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Sabato, 20 Aprile 2024
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Occupano una casa del Comune, ora vivono senza acqua: l'odissea di Giulia e Simona

Lo sfratto e la decisione di occupare: "Siamo state costrette a farlo". L'amministrazione di Falconara però replica: "Proposte altre soluzioni, ora devono lasciare quell'alloggio". Video

Dal 2017 Simona e Giulia vivono in una casa del Comune di Falconara (Ancona) occupata abusivamente. Da più di sei mesi nel loro appartamento non c’è neppure l’acqua e per riscaldarsi devono usare mezzi di fortuna. Tutto è iniziato con un guasto. "Si è rotto un tubo e per ripararlo occorreva rompere una parte del solaio. Ho chiesto al Comune se potevo farlo io o dovevano farlo loro" racconta ad AnconaToday Simona Cerquetella, 33 anni. Da allora, era lo scorso gennaio, le due ragazze devono raccogliere  l’acqua dalla fontana pubblica di piazza Catalani. "Per lavare i piatti e per lavarci versiamo l'acqua nei recipienti" dice ancora la 33enne. Nonostante la buona volontà, finora il Comune di Falconara non è riuscito a trovare una soluzione al problema. E le cose per le due ragazze potrebbero peggiorare, visto che sull’immobile pende anche un’ordinanza di liberazione, risalente al 2018, a cui finora non è stata data esecuzione.

Giulio Bove e Stefano Pagliarini di AnconaToday raccontano nei dettagli l’odissea di Simona e Giulia, un’odissea iniziata nel 2011, anno di chiusura del campo nomadi in cui vivevano. Il loro tetto è quindi diventato quello di una roulotte che ha stazionato prima nel cortile delle case popolari poi nel parcheggio del cimitero prima di essere allontanata dai vigili. Le ragazze hanno successivamente dormito negli spazi della Caritas di Senigallia e perfino in un furgone.

La richiesta di una casa popolare, presentata regolarmente nel 2015, è sempre rimasta tale perché la situazione famigliare di Simona e Giulia (due ragazze e senza bambini) le ha sempre tenute in fondo alla graduatoria. Poi c’è stata la richiesta di aiuto al Comune di Falconara e l’accesso ai contributi del 'Progetto casa', un sussidio che prevede il pagamento da parte del Comune stesso di una parte dell’affitto. Ecco dunque un'abitazione vera, in via dei Mille, grazie a quel contributo di 1.050 euro. Era il 2013 ma la storia non ha avuto il lieto fine.

A Giulia è stata riconosciuta una disabilità del 75%, Simona lavorava saltuariamente e, senza uno stipendio fisso, non poteva pagare la parte di quota che spettava alle ragazze. "Quando abbiamo portato i soldi all’agenzia immobiliare (che nel frattempo ha chiuso i battenti) ci è stato risposto che quella era solo la caparra e che dovevamo pagare 380 euro al mese più le spese condominiali" ha detto Simona.

La questione è esplosa quando proprio Simona ha chiesto al Comune l’accesso a un contributo per poter frequentare un corso di formazione professionale: "Era il 2015 e mi dissero che non ne avevo diritto perché avevo già un contributo a favore di oltre 3.000 euro che il Comune versava al proprietario della casa quando l'affitto era già scaduto" racconta Simona.

"Non sapevamo dove andare e allora abbiamo occupato"

Cifra che Elena Martini, il legale che assiste le ragazze insieme alla collega Cristina Bolognini, ha spiegato essere una parte del credito vantato dal proprietario della casa di fronte all’impossibilità delle due di pagare la loro parte di affitto. Nel 2017 Giulia e Simona hanno ricevuto lo sfratto esecutivo: "Non sapevamo dove andare e abbiamo occupato questa casa" racconta Simona, che spiega di aver avvisato sin da subito il comune di quell’azione. Nel corso degli ultimi anni, racconta la ragazza, ci sono stati due sopralluoghi da parte dei vigili urbani e del geometra comunale, più l’ordinanza di liberazione dell’immobile risalente a ottobre 2018 alla quale però nessuno (istituzioni comprese) ha mai dato seguito. La storia arriva dunque allo scorso gennaio, quando le due ragazze restano anche senz’acqua. 

Il legale: "L'emergenza è dare alle ragazze una sistemazione dignitosa"

"E’ assurdo che collettività e istituzioni non riescano a farsi carico di una situazione come quella - ha commentato l’avvocato Elena Martini - Giulia ha anche subito un intervento chirurgico e dovrà farne un altro, ma il Comune non è capace di dare una risposta se non a pezze e rattoppi. Il progetto casa è una soluzione utile, ma non in questo caso perché loro avevano da subito fatto presente di non riuscire a rispettarle la loro parte - continua il legale - da un accesso agli atti abbiamo saputo che i fondi erogati erano circa 3mila euro, con tanto di delibera, per far fronte a una parte del credito maturato dal proprietario. Che senso ha? E’ vero che è stata pagata loro una parte delle spese, ma l’emergenza era un’altra cioè quella di dare alle ragazze una sistemazione dignitosa".

Il Comune: "Proposte altre soluzioni, via da quella casa"

Diversa la versione del Comune di Falconara. "La regolarità di quell’utenza idrica è ancora in fase di verifica e comunque non è il Comune che può riattivare il servizio bensì l’azienda alla quale, da quanto mi è stato riferito, non risulta stipulato nessun contratto di fornitura". Insomma, non sarebbe solo un guasto alle condutture la causa della mancata fornitura di acqua. E l’amministrazioe può fare ben poco. In ogni caso per l’assessore comunale alle politiche sociali Yasmin Al Diry, la strada è tracciata: "Devono lasciare l’alloggio, c’è un’ordinanza di sgombero emessa nel 2008 e ora spetta alla magistratura farla valere".

L’assessore, che è a conoscenza dell’invalidità parziale di Giulia, conferma i due colloqui che le due hanno avuto con il sindaco Stefania Signorini. "Il sindaco ci ha detto che l’acqua non è il primo problema" aveva raccontato Simona.

"Il primo problema è che loro sono lì abusivamente" ha replicato Al Diry, che spiega come gli aiuti non siano stati proposti solo con il Progetto casa, ma anche con altre misure: "Negli incontri abbiamo spiegato loro quello che possiamo fare e oltre ad aver riproposto il Progetto casa (ma le ragazze raccontano di non essere in grado di sostenerlo, ndr) abbiamo detto che possono fare domanda per le abitazioni di emergenza che abbiamo a disposizione e per le quali tra poco uscirà il bando". 

"La domanda per le case popolari l’hanno già presentata nel 2015 ma sono risultate in fondo alla graduatoria - continua l’assessore - da quest’anno però abbiamo anche gli alloggi di edilizia agevolata. Si tratta di 10 alloggi nuovi in centro e il bando scadrà a metà mese. Possono fare domanda e, se hanno i requisiti per accedere, possono trovarsi a pagare anche 200 euro di affitto. Altri strumenti non abbiamo- prosegue la Al Diry - le trattiamo come trattiamo tutti gli altri casi".

"Un contratto di affitto? Non sarebbe legale"

Di regolarizzare la posizione delle ragazze in via Damiano Chiesa non se ne parla: "Un contratto di affitto là? Ma non è legale non esiste la 'Repubblica di Falconara', facciamo parte di un Paese che ha leggi e regolamenti nei quali dobbiamo muoverci". Si torna dunque sulla questione acqua. Yasmin Al Diry spiega che l’allaccio alla rete idrica dello stabile in via Chiesa è ancora sub judice: "L’azienda fornitrice alla quale si sono rivolte (Viva Servizi, ndr) è un ente terzo che è partecipato dal Comune solo in minima parte, non possiamo intervenire sulla fornitura".

Chiusura sulla domanda di Simona di accedere a un contributo per partecipare a un corso di formazione professionale. Le era stato negato perché la ragazza risultava già beneficiaria del Progetto casa: "C’è un regolamento che stiamo modificando e presto passerà al vaglio del Consiglio Comunale per il quale si può avere solo un contributo annuale, ogni anno dunque è possibile chiederne un altro".

Occupano una casa del Comune, ora sono senza riscaldamento | Video

Servizio di Giulio Bove e Stefano Pagliarini (AnconaToday)

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