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Venerdì, 19 Aprile 2024
La volontaria dottoressa / Ucraina

La dottoressa volontaria in Ucraina: "Ormai non abbiamo più paura"

Tetyana Kovalenko è andata vicino a Irpin e Hostomel per aiutare i soldati e i civili feriti durante la guerra e l'occupazione russa di quei territori. Ora è in Italia ma pronta a ripartire per Kyiv

In Italia da oltre vent'anni, quando in Ucraina è scoppiata la guerra Tetyana Kovalenko ha deciso di mettersi in aspettativa e partire per il suo paese d'origine come dottoressa volontaria nella periferia di Kyiv, vicino a Irpin e Hostomel. Ora è di nuovo in Lombardia, dove vive, ma mercoledì 4 maggio tornerà alla volta di Kyiv per riunirsi ai 'battaglioni ospedalieri': equipaggi di volontari in ambulanza per soccorrere i feriti di guerra. In prevalenza soldati, nel loro caso, ma anche civili. E animali. Il suo battaglione (formato da decine di equipaggi) è diretto dalla deputata e veterana di guerra Yana Zinkevych. La incontriamo a Milano, alla Fabbrica del Vapore, in occasione della mostra fotografica 'Kyiv Review' di Enzo Dell'Acqua, aperta fino all'8 maggio.

Dottoressa volontaria in Ucraina

"In Ucraina sono un medico d'emergenza, una specializzazione a metà tra l'infermiere e il medico, e in Italia sono interprete ufficiale al tribunale di Como", racconta Kovalenko a Today. La donna è partita per Kyiv il 27 febbraio, tre giorni dopo l'inizio della guerra, mentre la sua regione natale, Chernihiv, era già occupata dall'esercito russo. Una volta arrivata nella capitale, si è rivolta a coloro che organizzano i volontari ospedalieri. Gli equipaggi sono formati da un comandante, un autista, un soldato che funge da coprifuoco, un paramedico e un medico. Lei ha svolto quest'ultimo ruolo. Ed è stata mandata, col suo equipaggio d'ambuanza, vicino a Irpin e Hostomel, due delle località maggiormente colpite dalla guerra, proprio nelle settimane della devastante occupazione russa.

Tra Kyiv e Irpin

"Non siamo mai entrati né a Irpin né a Hostomel", racconta ancora la dottoressa: "Eravamo vicino ai battaglioni che combattevano e avevamo il compito di portare il soldato ferito fuori dall'area di pericolo, stabilizzarlo in ambulanza, ad esempio con un catetere o fornendogli i liquidi se aveva perso molto sangue, e infine, quando non era più in pericolo di vita, portarlo in ospedale". Alcune volte c'era la possibilità di scegliere l'ospedale di destinazione, altre volte bisognava portare il ferito nel posto più vicino.

All'equipaggio della dottoressa non è mai capitato di salvare soldati russi, ma lo avrebbero fatto: "In una situazione del genere non è facile, ma è un nostro preciso dovere medico e in tal senso avevamo un ordine specifico da parte del comandante". Le persone da salvare erano dunque prevalentemente militari ucraini feriti, ma succedeva anche di soccorrere civili e perfino animali: "Con i vetri e le schegge dappertutto, si ferivano anche loro".

La paura è svanita

La paura è una sensazione ormai svanita. "Ne ho avuta tanta all'inizio, quando mi hanno fatto firmare un foglio in cui mi chiedevano di scrivere la mia religione, come e dove volevo essere seppellita e se avevo segni di riconoscimento come cicatrici o tatuaggi. Quella volta mi sono spaventata", spiega Kovalenko, che pure nei quaranta giorni nella periferia di Kyiv ha vissuto i bombardamenti e, all'inizio, ha trascorso una settimana di esercitazione di tattica militare, imparando a usare un kalashnikov per ogni evenienza. "C'erano momenti tranquilli, altri in cui eravamo costretti a stare dentro una trincea, dopo averla scavata apposta. In quel caso non potevamo uscire nemmeno per salvare qualcuno. Una di queste volte, sopra di noi volava un drone e siamo stati scoperti e bombardati. Al mattino, quando siamo usciti, abbiamo visto buche da artiglieria pesante a venti metri da dove eravamo".

"Il mio popolo è unito"

Nonostante il rischio, Kovalenko è pronta a tornare. Questa volta non resterà a Kyiv ma verrà mandata in zone dell'Ucraina dove sono vivi i combattimenti, dove c'è più bisogno di medici e paramedici. Il suo programma è restare due mesi, poi si vedrà. "La cosa che mi ha colpito di più, a me che vivo in Italia da più di vent'anni, è stata vedere l'unità del mio popolo. L'ho detto ad alcuni ucraini e loro, come risposta, mi hanno fatto notare che anch'io, all'estero da tanto tempo, sono tornata a portare il mio aiuto. Abbiamo uno spirito di unità molto forte. A Chernihiv, nella mia regione, i civili disarmati si sono diretti verso i soldati russi. Avere questo coraggio non è facile. Non sei in un territorio pacifico ma in un'atmosfera di guerra".

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