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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Il presidio

Cosa c'entra l'utero in affitto con i diritti dei figli delle coppie Lgbt

Migliaia di persone sono scese in piazza a Milano per protestare contro lo stop del governo al riconoscimento dei bambini di coppie omogenitoriali

C'erano anche la neo leader del Pd Elly Schlein e l'ex fidanzata di Silvio Berlusconi, Francesca Pascale, tra le migliaia di persone che sono scese in piazza a Milano per protestare contro il governo e chiedere il riconoscimento dei diritti dei figli delle coppie dello stesso sesso. La mobilitazione, "Giù le mani dai nostri figli e dalle nostre figlie", è stata indetta dalle associazioni Lgbt dopo che il ministero dell'Interno ha inviato al Comune di Milano una circolare per bloccare la trascrizione all'anagrafe dei figli di coppie omogenitoriali, una procedura che il sindaco Giuseppe Sala aveva annunciato di voler far ripartire per garantire a questi bambini pari diritti rispetto ai figli di famiglie tradizionali. Per il ministero, tale pratica equivarrebbe a riconoscere la maternità surrogata, vietata per legge in Italia. Ma cosa c'entra l'utero in affitto con i diritti dei bambini?   

Il certificato europeo

Tutto nasce da una proposta di regolamento presentata dalla Commissione europea il 7 dicembre scorso che mira a "armonizzare le norme di diritto internazionale privato in materia di filiazione". Nelle sue premesse, Bruxelles chiarisce di non voler entrare nel diritto di famiglia, che rimane nelle mani esclusive dei singoli Stati: nessun obbligo di riconoscere le coppie gay, né tantomeno la maternità surrogata. L'intento, semmai, è di far rispettare i diritti dei bambini, a prescindere se figli di coppie gay o etero, nel passaggio da un Paese Ue all'altro. Secondo la Commissione, ci sarebbero 2 milioni di minori nell'Unione europea che vivono in una sorta di limbo: riconosciuti come figli in un determinato Stato Ue, ma non in quello di uno dei loro genitori.

Per loro, già oggi il diritto europeo prevede che "la filiazione accertata in uno Stato membro sia riconosciuta in tutti gli altri Stati membri per alcuni scopi: accesso al territorio, diritto di soggiorno, non discriminazione rispetto ai cittadini nazionali". Ma tale previsione si scontra con la burocrazia (e spesso la politica), oltre che con interpretazioni giuridiche discordanti: "Le famiglie devono talvolta avviare procedimenti amministrativi o anche giudiziari, che sono lunghi e costosi e possono avere risultati incerti", ricorda Bruxelles. Una sentenza della nostra Corte costituzionale del 2019, per esempio, aveva ritenuto non trascrivibile sul certificato di nascita italiano lo status genitoriale di uno dei due papà di un bambino nato all’estero. 

Da qui, il primo obiettivo del regolamento della Commissione, che è quello di rendere automatico il riconoscimento della filiazione nel rispetto della legge già in vigore. Per farlo, Bruxelles propone di istituire il Certificato europeo di genitorialità: questo documento potrà essere richiesto dai figli (o dai loro rappresentanti legali) allo Stato membro "che ha accertato la filiazione" e potrà essere utilizzato "come prova della filiazione in tutti gli altri Stati membri". Ma la Commissione fa anche un passo in più: oltre ai diritti già sanciti da sentenze della Corte Ue, il nuovo regolamento vuole consentire "ai figli di beneficiare in situazioni transfrontaliere dei diritti derivanti dalla filiazione ai sensi del diritto nazionale, in materie quali la successione, i diritti alimentari o il diritto dei genitori di agire in qualità di rappresentanti legali del minore (per motivi di scolarizzazione o di salute)".  

La maternità surrogata

Cosa c'entra tutto questo con la maternità surrogata? A sventolare il rischio che il nuovo regolamento apra a un presunto obbligo di riconoscimento della maternità surrogata (ma anche delle coppie gay) in tutta l'Ue sono stati in principio esponenti di alcune lobby pro-life e di partiti conservatori come il Pis polacco, il principale alleato di Fratelli d'Italia in Europa, da tempo impegnato in patria in una stretta contro l'aborto e i diritti Lgbt. Come abbiamo già spiegato, la Commissione ha già chiarito che un conto sono i diritti dei bambini, un altro è il riconoscimento delle coppie gay, cosa che non è prevista in alcun modo dal regolamento. 

Per quanto riguarda la maternità surrogata, nessun Paese Ue prevede espressamente il suo riconoscimento: la stragrande maggioranza, come l'Italia, lo vieta. Alcuni, come il Belgio o l'Olanda, prevedono solo il riconoscimento della maternità surrogata "non a fini commerciali", ossia senza che il patto provato tra una coppia e la madre surrogata preveda un pagamento. A ogni modo, come spiegato in una audizione al Senato dal Garante italiano per l'infanzia, Carla Garlatti, la proposta della Commissione Ue "non agevola, come qualcuno teme, il ricorso alla pratica della maternità surrogata. Infatti, esso non comporta un riconoscimento automatico della paternità o della maternità (del bambino nato da maternità surrogata, ndr), un automatismo che nel nostro ordinamento è impedito dalla contrarietà all’ordine pubblico. Il divieto non fa differenze: riguarda tanto le coppie omoaffettive quanto quelle eteroaffettive".

Semmai, il regolamento europeo è in linea con quanto "è stato affermato dalla giurisprudenza (italiana, ndr), compresa quella costituzionale, allo scopo di garantire comunque la tutela del minore nato da maternità surrogata. La giurisprudenza prevede infatti il ricorso all’istituto dell’‘adozione in casi particolari che attualmente, secondo la Corte costituzionale e la Suprema Corte, è in grado di offrire un’adeguata tutela al minore. Minore sul quale – è bene ricordarlo – non devono ricadere le conseguenze delle scelte dei genitori", ha concluso Garlatti.

La circolare del ministero dell'Interno

Fatti questi chiarimenti, va aggiunto che finora si tratta di processi alle intenzioni: quella di Bruxelles è una proposta che va ancora vagliata da Parlamento europeo e Stati membri. Eppure, tanto è bastato per scatenare le polemiche in Italia. Il Senato italiano si è già espresso contro la bozza della Commissione, con un tempismo quasi record considerato che l'iter legislativo del regolamento è ancora agli albori. In contemporanea, il Comune di Milano, già nel luglio scorso, aveva avvisato il Viminale dell'intenzione di far ripartire la registrazione all'anagrafe dei figli di coppie dello stesso sesso.

L'interlocuzione tra l'amministrazione guidata da Sala e il ministero è andata avanti per mesi, finché, a metà marzo, con una circolare diretta ai prefetti, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha sottolineato lo stop alle trascrizioni non solo dei certificati dei figli di due padri nati all'estero con maternità surrogata, ma dei figli di due madri nati in Italia. La decisione di basa su una sentenza della Cassazione che ha ribadito che "l'ordinamento italiano non consente il ricorso ad operazioni di maternità surrogata", aggiungendo però che alla prova dei fatti "le istanze di genitorialità, nondimeno, si rivelano difficilmente comprimibili" e il "divieto di gestazione per altri non argina il progetto di diventare genitori". Se da un lato, si legge, c'è "l’esigenza di salvaguardare i principi ispiratori dell’ordinamento giuridico italiano" dall'altro vanno tutelati gli interessi del bambino che "non ha colpa della violazione del divieto di surrogazione di maternità ed è bisognoso di tutela come e più di ogni altro".

Perché l'Europa non chiede di riconoscere l'utero in affitto

Le parole della Cassazione ricalcano quelle della Commissione europea, così come quella del Garante italiano dei minori: un conto è l'utero in affitto, un altro i diritti dei bambini. Eppure, i due piani continuano a essere confusi nel dibattito. "Le manifestazioni vanno benissimo, ma vorremmo vedere qualcuno manifestare anche contro il mercato transnazionale dell'utero in affitto e dei bambini", ha detto la ministra della Famiglia Eugenia Roccella rivolgendo i suoi pensieri alla piazza di Milano. 

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