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Martedì, 19 Marzo 2024
La storia

Naufragio dei bambini, annegarono in 60: il processo contro la Marina rischia di finire nel nulla

Gli avvocati di uno dei comandanti imputati per il naufragio che ha cambiato la storia del Mediterraneo: "I reati sono prescritti". L'ordine al Libra ad appena 17 miglia: "Andate via". L'11 ottobre 2013 morirono 268 siriani. L'Italia rischia un'altra condanna per la giustizia troppo lenta

È stato il naufragio che ha cambiato la storia del Mediterraneo. Alle 17.07 dell'11 ottobre 2013, nove anni fa, un peschereccio blu con quattrocentottanta siriani a bordo, tra i quali almeno cento bambini, si ribalta a 60 miglia a sud di Lampedusa e a 120 miglia da Malta. Le instancabili indagini di due avvocati, Alessandra Ballerini di Genova e Emiliano Benzi di Roma, scopriranno che ad appena 17 miglia dal barcone, un'ora di navigazione, quel pomeriggio c'è anche il pattugliatore militare Libra. Ma il comando della Marina ordina alla nave italiana di allontanarsi e andare a nascondersi. E dalla prima di tante richieste disperate di aiuto fino all'affondamento, passano inutilmente quasi cinque ore. Quando l'equipaggio di un aereo ricognitore di Malta smaschera il Libra dall'alto, ne chiede l'impiego. E le centrali di Roma della nostra Guardia costiera e della Marina lo negano.

"Aiuto, stiamo morendo", "Il Libra fuori dai c...": il video con le telefonate shock 

Lo scaricabarile finisce con 268 morti, tra i quali 60 bambini, quasi tutti rimasti in fondo al mare. Il processo, in corso fin dalle fasi preliminari dal 2019 nei confronti dei comandanti della sala operativa della Marina e del centro di coordinamento dei soccorsi della Guardia costiera, rischia ora di fermarsi per la prescrizione dei reati: significa che nove anni dopo i fatti, gli imputati non sono più punibili. Se accadrà, alcuni familiari delle vittime hanno annunciato di voler ricorrere alla Corte europea di Strasburgo e per l'Italia probabilmente si prefigurerebbe un'altra condanna per la giustizia troppo lenta.

Il pattugliatore Libra era ad appena 17 miglia dal punto del naufragio (foto Ansa)-2

L'eventuale dichiarazione di intervenuta prescrizione dei reati non fermerà comunque i processi civili per le richieste di risarcimento. A favore dei sopravvissuti c'è già una sentenza del Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite che ha condannato lo Stato italiano per “non aver prontamente risposto alle varie chiamate di soccorso”.

Il processo si sta svolgendo davanti alla seconda sezione penale del Tribunale di Roma. I due imputati sono accusati di rifiuto di atti d'ufficio e omicidio colposo. Il capitano di vascello Leopoldo Manna, 61 anni, all'epoca dei fatti era capo della centrale operativa del comando generale delle capitanerie di porto, con compiti di coordinamento generale del soccorso marittimo. Il capitano di fregata Luca Licciardi, 52 anni, era quel pomeriggio il capo della sezione operazioni correnti del Cincnav, il comando della squadra navale della Marina. Soltanto gli avvocati di Manna, Luca Ciaglia e Francesco Miraglia, in vista della prossima udienza del 4 ottobre, si sono appellati all'eventuale prescrizione, pur ritenendo insussistenti le accuse sia per il proprio assistito, sia per il capitano Licciardi. Secondo i legali, il coordinamento dei soccorsi era diretto dalla centrale operativa di Malta ed eventuali ritardi andrebbero attribuiti all'autorità maltese.

I colpi di mitra nella notte

La cronologia del naufragio aiuta a comprendere i fatti e il perché i due ufficiali siano finiti sotto processo. Il peschereccio blu parte alle 22 ora locale del 10 ottobre da Zuara, una città libica a ovest di Tripoli. A bordo ci sono soprattutto famiglie di medici in fuga da Aleppo, incendiata in quei mesi dalla guerra civile siriana, e qualche palestinese. Dopo le 368 vittime del naufragio di Lampedusa, avvenuto appena una settimana prima, i genitori di tutti quei bambini hanno pagato per un barcone più sicuro, con doppio scafo, metallo fuori e legno dentro.

Una volta al largo però il peschereccio, stipato di persone su ogni superficie disponibile, viene inseguito da una motovedetta libica e colpito più volte da raffiche di mitra. Da quel momento, a bordo ci sono morti e feriti e lo scafo comincia a imbarcare acqua attraverso i fori dei proiettili, sparati sotto la linea di galleggiamento. Ma lo scafista decide di proseguire verso Lampedusa. Sa che nessuno verrebbe a salvarli dalla Libia. E poi è tunisino e non ha nessuna intenzione di andare a farsi arrestare in Tunisia.

In rosso il punto del naufragio, 60 miglia a sud di Lampedusa e 120 miglia da Malta

La mattina dopo navigano a 60 miglia da Lampedusa e il motore va in panne. Nello scafo l'acqua ha raggiunto il mezzo metro. Due bambini sono feriti. Le prime due richieste di soccorso alla centrale operativa diretta dal capitano di vascello Manna arrivano da un telefono satellitare Thuraya alle 12.22 e alle 12.25. Alle 12.39 lo scafista consegna il telefono a un medico siriano, il dottor Mohanad J., che parla un buon inglese. Grazie a vari Gps, viene fornita anche la posizione del barcone che però, pur essendo a 120 miglia da Malta, ricade nell'area di competenza maltese per le ricerche e i soccorsi in mare. Così Roma allerta i colleghi a La Valletta.

Le successive telefonate del medico sono strazianti. Gli viene ripetuto di chiamare Malta. E lui: “Ho chiamato Malta. Ci hanno detto che siamo vicini a Lampedusa più che a Malta. Ho la posizione. Voi siete i più vicini per noi. Stiamo morendo, per favore”. Gli ufficiali italiani della Guardia costiera non informano i colleghi maltesi che il Libra è ad appena 17 miglia, trentuno chilometri, un'ora circa di navigazione. E nemmeno che a 60 miglia, a Lampedusa, ci sono altre unità di soccorso disponibili e molto più vicine rispetto a Malta. Mancano ancora quattro ore al disastro.

Il fax che accusa gli ufficiali

Nel passaggio di informazioni dall'Italia, si perdono dettagli importanti sulla gravità della situazione, come il fatto che il motore sia in panne. E si perde anche un fax: le guardie costiere, infatti, comunicano ancora via fax. Un po' prima delle 15, Malta manda in volo un aereo ricognitore. Non sanno che il Libra, ad appena 17 miglia, potrebbe soccorrere i passeggeri alla deriva nel giro di un'ora. Non sanno nemmeno che la nave italiana ha un elicottero a bordo, con cui si potrebbe sorvolare il peschereccio e valutare da vicino la situazione in appena un quarto d'ora. Invece da Roma, convinti che i maltesi abbiano fatto partire non un aereo ma una lenta motovedetta, ordinano alla comandante del Libra, la tenente di vascello Catia Pellegrino (non indagata in questo procedimento), di allontanarsi. E lei esegue.

Nella sala comando della Marina non tutti la pensano allo stesso modo. Lo dimostrano le comunicazioni registrate e acquisite nel processo. “Malta ci sta mandando delle sue motovedette da 120 miglia, il Libra è a 17, lo facciamo ancora avvicinare?”, chiede un militare non identificato. La risposta del comandante della sala operativa ferma ogni iniziativa: “Senti un attimo, il Libra non deve trovarsi sulla direttrice tra motovedette e Malta”. Domanda dell'ufficiale di servizio: “Al Libra che cosa gli diciamo?”. Risposta: “Che non deve stare tra i cog... quando arrivano le motovedette”. L'ufficiale di servizio: “Quindi mantenere 17 miglia?”. Il comandante: “No, perché?”. L'ufficiale di servizio: “E quindi che gli diciamo, di mantenersi fuori dalla congiungente a una distanza dal contatto tale da?”. Il comandante forse vuole sembrare simpatico: “Tale da poter vedere se sta pisciando in un cestino di frutta, ovvero se sta lanciando missili balistici. Perché parliamo di distanze, c'è un Sar?”. “No”, risponde l'ufficiale di servizio.

L'elicottero del Libra è stato mandato in volo soltanto dopo il naufragio (foto Ansa)

E invece il Sar, l'operazione di ricerca e soccorso, c'è. Ne ha assunto il coordinamento Malta e la sala operativa della Marina era stata informata. Sono le 15.37: il Libra potrebbe ancora cambiare il corso degli eventi. Ma alle 15.41 l'ufficiale di servizio riferisce a Catia Pellegrino l'ordine ricevuto: “Scendete un po' verso sud”.

Il soccorso rifiutato

Il maggiore maltese George Abela, ai comandi di un grosso aereo ricognitore King Air B200, raggiunge la zona verso le 16. Vede il peschereccio blu scosso dalle onde, quasi fermo. E, sempre dall'alto, nota il Libra che si sta allontanando. Lo fotografa. Lo filma. Lo chiama, come dichiarerà, sul canale 16 delle emergenze, perché da lassù è evidente cosa sta per accadere. Non riceve risposta. Chiama via radio la sua centrale operativa. I maltesi hanno scoperto che il Libra è lì e non è stato messo a disposizione. Sono le 16.22 quando a Roma il fax stampa la richiesta ufficiale, che costerà l'imputazione per Leopoldo Manna e Luca Licciardi: il coordinamento dei soccorsi di Malta vuole poter dare ordini e impiegare urgentemente il pattugliatore. Scrivono che il peschereccio è sovraccarico e instabile. E che le condizioni meteo sono tra forza 3 e forza 4 in peggioramento.

Dopo il passaparola gerarchico, la richiesta arriva alla sala comando della Marina. E sono ancora le comunicazioni registrate a rivelarci cosa accade in quei minuti. L'ufficiale di servizio: “Il loro velivolo ha individuato l'imbarcazione. Ha anche visto il Libra a 19 miglia e vorrebbe prendere contatti diretti con il Libra per coordinare l'attività. Vogliono la nave in pratica”. Il comandante: “Stand-by, stand-by, allora aspetta un attimo... Digli va be', 'sti cazzi, ti facciamo sapere. Stand-by, stand-by!”.

Quando alle 17.07, quasi cinque ore dopo la prima richiesta di soccorso, muoiono tra le onde sessanta bambini e tutti gli altri e Malta avverte Roma del rovesciamento avvenuto sotto la telecamera dell'aereo ricognitore, dal Libra decolla l'elicottero che in pochi minuti lancia sui sopravvissuti giubbotti e battelli di salvataggio. Ma non ce n'è per tutti. Qualcuno sparisce alla deriva. Molti altri annegano. La motovedetta maltese, partita da 120 miglia, appare nell'area del disastro alle 17.50. Il pattugliatore italiano, che da ore era il più vicino, raggiungerà la zona delle operazioni addirittura alle 18.15. Il ritardo è l'ulteriore prova dell'ordine ad andarsene che aveva ricevuto la nave. Sull'emozione del naufragio dei bambini, come è stata chiamata questa tragedia forse evitabile, l'Italia e l'Unione Europea daranno il via a Mare nostrum: l'operazione internazionale coordinata da Marina e Guardia costiera, secondo i dati del governo, nel suo anno di attività fino al 31 ottobre 2014 soccorrerà 100.250 persone.

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