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Sabato, 20 Aprile 2024
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L'Italia ferma i pattugliamenti congiunti della polizia con la Cina

Le parole di Piantedosi irrompono in un clima di perplessità e tensione, dopo il report pubblicato dall'ong di Madrid, Safeguard Defenders, che ha rivelato l'esistenza in tutto il mondo di 102 "stazioni" di polizia cinese, di cui ben 11 solo in Italia

"Quelli dei pattugliamenti congiunti" di polizia con la Cina "sono dei memorandum standard, che riguardano anche altri paesi. E infatti posso dire che quelle forme di collaborazione non verranno più praticate, né replicate in altre forme". Con queste parole rilasciate al quotidiano Il Foglio, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi solleva ogni dubbio sulla possibilità di riavviare la cooperazione dei pattugliamenti congiunti di polizia tra Italia a Cina.

L'intento era allora chiaro: "Chi volle introdurli (i pattugliamenti di polizia congiunta, ndr), immaginò forse una convenienza nella collaborazione con le istituzioni di quel paese". Secondo il titolare del Viminale, quindi, la scelta di portare avanti questi accordi è stata dettata dalla volontà di stingere una relazione più forte tra Roma e Pechino. "Del resto - ha proseguito il ministro -, questo è un governo che, come alcuni criticamente osservano, si configura come sovranista: potrebbe mai accettare che proprio sul fronte del controllo del territorio ci fossero delle cessioni, sia pur potenziali, di sovranità?", domanda ironicamente Piantedosi.

Le parole del ministro irrompono in un clima di perplessità e tensione, dopo il report pubblicato dall'ong di Madrid, Safeguard Defenders, che ha rivelato l'esistenza in tutto il mondo di 102 "stazioni" di polizia cinese, di cui ben 11 solo in Italia. Piantedosi, durante il question time del 7 dicembre scorso alla Camera, nel rispondere a una interrogazione sull'apertura di centri della polizia cinese sul territorio italiano (Magi-Misto-Più Europa), aveva affermato che al Dipartimento della pubblica sicurezza "non risulta alcuna autorizzazione" dell'attività di centri cinesi dedicati al disbrigo di pratiche amministrative in Italia. Allora, il titolare del Viminale aveva però smentito la correlazione tra la presenza dei centri di polizia cinese e gli accordi di cooperazione di polizia e i pattugliamenti congiunti tra Italia e Cina che si sono svolti dal 2016 al 2019. Le operazioni di pattugliamento si erano interrotte a seguito dello scoppio della pandemia di Covid.

Cosa farà il governo con le stazioni di polizia cinese in Italia?

Cosa sono i pattugliamenti di polizia italo-cinese?

Per capire cosa siano questi pattugliamenti congiunti di polizia, bisogna riavvolgere il nastro a più di sei anni fa. Nel 2015, il governo italiano ha firmato l'accordo sui pattugliamenti congiunti tra forze di sicurezza italiane e cinesi nelle città italiane con maggiore presenza di cittadini cinesi, in base "al memorandum d'intesa sottoscritto all'Aia il 24 settembre tra il ministero dell'Interno e il corrispondente dicastero della Pubblica sicurezza della Repubblica Popolare Cinese", si legge sul sito del ministero dell'Interno in un articolo pubblicato nel maggio del 2016 per promuovere l'iniziativa partita proprio in quel periodo.

L'articolo inoltre raccontava: "I poliziotti cinesi, prima di sbarcare in Italia, hanno seguito un training formativo a Pechino tenuto da ufficiali e funzionari italiani. I pattugliamenti congiunti inizieranno nelle città di Roma e Milano e saranno coordinati operativamente dalle questure e dai comandi provinciali dei Carabinieri. I poliziotti cinesi presteranno servizio con le proprie uniformi per essere ben riconoscibili dai propri connazionali".

Perché ci sono delle stazioni di polizia cinesi in Italia

L’accordo per i pattugliamenti congiunti tra Forze dell’ordine italiane e cinesi è stato firmato il nel 2015 (e lanciato nel 2016), nel contesto di una riunione dell’Europol all’Aia, dall’allora direttore centrale della polizia criminale, il prefetto Antonino Cufalo, e il direttore generale del Dipartimento per la cooperazione internazionale del ministero della Pubblica sicurezza cinese, Liao Jinrong.

L'intesa ha permesso per quattro anni consecutivi di vedere sfilare poliziotti italiani in compagnia dei loro colleghi cinesi a Roma, Milano, Torino e Venezia, ma solo in aree "di interesse turistico per i turisti cinesi". Solo dal 2018, i pattugliamenti hanno coperto le strade di città come Prato, oppure Padova, quindi fuori dai circuiti turistici tradizionali cinesi, ma in aree con altissima densità di immigrazione cinese.

Qual è la correlazione tra "stazioni" e pattugliamenti di polizia 

Da qui l'allarme fatto scattare dalla Safeguard Defenders. La prima stazione di polizia cinese non ufficiale in Italia è stata infatti istituita a Milano a seguito di un accordo del 2015 preso con il ministero della Pubblica Sicurezza cinese sui pattugliamenti congiunti, che avrebbe contribuito direttamente allo stabilimento di stazioni "pilota" nel capoluogo lombardo nel 2016, da parte della polizia di Wenzhou. Nel 2018, poco dopo il rafforzamento dell'accordo sul pattugliamento congiunto italo-cinese tra le strade milanesi (così come in quelle romane), anche la pubblica sicurezza di Qingtian ha istituito un ufficio "pilota" a Milano.

In Italia ci sono 11 stazioni di polizia cinese non autorizzate

Insomma, il capoluogo lombardo ha fatto da apripista alle operazioni di "stazioni" di polizia in Italia: queste stazioni rappresentano una minaccia per la sicurezza e la sovranità territoriale dei paesi in cui sono presenti, oltre a rappresentare uno strumento per perseguire la caccia del governo cinese ai dissidenti.

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