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Sabato, 20 Aprile 2024
Gli effetti dell'epidemia

Covid, nascite al minimo e record di morti: sparita una città come Firenze

L'epidemia non ha fatto che accentuare la tendenza al declino della popolazione: nel 2020 i residenti sono diminuiti di 384mila unità. La dinamica demografica durante l'emergenza coronavirus fotografata nell'ultimo Rapporto Istat 

Nascite al minimo ed tanti, troppi morti.Gli effetti della pandemia sulla situazione demografica italiana si rispecchiano in un numero: al 31 dicembre 2020 la popolazione residente è diminuita di 384mila unità. Come se fosse sparita nel nulla una città grande quanto Firenze.

Sono i dati contenuti nel rapporto Istat 'La dinamica demografica durante la pandemia covid-19- anno 2020', che mostrano gli effetti negativi provocati dall'emergenza sanitaria, che ha contribuito ad amplificare la tendenza al declino di popolazione in atto dal 2015''. Un calo drastico, provocato dal crollo delle nascite e del record dei decessi, oltre che dal blocco dei movimenti migratori.

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Il minimo storico delle nascite

Nel 2020 è stato registrato il record negativo di nascite dall'unità d'Italia, superando il precedente primato, relativo al 2019: gli iscritti in anagrafe per nascita sono stati appena 404.104, quasi 16 mila in meno rispetto al 2019 (-3,8%). La geografia delle nascite mostra un calo generalizzato in tutte le ripartizioni, più accentuato al Nord-ovest (-4,6%) e al Sud (-4,0%). I tassi di natalità pongono la provincia autonoma di Bolzano al primo posto con 9,6 nati per mille abitanti e la Sardegna all'ultimo con il 5,1 per mille.

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"In tutti i mesi del 2020 si registrano valori percentuali inferiori a quelli dello stesso periodo del 2019, ad eccezione di febbraio con il 4,5% in più, in parte dovuto al giorno in più nel calendario 2020. Il calo delle nascite -spiega l'Istat- si accentua nei mesi di novembre e soprattutto di dicembre (-10,3%), il primo mese in cui si possono osservare eventuali effetti della prima ondata epidemica".

Record di morti: mai così tanti dal secondo dopoguerra

Ad aggiungersi al calo delle nascite, nel 2020 è stato registrato anche un altro triste record, quello dei decessi, ovviamente condizionato dall'impatto dell'epidemia. Nel 2020 i decessi in totale ammontano a 746.146, il numero più alto mai registrato dal secondo dopoguerra, con un aumento rispetto alla media 2015-2019 di oltre 100 mila unità (+15,6%).

"Se nei mesi di gennaio e febbraio 2020 – spiega l'Istat - i decessi nel complesso sono stati inferiori di circa 7.600 unità rispetto a quelli registrati in media nello stesso bimestre degli anni 2015-2019, dall'inizio della crisi sanitaria (marzo 2020) a fine anno si è osservato un eccesso di morti del 21% rispetto alla media dello stesso periodo dell'ultimo quinquennio. I decessi Covid-19 sono stati quasi 76 mila, il 10,2% dei decessi totali a livello medio nazionale (il 70% dell'eccesso complessivo). Il Nord, con il 14,5% sul totale dei morti, registra il maggior peso percentuale, il doppio rispetto al Centro (6,8%) e al Mezzogiorno (5,2%)".

"Nel corso della prima ondata dell'epidemia (marzo-maggio 2020) i decessi a livello nazionale sono stati 211.750, quasi 51 mila in più rispetto alla media dello stesso periodo dei 5 anni precedenti (+31,7%). Di questi, i decessi di persone positive al Covid-19 registrati dalla Sorveglianza integrata ammontano a 34.079 (il 67% dell'eccesso totale). L'aumento di decessi -rileva l'Istat- si è concentrato nelle regioni del Nord (+61,1% nel complesso del periodo), dove si sono sfiorate punte del 95% a marzo e del 75% ad aprile".

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Record di morti: la regione più colpita è la Lombardia

È soprattutto la Lombardia, rileva ancora l'Istat, a sperimentare il bilancio più pesante (+111,8%); per tutte le altre regioni del Nord l'incremento dei morti del periodo marzo-maggio è compreso tra il 42% e il 53%. Solamente il Veneto e il Friuli Venezia Giulia si distinguono per un surplus di decessi più contenuto (rispettivamente +19,4% e +9,0%). Al Centro spiccano le Marche che, con il +27,7% di eccesso di morti, si discostano in modo rilevante dall'incremento medio della ripartizione (+8,1%). Nel Mezzogiorno solo l'Abruzzo e la Puglia (+11,6% entrambe) fanno rilevare valori ben al di sopra di quello medio dell'intera area (+5,1%).

Nei mesi della fase di transizione (giugno-settembre), in cui l'epidemia ha rallentato, si assiste a una diminuzione della mortalità in tutte le ripartizioni, con valori di poco superiori a quelli di riferimento del periodo 2015-2019. Dei 203 mila morti dell'intero periodo solo 1.833 sono ascrivibili al Covid-19.

A partire da ottobre, la rapida ed estesa diffusione nella stagione autunnale della seconda ondata dell'epidemia Covid-19 ha dato luogo a un nuovo drammatico incremento dei decessi rispetto ai livelli medi dell'ultimo trimestre degli anni 2015-2019. 

Nel periodo ottobre-dicembre 2020 si contano in totale 213.226 decessi, oltre 52 mila in più rispetto alla media 2015-2019, 39.927 da Covid-19 (il 77% dell'eccesso totale). A livello nazionale, se l'incremento dei decessi negli ultimi mesi del 2020 è in linea con quello della prima ondata (+32,3%), evidenzia l'Istat, si osserva una distribuzione geografica profondamente cambiata. Sebbene il prezzo più alto in termini di eccesso di mortalità sia pagato ancora una volta dal Nord (+40,0%), diventa consistente anche nelle regioni del Centro (+24,2%) e del Mezzogiorno (+26,1%), relativamente risparmiate durante la prima fase grazie alle rigide misure di lockdown nazionale, che si sono trovate a fronteggiare per la prima volta un incremento importante di decessi per Covid-19. 

L'eccesso di mortalità nell'ultimo trimestre rispetto alla media degli anni 2015-2019 è superiore a quello della prima ondata in molte regioni del Nord: Valle d'Aosta (+63,7%), Piemonte (+53,0%), Veneto (+44,4%), Friuli Venezia Giulia (+45,6%) e Provincia autonoma di Trento (+65,4%). Al contrario in Lombardia (+37,1%), Emilia Romagna (+25,4%), Liguria (+33,9%) e provincia autonoma di Bolzano (+39,1%) l'aumento di decessi della seconda ondata epidemica è più basso di quello di marzo-maggio. Tra le regioni del Mezzogiorno spiccano Sardegna (+34,9%) e Puglia (+30,5%).

Calano anche i movimenti migratori

Un altro dato che ha inevitabilmente contribuito al calo demografico registrato in Italia nel 2020 è il crollo dei movimenti migratori: lo scorso anno si contano in totale 1.586.292 iscrizioni in anagrafe e 1.628.172 cancellazioni.  Mettendo a confronto l'andamento dei flussi migratori nelle quattro fasi in cui si può dividere convenzionalmente il 2020 (pre-Covid, prima ondata, fase di transizione, seconda ondata) con la media dei corrispondenti periodi degli anni 2015-2019, emergono significative variazioni. 

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I movimenti tra comuni, che hanno coinvolto circa 1 milione e 300 mila persone, rileva l'Istat, dopo una variazione positiva registrata nei mesi prima dell'emergenza sanitaria (+8,4% le iscrizioni e +7,1% le cancellazioni), si riducono drasticamente durante la prima ondata (-35,3% le iscrizioni e -36,9% le cancellazioni) a causa del lockdown di marzo che ha ridotto al minimo la mobilità residenziale. Durante la fase di transizione si ha una ripresa che riporta i trasferimenti tra comuni ai livelli di incremento pre-Covid (+8,3% le iscrizioni e +4,7% le cancellazioni) mentre nel corso della seconda ondata, senza blocchi generalizzati alla mobilità l'impatto è stato poco rilevante (+5,8% iscrizioni e +6,2% cancellazioni).

Le ripercussioni sono state molto più rilevanti sui movimenti migratori internazionali. Le iscrizioni dall'estero (220.533 nell'anno 2020), già in calo nel 2019 per la componente straniera, mostrano una diminuzione nei primi due mesi dell'anno (-8,8%) per poi crollare durante la prima ondata (-66,3%) e recuperare lievemente (ma sempre con una variazione negativa) nel corso dell'anno (-23,3% nella fase di transizione e -18,2% nella seconda ondata). Le cancellazioni verso l'estero (141.900 in totale), invece, evidenziano uno slancio di partenze nella fase pre-Covid (+20%), una consistente riduzione durante la prima ondata (-37,3%), una lievissima ripresa durante la fase di transizione (+0,8%) e un ulteriore crollo in corrispondenza della seconda ondata (-18,4%).

Matrimoni dimezzati nel 2020: -47,5%

Un capitolo del Rapporto Istat è invece dedicato al crollo dei matrimoni: "L'osservazione dei dati, seppure provvisori, dei matrimoni e delle unioni civili celebrate nei comuni italiani nel corso del 2020 rivela un crollo significativo: i matrimoni, già in calo nel 2019, si riducono del 47,5% nel confronto con l'anno precedente, attestandosi a 96.687. A diminuire sono soprattutto i matrimoni religiosi (-68,1%) ma anche quelli civili registrano una perdita di quasi il 29%". 

"Se nel periodo gennaio-febbraio 2020 i matrimoni mostrano addirittura un aumento percentuale rispetto allo stesso bimestre del 2019 (+10,7%), trainato probabilmente da un effetto calendario del mese di febbraio (presenza di un giorno in più), è con l'inizio di marzo che si assiste a una drammatica inversione di tendenza. Le misure di contenimento del contagio, introdotte in concomitanza della prima ondata tra marzo e maggio 2020 (sospensione delle cerimonie civili e religiose, limitazioni alla mobilità delle persone, divieto di organizzare eventi), hanno avuto dirette ripercussioni sulle celebrazioni dei matrimoni producendo un calo di quasi l'81% rispetto allo stesso trimestre del 2019 (96,6% i matrimoni religiosi, -70,4% quelli civili). A partire dalla metà di maggio, l'attenuazione di alcune misure restrittive produce qualche effetto di ripresa solo per i matrimoni civili, che restano tuttavia ben sotto la media mensile del 2019 (-65,1%)".

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"Nella fase di transizione (giugno-settembre 2020) -aggiunge l'Istat- con la contestuale riapertura di tutte le attività commerciali e dei movimenti sul territorio nazionale, non si osserva un significativo recupero dei matrimoni rimandati a causa del lockdown. La persistenza di regole restrittive sulle modalità di celebrazione (limite agli assembramenti, numero contenuto di partecipanti consentiti per evento, obbligo di uso di dispositivi di protezione in luoghi chiusi), le limitazioni ai viaggi internazionali, nonché il sopraggiungere delle prime difficoltà economiche, hanno indotto verosimilmente le coppie a rimandare il matrimonio a periodi più favorevoli".

Prosegue quindi, anche durante l'estate, il calo delle nozze, anche se più contenuto rispetto alla prima ondata (-48,8%); si conferma inoltre la diminuzione più accentuata dei matrimoni religiosi (-67,6%) rispetto ai matrimoni civili (-24,5%). Nonostante il sopraggiungere della seconda ondata, con conseguente inasprimento delle misure di contenimento dell'epidemia, nell'ultimo trimestre dell'anno la diminuzione delle nozze rallenta, il 19% circa in meno rispetto al 2019, -8,8% nel caso dei matrimoni civili. Le 1.527 unioni civili tra persone dello stesso sesso registrate nel 2020 mostrano una tendenza alla diminuzione (-33,5% sul 2019), subendo l'effetto delle varie ondate in modo simile ai matrimoni.

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