Tutti gli omicidi di cui è responsabile Matteo Messina Denaro, morto oggi
Scompare l'ultimo esponente della mafia stragista. Nella sua vita da detenuto, è stato impeccabile ma non si è mai pentito. L'atteggiamento di sfida nei confronti dello Stato che lo ha guidato nei 30 anni di latitanza non lo ha mai lasciato
Con Matteo Messina Denaro, morto oggi in una blindatissima stanza dell'ospedale San Salvatore dell'Aquila dove era ricoverato da agosto, scompare l'ultimo esponente della mafia stragista. Lo ha stroncato, a 61 anni, un tumore al colon. "Mi avete preso per la malattia", aveva detto ai carabinieri che a gennaio lo hanno arrestato a Palermo all'esterno di una clinica specializzata in terapie oncologiche.
Nella sua vita da detenuto, Messina Denaro è stato impeccabile: libri, poca tv, le terapie somministrate all'inizio in un'infermeria ricavata accanto alla cella. L'ultimo padrino è morto però senza mai pentirsi, l'atteggiamento di sfida nei confronti dello Stato che lo ha guidato nei 30 anni di latitanza non lo ha mai lasciato. Sulle sue spalle le condanne all'ergastolo per le stragi del 1992 a Capaci e in via D'Amelio, ma anche per le bombe del 1993 a Firenze, Roma e Milano. Era accusato di decine di omicidi. Di alcuni era ritenuto mandante, di altri esecutore materiale.
C'è Matteo Messina Denaro dietro l'omicidio di Nicola Consales, proprietario di un albergo di Triscina, nel comune di Castelvetrano, che si sarebbe lamentato della continua presenza del mafioso e dei suoi amici nella sua struttura. Messina Denaro è poi tra gli esecutori materiali dell’omicidio di Vincenzo Milazzo, capomafia di Alcamo che sembrava volersi ribellare all'autorità di Riina, e della compagna del mafioso, Antonella Bonomo. Messina Denaro era parte del commando responsabile del fallito attentato contro il vicequestore Calogero Germanà a Mazara del Vallo. Il delitto più feroce è quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, che venne rapito, strangolato e sciolto in un fusto di acido per vendetta nei confronti del padre che aveva deciso di collaborare con la giustizia.
Nei mesi di detenzione, Messina Denaro ha incontrato i magistrati tre volte. Ha accettato di rispondere alle domande del procuratore Maurizio de Lucia, dell'aggiunto Paolo Guido, dei pm Gianluca de Leo e Piero Padova e a quelle del gip Alfredo Montalto. "Io non mi pento", ha subito messo in chiaro. Ha ammesso solo quel che non poteva negare, come il possesso della pistola trovata nel covo. Tutto il resto è stato negato: l'appartenenza a Cosa Nostra, le stragi, i traffici di droga. "Stavo bene di famiglia", ha spiegato ribadendo che comunque dei suoi beni, tutti ancora da trovare, non avrebbe parlato.
Messina Denaro ha negato di avere dato l'ok all'omicidio di Giuseppe Di Matteo. "Una cosa fatemela dire: forse è la cosa a cui tengo di più. Io non sono un santo, ma con l'omicidio del bambino non c'entro. Non voglio fare la vittima... Mi possono mettere pure in croce nella vita, ma io il bambino non l'ho ucciso. Non ho più niente da perdere nella vita, anche perché sto perdendo la vita stessa, però desideroso che mi restino i miei principi...", le parole del boss.
"Ancora devo metabolizzare la notizia. Con sé si porta dietro tanti segreti. Ero certo che non avrebbe collaborato", dice oggi all'Adnkronos Nicola Di Matteo, fratello di Giuseppe. Nelle ore immediatamente successive all'arresto di Messia Denaro, Di Matteo aveva spiegato: "Mi auguro che possa vivere il più a lungo possibile per avere una lunga sofferenza, la stessa che ha imposto a mio fratello, un ragazzino innocente". Oggi la notizia della fine del capomafia non gli provoca "nessun sollievo". "Da credente non avrei potuto augurargli la morte. Non si può augurarla a nessuno se si ha un po' di umanità, ma se fosse rimasto in vita sofferente avrebbe forse capito il dolore enorme che ci ha inflitto". Ma per Nicola Di Matteo "il perdono è impossibile".
Cosa succede dopo la morte di Messina Denaro
Messina Denaro, come detto, è morto in ospedale. Da giorni era in coma irreversibile. Il decesso poco prima delle 2. Il corpo del padrino è stato poi spostato in uno dei sotterranei dell'obitorio dell'ospedale aquilano, che dista non più di cento metri dalla camera-cella nella quale era ricoverato dallo scorso 8 agosto.
Fuori dall'obitorio qualche telecamera, pochi fotografi e pochi giornalisti, ma una presenza compatta di tutte le forze dell'ordine. Non ci sono curiosi, ma solo addetti ai lavori a presidiare l'ingresso. Sono nel frattempo iniziati gli adempimenti burocratici per la richiesta di trasferimento della salma del boss Matteo Messina Denaro dall'ospedale a Castelvetrano, dove sarà sepolto. Il corpo dovrebbe essere sottoposto ad autopsia e soltanto dopo essere trasportato in Sicilia.
Messina Denaro è stato il boss della transizione tra vecchia e nuova mafia. Era un fedele estimatore della "tradizione", rappresentata dal padre Francesco morto da latitante nel 1998, ma si era aperto alle nuove frontiere criminali dall'economia alla politica circondandosi, come ha osservato il procuratore Maurizio de Lucia dopo la cattura, di tanti esponenti della "borghesia mafiosa" che gli assicuravano ogni copertura.
"Muore un uomo che ha fatto tanto male alla sua terra. Ci vorranno decenni ancora, prima che culturalmente si ponga fine a una mentalità, a una cultura, talvolta dilagante, di illegalità, di impunità, che lui e i suoi accoliti e altri prima di loro, hanno coltivato per troppo tempo", dice oggi il sindaco di Castelvetrano Enzo Alfano. "Avrebbe potuto redimersi, non solo cristianamente, e fare nomi e raccontare fatti di cui è stato autore, artefice e mandante. Non l'ha fatto - aggiunge -. Ed è un vero peccato per la giustizia. Un pensiero di vicinanza umana voglio esprimerlo alla figlia Lorenza, riconosciuta nelle ultime settimane, che reputo vittima innocente della situazione. Auspico che si chiuda definitivamente un capitolo e un libro tristissimo per questo straordinario territorio, pieno di grande storia e potenzialità mai dispiegate fino in fondo, perché avvolto da una cappa soffocante che ha tenuto ben lontano tanti imprenditori seri e investimenti puliti".
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