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Venerdì, 19 Aprile 2024
Intervista

Maestri di strada per non lasciare indietro nessuno

Da anni opera a Napoli un'associazione di educatori e professionisti contro la dispersione scolastica, fondata da Cesare Moreno. "Ma non sono i ragazzi a disperdersi, vogliono essere ritrovati e ci deve essere chi li cerca", racconta un'operatrice

"L'abbandono scolastico non inizia nel momento in cui l'alunno non risponde all'appello e il banco è vuoto, ma quando in classe c'è il silenzio, l'autoesclusione, la mancanza di interesse. È lì che quel ragazzo o quel bambino sta lasciando la scuola". Ornella Frattini è una "maestra di strada", educatrice professionale ed esperta di laboratori di apprendimento informale, che fa parte dell'omonima onlus che dai primi anni Duemila opera nella zona est di Napoli contro la dispersione scolastica. Fondatore di Maestri di Strada è Cesare Moreno, che ha raccolto intorno a sé una squadra di educatori e professionisti che alla formazione accademica uniscono quella sul campo, radicata nel territorio, osservando i ragazzi e utilizzando la cultura e la scienza per farli crescere. Un impegno che ovviamente non è venuto meno neanche nel periodo più difficile, ossia quello del lockdown e della scuola in dad. Si lavora nelle classi, con i docenti, ma anche nei laboratori pomeridiani, affiancati da interventi di strada, che in questi ultimi due anni sono ovviamente diventati molto frequenti. "Non potevamo incontrare i ragazzi o i bambini a scuola o nei nostri spazi. Siamo usciti in strada per andare a cercare chi aspettava di farsi trovare, proponendo attività educative, lasciando pacchi con materiali didattici, libri, ma anche solo per farci lanciare un disegno dalla finestra o fare un saluto, ascoltarli e farci sapere come stavano", racconta Frattini a Today.

Maestri di Strada contro la dispersione scolastica

Frattini ricorda il caso di uno dei bambini conosciuti durante la sua prima settimana di lavoro con Maestri di Strada: "Alla fine della prima elementare non sapeva ancora leggere né scrivere. Si innervosiva spesso, era litigioso con gli altri compagni di classe. Viveva con la famiglia in una casa occupata, in una situazione di estremo disagio quotidiano, di povertà educativa ma anche economica. Quando l'ho conosciuto gli ho dato una pallina di gommapiuma con cui giocare, facendogli sperimentare così un momento di sollievo, e gli ho detto: 'Non mi interessa se leggi e scrivi, io voglio conoscerti'. Abbiamo iniziato a giocare con matite e fogli, ovviamente coprogettando con l'insegnante il percorso di avvicinamento e recupero. Dopo pochi giorni ha portato a scuola un foglio dove aveva scritto tante parole e anche la parola 'sole', che tanto voleva imparare a scrivere ma non riusciva. Chi vive un blocco emotivo, con traumi e privazioni, ha dei muri dentro: si blocca tutto, anche la voglia di fare amicizia e di imparare, di ascoltare l'insegnante che in classe offre strumenti e spiegazioni – racconta Frattini – Attraverso il sollievo e la cura è possibile far cadere questi muri e far emergere il bambino, la persona. Da lì ho capito che niente era impossibile, nemmeno nei casi più disperati, anche se c'è tanto lavoro da fare per costruire una relazione sana attraverso cui farli uscire da quella paralisi dell'apprendimento".

Frattini è impegnata attualmente in progetti con le scuole primarie. La sua mattina tipo inizia con i messaggi di buongiorno che i bambini le mandano. Poi, una volta raggiunta la scuola, vede chi è arrivato, chi è riuscito a svegliarsi in tempo, qual è l'umore della classe, dell'insegnante, se la giornata promette bene per tutti e se si riusciranno a svolgere le attività previste di "arteducazione" caratterizzati da linguaggi differenti, e i momenti di dialogo per socializzare e condividere stati d'animo e saperi, come pure le criticità, mettendo al centro il bambino mentre l'adulto guida dall'interno il gruppo in un percorso dialogico e di sollievo. Altre attività e laboratori si svolgono anche nel pomeriggio, negli spazi dell'associazione.

Cambiare la scuola è possibile?

"Si mostra ai ragazzi come prendersi cura di sé, dando loro la possibilità di guardarsi in un modo diverso e tornare così a rendersi visibili prima di tutto a se stessi – dice Frattini – C'è poi tutto un lavoro di coprogettazione con i docenti stessi. Bisogna intervenire il prima possibile perché poi diventa più difficile rintracciarli nei loro nascondigli, in quelle case che a volte non hanno nemmeno un indirizzo preciso, con i numeri di telefono che cambiano in continuazione. Con il passaparola però siamo riusciti a raggiungerli anche durante il lockdown, con un piccolo pacco dono o la proposta di fare una passeggiata nel quartiere. Siamo riusciti a ritrovarli ma non sono loro a disperdersi. Vogliono essere ritrovati: ci deve essere però chi li cerca". Da questi progetti sono usciti nel tempo prodotti molto interessanti, come ad esempio il "rap d' a' quarantena", realizzato da un gruppo di giovani insieme agli arteducatori dell'associazione, o il documentario Sic est – Questo è, prodotto da Maestri di Strada, scritto da Filomena Carillo e Flavio Ricci, con la regia di Flavio Ricci, per raccontare il percorso di crescita e formazione di tredici ragazzi.

"Investiamo un territorio di circa 130mila abitanti e abbiamo accordi e collaborazioni con 18 scuole su 18, andando negli istituti, aiutando gli insegnanti a gestire le classi quando ci sono difficoltà, proponendo laboratori che consentano ai ragazzi di ritrovare la motivazione", spiega a Today Cesare Moreno. "Parliamo di circa 600 ragazzi con i quali entriamo in contatto tramite le scuole, altri 200 sono quelli che partecipano ai nostri laboratori e poi ce ne sono anche altri che seguiamo individualmente perché hanno manifestato segni di disagio e rischio. Altri ancora hanno scelto liberamente di venire da noi perché hanno trovato interessanti le nostre proposte educative. Anche se non agiamo a livello nazionale, investiamo in un'intera zona in modo massiccio e abbiamo fatto esperienze che ci fanno capire come potrebbe cambiare il sistema – dice Moreno – Alcune scuole inoltre stanno iniziando ad applicare autonomamente le metodologie che abbiamo proposto, per una didattica attiva in cui i ragazzi si muovono, discutono, creano". Discussione e riflessione dovrebbero essere la base anche per il lavoro degli insegnanti stessi, sottolinea Moreno, per il quale infatti "serve un'esperienza di lavoro condivisa, per parlare tra colleghi del senso delle loro attività in classe e non solo delle materie, dei registri, dei voti, perché quella dell'insegnante non è la professione di un singolo ma di un gruppo che o si parla tra di loro o non funziona" ma questa cosa devono capirla in primis "quelli che stanno sopra e governano la scuola" mentre ora "tutta l'organizzazione scolastica non è fatta per avere una relazione con i ragazzi ma solo per comunicare frontalmente delle nozioni e la pandemia è stata la cartina di tornasole di tutto questo".

I maestri di strada, conclude Moreno, "non hanno la formula magica, ma una capacità di ricerca, di indagare il contesto e i ragazzi e inventare qualcosa che sia utile. Il maestro di strada è colui che trova le risorse strada facendo, con un metodo di esplorazione della realtà, per elaborare delle risposte. Che poi dovrebbe essere il mestiere di tutti gli insegnanti".

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