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Martedì, 23 Aprile 2024
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"Facciamo Natale e Capodanno come Ferragosto e non ne usciamo più"

Ospite a SkyTg24, l'infettivologo lancia un monito in vista delle festività natalizie: "Ma essere responsabili non significa diventare monaci"

"Se noi affrontiamo il prossimo Natale e il prossimo Capodanno con lo stesso spirito con cui abbiamo affrontato Ferragosto, non ne usciamo più. Perché se anche ipoteticamente chiudessimo tutto adesso per 3-4 settimane e riaprissimo a Natale, è evidente che la riapertura non sarà quella che può consentire alle persone di andare per grandi cenoni e grandi veglioni". Lo dice a 'Timeline', su Sky Tg24, l'infettivologo Massimo Galli, primario all'ospedale Sacco di Milano.

Al conduttore che gli chiede come si immagina il Natale, Galli risponde così: "Abbiamo fatto il lockdown a marzo? Sì. Lo abbiamo chiuso a maggio? Sì. Avevamo ottenuto in gran parte d'Italia quasi l'annullamento della presenza del virus? Sì", e anche se "in altre parti c'era ancora, per esempio in Lombardia, era contenibile. Abbiamo fatto un'estate come quella che abbiamo fatto? Sì. Abbiamo fatto in modo che il Ferragosto, e lo uso come simbolo di festa, sia diventato un elemento di grande amplificazione dell'infezione? Purtroppo sì. Ora, Natale e Capodanno sono due grandi feste". Due occasioni in cui non bisogna assolutamente ripetere gli errori dell'estate, ammonisce il medico.

Massimo Galli: "Essere responsabili non significa diventare monaci"

"Dovremmo tutti abituarci all'idea che al sacrificio, anche pesante - precisa Galli - non può seguire il 'liberi tutti' almeno fino a che il benedetto vaccino, mi auguro, ci tolga dai piedi il problema" coronavirus. Essere responsabili "non vuol dire che gli italiani debbano diventare improvvisamente monaci di clausura - puntualizza l'infettivologo - ma è necessario che abbiano comunque delle cautele" e che facciano rinunce anche se pesano a tutti. Perché "io magari in discoteca non vado - sorride il primario - ma la cena con la famiglia allargata mi pesa non poterla fare. Però questa è una delle cose" da rimandare, anche considerando i rischi che corrono ad esempio "gli anziani me compreso", ha aggiunto Galli citando il caso di "un collega che ha esattamente la mia età ed è messo molto male".

"Le persone ci pensano prima di venire in ospedale"

 All’ospedale Sacco di Milano c’è “una situazione di pressione molto significativa"  ha detto poi Galli parlando dello stress sulle strutture saniterie. "L’ospedale è carico di pazienti e non ci sarà grande spazio nei prossimi giorni". 

“Stamattina abbiamo avuto 14 codici rossi, 21 codici gialli e 23 codici verdi – ha spiegato -. La proporzione parla da sola e la netta sensazione è che i codici verdi siano arrivati in ospedale dopo averci pensato un po’ e non avendo avuto risposte sufficienti ai loro problemi dal contesto territoriale. Le persone ci pensano due volte prima di venire inutilmente in ospedale".

Tra i medici più stanchezza che paura

Secondo l'infettivologo tra i medici  c'è più stanchezza che paura: "Si tratta del dover constatare che i molti sforzi fatti ci hanno portato ad una situazione fotocopia di quella che abbiamo già vissuto". 

"Possiamo discutere – ha spiegato - sul fatto che non si tratta di una fotocopia esatta, ci sono molte cose differenti, come l’insorgenza, le caratteristiche, la diffusione e l’età dei primi malati arrivati, ma la sostanza alla fine dei conti è questa: si poteva probabilmente evitare o contenere il fenomeno molto di più, c’è stato tanto lavoro perché questo potesse essere fatto, molto sacrificio condiviso di tutta la popolazione. Ritrovarci in questa condizione, in questo momento, è francamente difficile da ingoiare, ma si cerca di tenersi in piedi".

"Questa volta – ha aggiunto poi - abbiamo anche una fetta di personale che è a casa perché ‘colpito alle spalle’, non volutamente, perché infettato nel contesto familiare o da un contatto stretto e quindi impedito nel poter lavorare. Non è un fenomeno da poco, è ampiamente diffuso". 

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