L'ostetrica sbagliò durante il parto: condannata a risarcire i genitori
Durante il parto il nascituro riportò danni permanenti. I familiari hanno ottenuto un indennizzo di 1.659.434 euro, corrispondente al risarcimento del danno biologico e delle spese legali
La Corte dei Conti ha condannato un'ostetrica dell'ospedale di Chiari a versare all'azienda sanitaria 500mila euro in compensazione di quanto l'Asst di Chiari ha versato come risarcimento alla famiglia di un bambino nato nel 2015 con gravi patologie. Secondo quanto stabilito da una inchiesta l'ostetrica non avrebbe richiesto in modo tempestivo l'intervento della ginecologa durante il parto, causando danni permanenti al nascituro.
La notizia riportata dal Corriere della Sera chiude la vicenda iniziata purtroppo nel 2015.
"Nel comportamento della ginecologa non si profila l'elemento soggettivo della colpa grave" scrivono i giudici nella sentenza. "Diversa - recita il provvedimento - è la posizione della ostetrica, dai cui errori, omissioni e ritardi nella gestione del travaglio sono discese le gravi lesioni al nascituro". Secondo la ricostruzione, "se l'ostetrica, il cui compito era di monitorare il regolare svolgimento del travaglio (ritornato nei parametri della normalità dopo l'amnioinfusione), avesse interpretato correttamente il tracciato CTG divenuto nuovamente preoccupante a partire dalla 22.23, avrebbe dovuto tempestivamente avvisare la ginecologa. Tale errore deve ritenersi inescusabile in quanto la lettura dei dati derivanti dal monitoraggio rientra nella pratica routinaria della figura dell'ostetrica".
Ora deve restituire il 30% di quanto la stessa azienda sanitaria ha pagato come risarcimento alla famiglia di un bambino che ha ottenuto un indennizzo di 1.659.434 euro, corrispondente al risarcimento del danno biologico (1.550.000 euro) e delle spese legali (109.434 euro).
La donna si era difesa spiegando che nella serata del parto, alle 23.45 il danno da ipossia del nascituro era ancora evitabile se il medico di guardia fosse intervenuto con tempestività al momento della chiamata. "Tale eccezione è infondata" scrive la Corte di Conti.
"Il danno sarebbe stato evitato se fosse stato praticato un parto cesareo intorno alle 23.00 o, comunque, entro le 23.45. Atteso che solo a racconto ora l'ostetrica ha richiesto l'intervento del medico di guardia, oltre tutto senza sollecitarne l'urgenza, è chiaro che quest'ultimo non è stato messo in condizione di operare tempestivamente e nulla poteva fare per impedire il danno: nessuna interruzione del nesso causale tra le omissioni e i ritardi gravemente colposi dell'ostetrica e il pregiudizio subìto dal nascituro può dunque essere ricollegata al tardivo arrivo in sala parto della ginecologa".