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Giovedì, 25 Aprile 2024
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La doppia fregatura delle mascherine pannolino (con i soldi dei lombardi)

Acquistate in piena emergenza dalla Regione governata da Fontana, si sono rivelate ben presto inutili. Dopo essere finite in un magazzino, adesso verranno donate al Kazakhistan. Ma c'è un problema: potrebbe essere necessario un nuovo pagamento

Nel momento clou dell'emergenza coronavirus, quando le mascherine scarseggiavano non soltanto per i cittadini, ma anche per il personale sanitario, la Regione Lombardia decise di far produrre una grande quantità di mascherine, poi ribattezzate ''pannolino'', spendendo la bellezza di 8,1 milioni di euro. A marzo vennero accolte come una benedizione, salvo poi rivelarsi scomode e inutilizzabili, finendo in men che non si dica nel buio di un magazzino. Un caso generato dalla corsa alla riconversione del periodo più acuto dell'emergenza, che adesso torna in auge, visto che la Lombardia sembra intenzionata a tirare fuori le mascherine-pannolino dal dimenticatoio per donarle al Kazakhistan. Un ''regalino'' che però dovrebbe prevedere, secondo la ricostruzione de La Stampa, un secondo pagamento.

Le mascherine pannolino di Regione Lombardia

Ma prima di approfondire la questione del dono, ripercorriamo dall'inizio la surreale storia delle mascherine-pannolino. Ad inizio emergenza, molte aziende decisero di riconvertire le loro produzioni per realizzare prodotti necessari e carenti in quel periodo. Tra queste ci fu anche la Fippi di Rho passò dai pannolini ai dispositivi di protezione individuale, che in quel momento servivano come il pane. Così, la Regione governata da Attilio Fontana non ci pensò più di una volta e decise di ordinarne 18 milioni tramite la Aria Spa, la centrale unica degli acquisti della Lombardia. L'intento era quello di sostenere il sistema sanitario e fornire nuovi dispositivi a medici ed infermieri impegnati nella lotta al coronavirus. Il risultato, purtroppo, fu ben diverso. 

Quando le mascherine arrivarono negli ospedali, il loro aspetto e la loro efficacia erano ben lontane rispetto alle attese: non erano filtranti a causa del materiale utilizzato e non erano sterili perché per indossarle era necessario farle passare dalla testa. Un bel pasticcio che portò i Cobas a denunciare il caso alla Procura, con le mascherine che, dopo l'apertura di un'inchiesta, finirono relegate in un magazzino della Fondazione Fiera di Milano.

Poi, quando tutti ormai sembravano essersi dimenticati della mascherine-pannolino, ecco l'inatteso colpo di scena: con due delibere del 7 settembre la giunta Fontana decide di far uscire i dispositivi dal deposito e di donarne un milione al Kazakhistan e 500mila ad Areu, l’agenzia per l’emergenza-urgenza che le terrà come riserva nei propri magazzini. Ma è qui che arriva il nuovo pasticcio, come scrive La Stampa: ''Dato atto che le mascherine facciali a uso sanitario modello Fippi sono state quotate da Aria Spa per 0,45 euro + Iva, pari a uno costo totale di 823.500 euro per 1,5 milioni di pezzi, la giunta delibera di comprarle per tale importo a valere sul capitolo di spesa relativo agli acquisti di bene per aiuti umanitari''. 

La beffa di pagare per le mascherine pannolino

Che vuol dire? Tradotto in parole povere la Regione dovrebbe ripagare Aria Spa, la partecipata cui aveva già dato i soldi per comprare i 18 milioni di pezzi prodotti dalla Fippi. La Lombardia potrà cercare di recuperare una parte della somma spesa attraverso la Protezione civile, ma il rimborso è tutt'altro che certo. Intanto, dalla Regione fanno sapere che non si tratta di un secondo pagamento ''ma di un ulteriore ordine necessario a mantenere inalterato il nostro livello di scorte". Il consigliere regionale Pietro Bussolati ha commentato la vicenda: "Si vergognano di dare la mascherine pannolino di cui un tempo si vantavano agli operatori sanitari, cercano di spedirle altrove e ora i contribuenti lombardi sono costretti a ripagarle ad una partecipata della Regione stessa".

Dove sta la verità? A portarla alla luce, con tutta probabilità, sarà un'inchiesta. Infatti, nella giornata di oggi l'Usb Lombardia (Unione Sindacale di Base) ha depositato la Procura della Repubblica di Lecco l'ennesimo esposto relativo alla gestione dell'emergenza covid presso l'ASST di Lecco. ''Vogliamo mettere in evidenza - si legge nella nota del sindacato - tutte le criticità del sistema sanitario lombardo, così come emerse durante l'epidemia, a partire dalla più volte deunciata distruzione dei servizi territoriali, fino all'eccessivo ricorso ad esternalizzazioni ed appalti che si sono rivelati essere un altro tallone d'Achille del sistema, a causa della concreta impossibilità di controllare pienamente le ditte operanti in appalto, soprattutto in tema di rispetto dei protocolli di sicurezza. Un sistema che non ha più nella tutela salute la propria priorità che è diventata, invece, il profitto: il che spiega bene il proliferare della sanità privata nella regione che ha ormai raggiunto circa il 50% delle prestazioni erogate''.

Il comunicato prosegue con la risposta all'assessore Gallera, che ieri aveva giudicato ''triste'' la presentazione di un esposto del genere: ''Sono ben altre le cose tristi alle quali abbiamo assistito.  Triste è la distruzione dei servizi territoriali, soprattutto quelli di prevenzione; Triste è aver buttato via milioni di euro per l'ospedale in fiera che non è servito a niente e nessuno; triste è vedere l'ex presidente della Regione Bobo Maroni, sedere nel Consiglio di Amministrazione del più grande gruppo della Sanità privata nazionale, il Gruppo San Donato. Triste è vedere che, malgrado tutto quello che è successo, la Regione continui nella sua politica di affidamento ai privati di importanti servizi per la salute, confermando l'ormai inestricabile legami degli amministratori pubblici con gli imprenditori della sanità privata; triste è stato aver dovuto assistere, in piena epidemia, a giornate di cronaca giudiziaria che riguardava i traffici tra la regione e i congiunti del presidente Fontana. Tristissima è la scelta della Regione di far entrare i pazienti positivi dentro le RSA, dove si sono contati più di 10.000 morti. Ma soprattutto triste, tragico e comico al contempo è sapere che il sistema sanitario regionale sia nelle mani di un assessore che ha fatto ridere il mondo dichiarando che avere un indice Rt di 0,51 significa che per contagiare una persona sana serve venire a contatto contemporaneamente con due soggetti infetti''. 

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