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Giovedì, 25 Aprile 2024
Le indagini / Verbano-Cusio-Ossola

Mottarone, gli operai della funivia: "Tadini ordinava di bloccare i freni. Diceva: la fune non si spezza"

Le testimonianze dei lavoratori dell'impianto sono contenute nell'ordinanza con cui il gip ha deciso gli arresti domiciliari per il capo servizio: "Ha agito con una leggerezza sconcertante, potrebbe rifarlo"

''Era Gabriele Tadini ad ordinare di mettere i ceppi che evitano che l'impianto frenante entri in azione'': la testimonianza arriva direttamente da uno degli operai dell'impianto della funivia del Mottarone dove domenica scorsa la rottura della fune traente e l'assenza del sistema di freni sulla cabina 3 ha provocato la morte di 14 persone. Le dichiarazioni degli operai sono contenute nell'ordinanza con cui il gip di Verbania Donatella Banci Buonamici ha deciso i domiciliari per il capo servizio Gabriele Tadini e la libertà (restano indagati) per il gestore della struttura Luigi Nerini e il direttore di esercizio Enrico Perocchio, tirati in ballo dalla confessione di Tadini.

Mottarone, gli operai: "Ceppi installati dal 26 aprile"

"L'installazione di questi ceppi è avvenuta già dall'inizio della stagione di quest'anno, esattamente il 26 aprile. Vi era infatti un problema all'impianto frenante della cabina numero 3, per cui era stato richiesto l'intervento di una ditta specializzata, che però non aveva risolto il problema", dice a verbale uno degli operai della funivia a lavoro la mattina del disastro. "Tadini ha ordinato di far funzionare l'impianto con i ceppi inseriti anche se non erano garantite le condizioni di sicurezza necessarie (...). La cabina numero 3 era solita circolare con i ceppi inseriti già da parecchio tempo, per evitare l'inserimento del freno d'emergenza durante la corsa e impedire così il funzionamento dell'intero impianto", sono le rivelazioni confermate, in sostanza, da altri quattro operai sentiti dai carabinieri che indagano sulle cause dell'incidente. Il problema del calo di pressione al sistema frenante è noto a tutti e due interventi sono eseguiti dalla società Rvs di Torino alla quale la Leitner (incaricata della manutenzione) aveva affittato in subappalto gli interventi sulle centraline dei sistemi frenanti. Un dipendente, si legge sempre a verbale, chiede a Tadini se non è rischioso lasciare inseriti i forchettoni che impediscono di frenare in caso di emergenza, ottenendo come risposta: "'Prima che si rompa una traente o una testa fusa ce ne vuole'. Ricordo bene queste parole, a queste parole non ho replicato anche perché è lui il mio responsabile". Aggiunge che in passato fece riferimento direttamente al gestore di un problema, ma "Luigi Nerini ascoltava solo quello che gli diceva Gabriele Tadini".

La catena sembra abbastanza chiara leggendo i verbali dei dipendenti. Le anomalie e le richieste di intervento "vengono direttamente segnalate al responsabile dell'impianto che è Tadini, il quale poi provvederà ad avvisare il direttore dell'impianto Perocchio e successivamente verrano contattate le ditte esterne" per le sostituzioni. Tadini, ascoltato come testimone diventato indagato, sostiene che la sua decisione di usare i forchettoni era avallata da Nerini e Perocchio. "Nessuno mi ha detto di andare avanti con il sistema frenante disattivato, ma mi hanno detto comunque vai avanti", dice davanti ai magistrati. C'è un solo dipendente che in parte rende dichiarazioni sulla consapevolezza del gestore e dell'ingegnere, ma è l'operaio che quella domenica mattina risponde all'ordine di rimuovere i ceppi quindi "ben sapeva del rischio di essere lui stesso incriminato per aver concorso a causare con la sua condotta, che avrebbe potuto benissimo rifiutare, la morte dei 14 turisti.

Il gip: ''Da Tadini una leggerezza sconcertante, potrebbe rifarlo''

Secondo il gip, il capo servizio dell'impianto della funivia del Mottarone, Gabriele Tadini, deve rimanere ai domiciliari per il pericolo di reiterazione del reato, dato che "per lungo tempo" disattivando il sistema frenante di emergenza sulla cabina numero 3. ''Ha attuato una condotta scellerata – scrive il giudice - della quale aveva piana consapevolezza, posta in essere in totale spregio della vita umana con una leggerezza sconcertante".

Incidente funivia Stresa-Mottarone: "Il freno d'emergenza disattivato più volte negli anni, tutti sapevano"

Per il gip, che ha smantellato l'impianto accusatorio fondato sulle dichiarazioni del capo servizio, il modo di agire di Tadini induce a ritenere che "non abbia la capacità di comprendere la gravità delle proprie condotte e che, trovandosi in analoghe situazioni reiteri con la stessa leggerezza altre condotte talmente pregiudizievoli per la comunità" si legge nel provvedimento di 23 pagine. I domiciliari vengono concessi visto che è incensurato, per la confessione resa e il contesto familiare in cui vive.

''Incolpa gli altri per condividere il peso dei morti''

"Tadini sapeva perfettamente che il suo gesto scellerato (bloccare i freni sulla cabina, ndr) aveva provocato la morte di 14 persone, Tadini sapeva che sarebbe stato chiamato a rispondere, anche e soprattutto in termini civili del disastro causato in termini di perdita di vite umane. Allora perché non condividere questo immane peso, anche economico, con le uniche due persone che avrebbero avuto la possibilità di sostenere un risarcimento danni?". Per il gip di Verbania Donatella Banci Buonamici, il capo servizio della funivia del Mottarone non è un testimone attendibile ma è un indagato mosso da un interesse, ossia incolpare il gestore dell'impianto Luigi Nerini e l'ingegnere Enrico Perocchio direttore di esercizio per poter evitare in parte le conseguenze di quanto confessato al procuratore capo Olimpia Bossi e al pm Laura Carreri.

incidente funivia mottarone vvff-2

"Tadini sapeva benissimo che chiamando in correità i soggetti forti del gruppo il suo profilo di responsabilità se non escluso sarebbe stato attenuato" si spiega nell'ordinanza dal giudice che non ritiene convincente la motivazione economica fornita da Tadini contro Nerini e Perocchio. Quest'ultimo è dipendente della Leitner, percepisce 127 mila euro l'anno per la manutenzione dell'impianto del Mottarone, "perché avrebbe dovuto rifiutare di intervenire per la manutenzione? La Leitner aveva tutto da perdere dal malfunzionamento della funivia" e Perocchio da perdere in termini di "professionalità e manutenzione".

Per il giudice - che non convalidato il fermo di Nerini e Perocchio e ha deciso i domiciliari per Tadini - non è ipotizzabile che per non fare un intervento di manutenzione, il terzo era già in programma se non ci fosse stata la tragedia, la Leitner abbia corso un rischio così grande. Anche ipotizzare che il gestore Nerini abbia fatto pressione a Tadini per lasciare l'impianto aperto e non perdere gli incassi appare "non convincente", visto che il mese di maggio è bassa stagione e "sarebbe stato sicuramente questo il momento per sospendere qualche giorno il servizio per provvedere alla manutenzione e risolvere definitamente il problema", conclude il giudice.

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