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Venerdì, 29 Marzo 2024
Il racconto dell'orrore / Agrigento

Allucinazioni e delirio tra i migranti alla deriva: "Pensavano di essere tutti morti"

Gli operatori di Medici senza frontiere descrivono le condizioni delle 42 persone approdate a Lampedusa il 3 febbraio scorso dopo essere stati per dieci giorni alla deriva, con anche otto cadaveri sul barchino

Stremati fisicamente e mentalmente, in preda alle allucinazioni, incapaci perfino di capire dove si trovavano e se erano vivi o morti. Sono queste le condizioni in cui sono i migranti approdati a Lampedusa il 3 febbraio scorso dopo essere stati per dieci giorni alla deriva, con anche otto cadaveri sul barchino. A descrivere il loro stato sono gli operatori di Medici senza frontiere, che hanno prestato un primo soccorso psicologico.

A Lampedusa sono arrivati in 42. Ci sono ancora dispersi: un neonato caduto in mare dalle braccia della madre morta e suo zio, che si è tuffato per tentare di recuperarlo.

Msf ha svolto un primo intervento di soccorso psicologico, in collaborazione con le autorità locali e nazionali, ai superstiti. Non riuscivano nemmeno a camminare, tanto era il dolore, fisico e psicologico: male allo stomaco, perché avevano bevuto acqua di mare, e alle ossa. Molti avevano allucinazioni e delirio. Gli operatori sono rimasti con loro per quattro giorni, fornito un telefono per comunicare con le famiglie, una Bibbia e un Corano per pregare.

La madre muore di freddo, il neonato cade in acqua e annega

"Non è stato un naufragio in senso stretto, avevano perso la rotta e sono stati per giorni alla deriva. Pensavano di essere tutti morti, non sapevano nemmeno dove fossero - racconta Marina Castellano, responsabile medico -. Solo uno di loro ci ha raccontato che in quei momenti sapeva di dover essere presente a se stesso perché era l'unica cosa che li poteva salvare. Alla fine un peschereccio ha fornito dell'acqua e chiamato i soccorsi, la Guardia Costiera li ha salvati e portati a Lampedusa alle 2 di notte del 3 febbraio. Parlando con noi hanno definiti 'angeli'".

Per ogni persona i medici di Msf scrivono un certificato di vulnerabilità, in cui si raccomanda al Centro di attivare un soccorso psicosociale.

"Quando le persone restano in mare così tanto tempo è talmente traumatico che molti hanno delirio, allucinazioni - spiega Mara Eliana Tunno, psicologa -. Il nostro intervento è solo un primo soccorso psicologico, per contenere le situazioni gravi, abbiamo un telefono a disposizione per chiamare le famiglie, dare le notizie sui decessi". "Sono persone anche molto resilienti - aggiunge - È  stato bello vedere i miglioramenti in due-tre giorni, anche se si tratta di un evento traumatico che porteranno sempre con sé. L'intervento non si può fermare lì - conclude Tunno - ci vogliono anni di terapia per guarire da queste cicatrici".

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