La parabola triste di Selvaggia Lucarelli, ormai una Orsini qualunque
All'inizio c'è la fase empatia: si commuove per la famiglia che mentre scappa rimane uccisa da una granata russa a Irpin con il "cane che guaisce nel trasportino". Poi passato un mese inizia a trovare "disturbante" la comunicazione del presidente ucraino Zelens'kyj: eh sì che non rompa troppo le palle con quel linguaggio guerresco che mette ansia, cosa vuoi che sia avere un paese invaso dal (ex) secondo esercito del mondo? Che non drammatizzi troppo. Quindi inizia a difendere Orsini, anzi il "professor Orsini", di cui condivide alcuni pensieri - sarebbe interessante capire quali.
Infine, eccola là: mentre Zelens'kyj invita giustamente Macron, scettico a usare la parola "genocidio", a recarsi e vedere coi suoi occhi i crimini dell'esercito russo - cosa che hanno fatto peraltro la Von der Lynen a Bucha e Michel a Borodyanka -, la Lucarelli lo squalifica come un "mistificatore arrogante" a cui "bisognerebbe dargli le risposte che merita": eh sì questo insolente come si permette?!
Il processo di colpevolizzazione della vittima è così completato. Ovviamente non saranno né Zelens'kyj né Macron a stabilire se c'è un genocidio in corso. Eppure, mentre massimi esperti in materia come Eugene Finkel sono convinti che di genocidio si stia trattando e il primo rapporto della Missione Osce parla di crimini contro l'umanità, è chiaro che anche da un punto di vista simbolico e politico la presenza e la testimonianza di Macron sarebbero importanti e rilevanti. Da qui l'invito del presidente ucraino che ha tanto sconvolto la Lucarelli.
Al di là della questione 'tecnica' del genocidio, si può notare che più in generale il percorso della Lucarelli in questi due mesi di guerra sia lo stesso dell'italiano medio. Si è passati dalla compassione per i poveri ucraini aggrediti, alla loro colpevolizzazione, individuando nella figura di Zelens'kyj il capro espiatorio su cui riversare la propria insofferenza per questa guerra. Che poi questa personalizzazione su Zelens'kyj non ha molto senso: come se il popolo ucraino non avesse capacità e autonomia nel decidere del proprio destino e tutto dipendesse da una persona sola.
Mi dispiace, perché ho trovato la Lucarelli arguta e spesso intelligentemente controcorrente nella critica alla società italiana, mentre qui fa dei banalissimi 'discorsi da autobus' (cit.). Ma forse più semplicemente la politica internazionale non è il suo campo e allora, come ha scritto lei stessa commentando l'infelice uscita omofoba di Sofia Goggia, "il problema sta nell’aspettarsi sempre il commento giusto da persone che fuori dalle loro competenze possono essere mediocri e fallibili".