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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Mezza Italia a rischio zona arancione da lunedì e la stretta nel nuovo Dpcm

Nove regioni possono finire in lockdown a partire dall'11 gennaio con l'ordinanza del ministero dopo la modifica dei parametri. Mentre il decreto ministeriale manterrà le restrizioni anche nel resto del Paese: coprifuoco, divieto di spostamento, deroghe per le visite

Ci sono nove regioni a rischio zona arancione da lunedì 11 gennaio e la ragionevole certezza che il nuovo Dpcm in arrivo entro il 15 gennaio confermerà la stretta per tutta Italia. Mentre il bollettino dell'Epifania lancia segnali allarmanti sull'andamento dell'epidemia di coronavirus: il contagio cresce in tutta Italia e i casi gravi sono in aumento al Sud. Per questo si pensa di mantenere le restrizioni del decreto legge 1/2021 con qualche ipotesi di inasprimento se la curva dei contagi dovesse tornare a crescere. Intanto il sottosegretario Sileri racconta in un libro il "Covid segreto", ovvero i retroscena della gestione della pandemia. 

Le nove regioni a rischio zona arancione da lunedì e la stretta nel nuovo Dpcm

Non è una bella prospettiva quella che apre il 2021 del governo di Giuseppe Conte, alle prese intanto con la crisi interna alla sua maggioranza, con il rimpasto dell'esecutivo e le minacce di caduta. Ma le problematiche della politica passano necessariamente in secondo piano di fronte all'emergenza Covid-19, che ieri ha visto numeri in salita: 20.331 i positivi in più su base giornaliera con il tasso di positività stabile all'11,4% come martedì (ma con le persone testate per la prima volta, che ieri sono state 75.719, sale al 26,8%), e 76877 vittime. Ieri si è registrato un forte aumento del numero di tamponi effettuati (43mila in più), che in parte spiega la crescita dei contagi insieme allo shopping del periodo pre-festivo (gli effetti del decreto n.172 e delle deroghe e delle scappatoie per vedere parenti e amici verranno conteggiati più in là). "Gli effetti del decreto natale, quello dell’Italia tutta rossa o arancione, si vedranno solo dopo la metà di gennaio", ha detto ieri Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe.

Intanto però nell'ultima settimana, segnala il dottor Paolo Spada su Pillole di Ottimismo, l'aumento dei positivi è del 28% nell'intera penisola. I valori più elevati tra le regioni si riscontrano in Abruzzo (+82,4% negli ultimi sette giorni rispetto ai sette precedenti), Sicilia (+66,5%), Basilicata (+60,1%), Bolzano (+45,6%), Lombardia (+45,3%), Campania (+41,9%), Marche (+37,3%), Emilia Romagna (+33,7%), Lazio (+32,5%). L'incidenza su base nazionale è di 196 nuovi positivi ogni 100mila abitanti in 7 giorni (eravamo a 150 alla fine di dicembre): "I valori più elevati sono in Veneto, con 503 casi, seguono Friuli-Venezia Giulia (307), Emilia-Romagna (297), e la provincia autonoma di Trento (256). L'incidenza più bassa è in Toscana, con 84 casi. Per effetto del decreto legge n.1/2020 5 gennaio dall’11 al 15 l’italia torna a dividersi per fasce di colore. Con l’indice di contagio Rt sotto l’1 le regioni restano in fascia gialla, con l’Rt pari a 1 si va in fascia arancione e con l’Rt pari a 1,25 si va in fascia rossa. In ogni regione, i governatori potranno firmare ordinanze più restrittive rispetto a quelle del governo su scuola, negozi e spostamenti".

Tra oggi e domani è atteso il report dell'Istituto Superiore di Sanità e del ministero della Salute che sarà stilato in base alle nuove regole, ma attenzione: la Cabina di Regia Benessere Italia valuta Rt con riferimento ai numeri di una settimana prima. Secondo i pronostici del fisico Roberto Battiston l'Rt di tutta Italia per la settimana di riferimento dovrebbe essere a 0,99 (ad un soffio, quindi, dalla soglia che fa scattare la zona arancione). E questo non potrà che rendere complicato agire dal punto di vista politico in quelle regioni dove la crescita dei numeri nell'ultima settimana è stata più alta rispetto a quella precedente, come il Lazio. Il rischio, insomma, è che si intervenga quando ormai è troppo tardi. 

Mezza Italia in zona arancione da lunedì e lo stato d'emergenza da prorogare

Il professor Walter Ricciardi, consigliere del ministero della Salute e docente di Igiene e Medicina preventiva alla Cattolica di Roma, in un'intervista rilasciata oggi al Messaggero si dice a favore della proroga dello stato d'emergenza fino al 31 luglio ma spiega proprio che bisogna anticipare il coronavirus, non andare all'inseguimento delle curve in crescita: "Questo stato di emergenza per altri sei mesi è necessario ma va colto in funzione dell’evidenza scientifica che ci dice una cosa ormai chiara: le misure per fermare la trasmissione di Sars-Cov-2 vanno mantenute in maniera coordinata sul territorio italiano e in modo comprensibile ai cittadini. Bisogna cercare di anticipare il virus, non inseguirlo. La sfida di oggi è questa e noi non ci stiamo riuscendo. Le istanze che, come scienziati, rappresentiamo al ministro della Salute e che lui a sua volta rappresenta al Parlamento scontano dei compromessi al ribasso che non riescono a gestire questa situazione. I provvedimenti vanno presi nella maniera giusta al momento giusto". 

Ciò nonostante, mezza Italia, pronostica oggi il Corriere della Sera, potrebbe ritrovarsi in zona arancione da lunedì 11 gennaio. Ma indica come a rischio quelle segnalate nello scorso report, ovvero Veneto, Liguria e Calabria "con Rt maggiore di 1 anche nel valore inferiore", Basilicata, Lombardia e Puglia che "lo superano anche nel valore medio" ed Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia e Marche che "lo sfiorano". Nel frattempo però, fa sapere sempre il quotidiano, appare migliorata la situazione di Toscana, Friuli-Venezia Giulia e Campania, quasi certamente in fascia gialla così come il Molise. A rischio invece è il Lazio, con l'assessore alla Sanità Alessio D’Amato che parla di "peggioramento della curva per cui occorre massimo rigore e cautela". Rt sotto l’1 ma di pochissimo e per questo potrebbe arrivare domani il passaggio in arancione. 

Quanto detto per il Lazio vale, al contrario, anche per la Liguria: "Nel 34/mo report dell'Istituto superiore di sanità l'indice Rt puntuale della Liguria è sceso a 0.95. Tecnicamente riteniamo che la Liguria sia in zona gialla, ma molto vicina all'arancione", ha detto ieri il presidente Giovanni Toti in una diretta Facebook sull'emergenza coronavirus. "Domani vedremo con il Ministero della Salute in quale colore di rischio covid sarà inserita la Liguria. I dati saranno interpretati a Roma in base ai parametri più restrittivi dell'ultimo Dpcm". E il Veneto? "Vedo improbabile una zona rossa per i noi per i dati che abbiamo. Non abbiamo un Rt cosi' alto, fermo restando che abbiamo pressione ospedaliera ma che la stiamo gestendo", ha detto oggi il presidente della Regione Luca Zaia. 

Il nuovo Dpcm 15 gennaio

Proprio in questa ottica, scrive oggi Il Messaggero, il Lazio si avvicina alla zona arancione, anche se l’indice Rt che sarà annotato nel rapporto del Ministero della Salute dovesse essere di poco sotto l’1. Secondo i calcoli dell’Unità di crisi Covid della Pisana, per la regione della Capitale il tasso di trasmissione del virus è allo 0,98.

Un filo sotto la soglia fissata dal governo per passare da zona gialla ad arancione. Ma non sarà uno scarto così ristretto a cambiare lo scenario: se il dato sarà confermato, probabilmente nella giornata di oggi, da lunedì il Lazio dovrebbe tingersi comunque di arancio, con la conseguente chiusura di bar e ristoranti anche a pranzo.

La situazione negli ospedali è di nuovo critica: i posti letto Covid occupati nelle terapie intensive rimangono stabilmente sopra i 300, i ricoverati negli altri reparti sono oltre 2.800. Ecco perché alla Pisana prevale la linea della massima prudenza. E un indice Rt lievemente sotto soglia non dovrebbe impedire al Lazio di finire per la prima volta in zona arancione, con tutte le conseguenze del Dpcm, a partire dalla chiusura dei locali.

Dopo l'ordinanza del ministero della Salute che entrerà in vigore l'11 gennaio il governo Conte comincerà a discutere del nuovo Dpcm che dovrebbe entrare in vigore il 16 gennaio, ovvero il giorno dopo la scadenza delle misure del decreto legge n.158/2020 e del Dpcm 3 dicembre. Se sarà necessario soltanto mantenere la stretta è probabile che lo strumento legislativo che l'esecutivo utilizzerà sarà il decreto ministeriale e non il decreto legge, che sarebbe invece necessario nel caso ci si trovasse nella necessità di imporre nuove restrizioni agli spostamenti anche al di fuori del sistema delle zone, come è successo per il Dl del 5 gennaio che ha deciso la zona arancione in tutta Italia nel week end 9-10 gennaio e la zona gialla rafforzata fino al 15. Secondo le anticipazioni il nuovo Dpcm prevederà:

  • il divieto di spostamento tra regioni almeno fino al 31 gennaio (ma è possibile che si vada oltre, fino al 15 febbraio);
  • il rinnovo del coprifuoco dalle 22 alle 5
  • la chiusura di bar e ristoranti alle 18 anche nelle zone gialle. 

Ad oggi non è possibile prevedere se verrà confermata la mini-stretta della zona gialla rinforzata per le deroghe sulle visite ad amici e parenti (che rimarranno, una sola volta al giorno e rispettando il coprifuoco), che le ha ristrette al comune. Mentre è sicuro che rimarrà la deroga per la visita entro 30 chilometri nei comuni con meno di 5mila abitanti. Il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri invece racconta in un libro chiamato "Covid segreto" - anticipato oggi dal Corriere - i retroscena della gestione della pandemia da parte del governo in questo anno difficile: è Cecchi Paone a chiarire quali segreti avrebbero carpito: "Uno mondiale e uno nazionale. Mi assumo io la responsabilità di rivelare quello nazionale: la costituzione del Cts. Avevamo già organismi di valore come l’Istituto superiore e il Consiglio superiore di sanità. Perché ne serviva un altro? La risposta è: per il potere di qualcuno". Sileri dice di aver provato ad avere un Cts "più snello e con sottotavoli on demand di esperti di diversi territori e specializzazioni": "Proposi Massimo Galli, mi fu detto no; Maria Rita Gismondo e mi fu detto no. Ancora prima di Codogno, proposi Alberto Zangrillo perché aveva fatto la rete Ecmo e non fu coinvolto". Con il senno di poi, visto com'è andata con Zangrillo e il "virus clinicamente morto" e con Gismondo, non è stata una scelta sbagliata.  

Le nove regioni in allerta per le terapie intensive 

I dati dell'Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas) relativi al 6 gennaio mostrano che dopo i progressi delle scorse settimane, torna a aumentare il numero di regioni che supera la soglia d'allerta per i posti occupati da pazienti Covid in terapia intensiva: la media nazionale si attesta infatti al 30%, ma a superare questa soglia sono 9 regioni, ovvero 3 in più in una settimana. Cresce anche il numero delle regioni che superano la soglia d'allerta del 40% dei posti nei reparti ospedalieri: sono anche in questo caso 9, una in più rispetto a una settimana fa. In base al decreto del ministro della Salute del 30 aprile 2020, la soglia di allerta di posti in terapia intensiva occupati da malati Covid è stata stabilita essere del 30%. A livello nazionale, in base agli ultimi dati, la percentuale si attesta esattamente su questa cifra. Ma sono 9 le regioni in cui viene superata: Emilia Romagna (31%), Friuli Venezia Giulia (35%), Lazio (32%), Lombardia (38%), Piemonte (31%), Provincia autonoma di Bolzano (35%), Provincia autonoma di Trento (50%), Puglia (33%) e Veneto (37%). Per quanto riguarda i posti occupati in area 'non critica', ovvero nei reparti di medicina, pneumologia e malattie infettive, la soglia limite è stata individuata al 40%. A livello nazionale, siamo ancora intorno al 36%, ma sono anche qui 9, una in più rispetto a una settimana fa, le regioni oltre soglia: Emilia-Romagna (44%), Friuli-Venezia Giulia (51%), Lazio (44%), Liguria (41%), Marche (44%), Piemonte (48%), Provincia autonoma di Bolzano (44%), Provincia autonoma di Trento (59%) e Veneto (44%). 

"Da queste misure abbiamo imparato che le zone rosse funzionano, mentre le zone gialle funzionano meno bene, specialmente se la zona gialla applica misure di sorveglianza e contenimento sbagliate, come ad esempio il Veneto", ha detto oggi il prof Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia dell'Università di Padova, intervendo a "Sky TG24". "Il Veneto - ha aggiunto - è rimasto zona gialla e questo è stato considerato come una specie di premio, una medaglia, un lustrino con cui dimostrare che si era bravi. Sono state applicate misure di sorveglianza basate sui tamponi rapidi, che di fatto non sono adatti a questo scopo, e hanno permesso che la maggior parte delle Rsa del Veneto si infettassero". Secondo Crisanti "per proteggere comunità come anziani e ospedali non si possono utilizzare test rapidi, che hanno una sensibilità del 30%, ogni dieci positivi ne mancano tre. Una volta che una persona infetta entra dentro fa una strage". Quanto ai 21 parametri utilizzati per la determinazione delle zone di rischio del contagio, Crisanti si è detto convinto che "dovrebbero essere cambiati, ci sono segni che questo accadrà. Verrà dato molto più peso al numero dei casi giornalieri e al valore dell'Rt". Per quanto riguarda le zone rosse e arancioni in arrivo, "u 21 parametri utilizzati per definire il 'colore' delle diverse aree del Paese dovrebbero essere cambiati, ci sono segni che questo accadrà. Verrà dato molto più peso al numero dei casi giornalieri e al valore dell'Rt''. ''I ventuno parametri - spiega - dobbiamo immaginarli come una specie di catena che intrappola il virus: la forza di questa catena è determinata dalla forza dell'anello più debole. Se i posti in terapia intensiva e in ospedale hanno un peso importante, creano un effetto paradosso. Più posti in ospedale - conclude - permettono al virus di circolare''.

Il Dpcm e la scuola

Anche per Massimo Galli, direttore delle Malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano, intervenuto nel corso della trasmissione Radio anch'io su Rai Radio1, dice che "Stiamo vedendo il fallimento della zona gialla e tutto quello che ha comportato, e ci stiamo nuovamente impelagando in ulteriori dibattiti che vedono la coperta troppo corta tirata da una parte e dall'altra". "È il solito palleggiamento di responsabilita' e di decisioni - ha aggiunto - tra il Governo e le Regioni. Ci troviamo a cercare continuamente una serie di compromessi che finiscono fatalmente a portare a una logica di chiusure alternate". "In questo momento la situazione e' critica e sono oggettivamente preoccupato - ha proseguito Galli - per quello che mi aspetto ci si possa trovare nell'arco dei prossimi 10 o 15 giorni come frutto del periodo di fine novembre e dicembre. I restringimenti sono la conseguenza dell'eventuale, e non improbabile, ripresa dei fenomeni che non ci possiamo permettere tenuto conto che la campagna vaccinale un conto è farla in fase di riduzione dell'epidemia e un conto è farla in una piena vivacita'", ha concluso. Il presidente della Toscana Eugenio Giani ha fatto sapere che la sua regione è in zona gialla: "I dati che stanno elaborando ci danno" un Rt "allo 0,90, sotto quell'uno" che segna "il passaggio dal giallo all'arancione. Siccome i dati sono quelli accertati nelle giornate di ieri e ieri altro, da quello che sono a conoscenza ritengo che la Toscana dovrebbe rimanere in zona gialla".

Secondo Repubblica invece la Toscana rischia la zona arancione il 15 gennaio perché nel monitoraggio di questa settimana il fattore di replicazione della malattia nella regione sarà di 0,9. Cioè in aumento rispetto allo 0,67 della scorsa. La restrizione scatterebbe a partire da domenica 17 se il ministro alla Salute Roberto Speranza rispetterà tempi simili a quelli adottati fino ad ora, c’è l’andamento dei casi di questo periodo. Nella settimana tra il 30 dicembre e l’altro ieri, martedì 5 gennaio, i casi sono passati da 2.692 a 3.184, con un incremento del 18.5%. E la Puglia? "Per il momento non ci sono numeri da zona rossa - dicono in Regione a Repubblica - ma oggi a parità di circolazione del virus si passa in arancione o rosso molto più facilmente di quanto non fosse a novembre e dicembre". A proposito delle zone a maggiore rischio, ieri Il Fatto aveva pubblicato l'elenco delle province con più casi e naturalmente le prime erano tutte al Nord Est:

Belluno è la provincia più colpita con 1.055 nuovi casi ogni 100 mila abitanti negli ultimi 14 giorni, seguono Treviso (1.042), Venezia (965), Verona (936), Padova (800), Vicenza (757), al settimo posto c’è Gorizia (715), all’otta - vo Rimini alla pari con Rovigo (670), poi ancora la Romagna con Forlì-Cesena (584) e Ravenna (568). Trieste è dodicesima (548), Bologna tredicesima (490) seguita da Piacenza (469) e Modena (463).

Al sedicesimo posto Vibo Valentia (460), una sorpresa perché per mesi ha avuto meno casi di tutti: si deve in parte ai focolai della frazione Piscopo di Vibo e di Fabrizia, dichiarati zona rossa il 28 dicembre dalla Regione. La 17esima provincia è Pesaro-Urbino (439), seguono Foggia (424), la prima provincia lombarda che al momento è Mantova (419) e di nuovo l’Emilia con la confinante Ferrara (417). Roma è 43esima (286), Milano 59esima (223), Torino 66esima (211), Genova 72esima (197), Napoli 73esima (193). Bergamo terzultima (87), poi Grosseto (81) e Crotone (72).

Sempre ieri il capo dipartimento del Ministero dell'Istruzione, Marco Bruschi ha scritto agli Uffici scolastici regionali e ai dirigenti scolastici, comunicando il contenuto del decreto-legge del 5 gennaio su "Ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19". Da oggi al 16 gennaio la scuola dell'infanzia, primaria, secondaria di primo grado continuano ad operare secondo quanto stabilito dal Dpcm 3 dicembre 2020 (zone gialle e arancioni, 100% in presenza; zone rosse, 100% in presenza per i servizi educativi, la scuola dell'infanzia, la scuola primaria e il primo anno della scuola secondaria di primo grado, integralmente a distanza per il secondo e terzo anno della scuola secondaria di primo grado); per la scuola secondaria di secondo grado, nei giorni 7, 8 e 9 gennaio, l'attività didattica si svolge a distanza per il 100 per cento della popolazione studentesca delle istituzioni scolastiche".

Resta ferma comunque, per tutte le istituzioni scolastiche e per l'intero periodo, "la possibilità di svolgere attività in presenza qualora sia necessario l'uso di laboratori o per mantenere una relazione educativa che realizzi l'effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali". Il ministero raccomanda che "In una lettura sistematica delle disposizioni vigenti, la ripresa dell'attività in presenza per almeno il 50% della popolazione studentesca dovrà essere realizzata secondo le azioni delineate dai piani operativi derivanti dall'attività dei "tavoli prefettizi", di cui al DPCM 3 dicembre 2020, che hanno provveduto a coordinare le esigenze delle istituzioni scolastiche e dei servizi di trasporto sui territori di competenza, proprio in vista della ripresa della scuola in presenza". Resta inteso, conclude il capo dipartimento del Ministero, "che sono da osservarsi le eventuali diverse determinazioni più restrittive deliberate dalle Regioni e dagli Enti locali nell'esercizio delle rispettive competenze". 

La zona gialla rafforzata da oggi e quella arancione nel week end

Intanto l'Italia va in 'zona gialla rafforzata' oggi e domani, 7 e 8 gennaio. Il nuovo decreto Covid valido fino al 15 gennaio entra in vigore e, dopo le regole rigide di Natale, propone per 2 giorni misure più soft per l'Italia in relazione a spostamenti, bar, ristoranti e centri commerciali. La costante è rappresentata dal coprifuoco tra le 22 e le 5. Secondo il decreto, saranno vietati gli spostamenti tra regioni o province autonome diverse, tranne che per "comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute" documentabili con l'autocertificazione. È ammesso il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione. Vietati gli spostamenti verso le seconde case che si trovano in un'altra regione o provincia autonoma. I bar e i ristoranti potranno essere aperti fino alle 18, poi saranno consentiti l'asporto e la consegna a domicilio. Riapertura anche per i negozi e i centri commerciali. La zona gialla rafforzata rimarrà in vigore per 48 ore, prima di un nuovo inasprimento delle misure nel weekend del 9 e 10 gennaio in zona arancione.

Il nuovo decreto Covid prevede restrizioni per bar e ristoranti. Spicca il divieto di lasciare il proprio comune. "Saranno comunque consentiti, negli stessi giorni, gli spostamenti dai Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, entro 30 chilometri dai relativi confini, con esclusione degli spostamenti verso i capoluoghi di provincia", prevede il decreto. Domani, in particolare, riflettori puntati sui dati del monitoraggio settimanale dell'Iss che consentiranno di fare il punto sul quadro dell'epidemia in Italia. L'annunciato inasprimento dei parametri legati alla definizione di zona rossa e zona arancione in base all'indice Rt può produrre lo spostamento di alcune regioni in una fascia con restrizioni maggiori rispetto alla 'zona gialla rafforzata', che dovrebbe tornare in vigore l'11 gennaio. Lunedì prossimo è prevista la riapertura delle scuole superiori con la presenza del 50% degli studenti. Diverse Regioni hanno già annunciato l'intenzione di rinviare il rientro in aula. Veneto, Friuli e Marche si affidano alla didattica a distanza fino alla fine del mese. La Campania scagliona il rientro. Puglia, Molise e Piemonte non ripartiranno l'11.

E Confestetica, associazione maggiormente rappresentativa di categoria, ha impugnato al Tad i Dpcm anticovid in quanto i nei decreti ci sarebbe una "discriminazione tra parrucchieri ed estetiste". Il Presidente del Tar del Lazio ha fissato l'udienza cautelare che si discuterà il 27 gennaio 2020, "nella quale l'avvocatura dello Stato dovrà spiegare perché in tali Dpcm siano presenti palesi discriminazioni incostituzionali tra parrucchieri ed estetiste. Con questi ultimi due Dpcm del 3 novembre e del 3 dicembre, infatti, nelle zone rosse, possono rimanere aperti solo i parrucchieri mentre le estetiste sono chiuse, pur svolgendo gli identici servizi estetici, così come previsto dalle leggi che regolamentano le due attività: Legge 1/1990 art. 1 e 9 e Legge 174/2005 art. 2 comma 7". Inoltre, le "due attività (parrucchieri ed estetiste) hanno lo stesso identico codice Ateco per classe e categoria (96.02.0), lo stesso Contratto Nazionale di Lavoro e gli stessi protocolli di sicurezza anti-contagio citati negli stessi Dpcm. Questi decreti vanno anche contro il parere del Comitato Tecnico Scientifico; l'Istituto Superiore di Sanità e l'INAIL che non hanno mai considerato l'estetista diversa dal parrucchiere".

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