

In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 3.265 (-2,2%)
  • Terapia intensiva: -115 (-4,6%)
  • Ricoverati con sintomi: -1.344 (-5,9%)
  • Nuovi casi: 85.358 (-12,3%)
  • Casi attualmente positivi: -53.107 (-9,9%)

"Tutte le curve - afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe - continuano questa settimana la loro lenta discesa, ancora grazie agli effetti del decreto Natale, destinati tuttavia ad esaurirsi a breve". L'incremento percentuale dei casi si riduce in quasi tutte le Regioni; negli ospedali, nonostante l'ulteriore discesa di ricoveri e terapie intensive, l'occupazione da parte di pazienti Covid continua a superare in 5 Regioni la soglia del 40% in area medica e in 6 Regioni quella del 30% delle terapie intensive, attestandosi a livello nazionale rispettivamente al 34% e al 28%. "Oltre ai noti ritardi di consegna da parte di Pfizer - dichiara Renata Gili, responsabile Gimbe Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione - AstraZeneca ha comunicato alla Commissione Europea una riduzione della fornitura stimabile fino al 60% nel 1 trimestre, mentre CureVac non potra' consegnare entro marzo le 2,019 milioni di dosi previste dal piano vaccinale, visto che lo studio di fase 3 è stato avviato solo il 14 dicembre".

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Di conseguenza, al netto di ritardi di consegne, entro il 31 marzo 2021 il nostro Paese dovrebbe disporre di 16,557 milioni di dosi, di cui 8,749 milioni da Pfizer-BioNTech e 1,346 milioni da Moderna e 6,462 milioni da AstraZeneca, anziche' i 16,155 milioni previsti dal Piano vaccinale. Peraltro su AstraZeneca i conti non tornano visto che è stata annunciata una fornitura di 3,4 milioni di dosi."Con queste disponibilita' - puntualizza Cartabellotta - solo il 14% della popolazione (circa 8,278 milioni di persone) potra' completare le due dosi del ciclo vaccinale, ma non prima della metà o addirittura della fine di aprile, ovviamente previa autorizzazione condizionata del vaccino di AstraZeneca che potrebbe essere soggetto a limitazioni per i soggetti di età superiore ai 55 anni con conseguente necessita' di rivedere le priorità del piano vaccinale. Inoltre, occorrerà una notevole reattività della macchina organizzativa, visto che la maggior parte delle dosi non arriverà prima di metà febbraio". Sulla distribuzione regionale dei vaccini, Fondazione Gimbe sottolinea che si rilevano notevoli differenze regionali difficilmente spiegabili solo sulla base dei criteri utilizzati in questa prima fase per la consegna.
 

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