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Giovedì, 25 Aprile 2024
Studio e diritti

Migranti: una pagella in tasca cambia la vita

Al via un progetto pilota di Intersos e Unhcr per sperimentare un canale di ingresso regolare e sicuro grazie a un visto per studio per consentire ai minori non accompagnati di entrare regolarmente in Europa anziché rischiare la vita nel Mediterraneo. Chi sono questi ragazzi e cosa faranno in Italia: ne parliamo con la responsabile, Elena Rozzi

L'immagine è di quelle che si imprimono nella memoria: il migrante adolescente sul fondo del mare che mostra orgoglioso la sua pagella piena di bei voti. Il vignettista Makkox aveva ritratto così il giovane maliano morto insieme ad altre centinaia di persone nel naufragio dell'aprile 2015 nel Canale di Sicilia. L'anatomopatologa incaricata dell'autopsia gli trovò cucita in tasca una pagella scolastica. "Con quali aspettative questo giovane adolescente del Mali aveva con tanta cura nascosto un documento così prezioso per il suo futuro, che mostrava i suoi sforzi, le sue capacità nello studio, e che pensava gli avrebbe aperto chissà quali porte di una scuola italiana o europea, ormai ridotto a poche pagine scolorite intrise di acqua marcia?", si era chiesta Cristina Cattaneo. Lo scorso 12 agosto è stato firmato un protocollo d'intesa per far partire il progetto "Pagella in tasca", promosso dall'organizzazione umanitaria Intersos con l'Unchr, l'Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, che è nato per creare un canale di ingresso regolare e sicuro per consentire ai minori in fuga di poter entrare regolarmente in Europa con un visto di studio anziché mettersi nelle mani dei trafficanti e rischiare di morire nel Mediterraneo.

Un visto per studio per i ragazzi rifugiati

Nel corso del mese di settembre arriveranno in Italia i primi cinque minori non accompagnati potendo contare, loro come pure gli altri trenta che li seguiranno prossimamente, su un visto di ingresso per motivi di studio per entrare nel nostro Paese. Si tratta di ragazzi rifugiati in Niger, dove Intersos gestisce le attività educative dei campi dell'Unhcr. Hanno fra i 16 e i 17 anni, sono scappati dal Darfur, in Sudan, durante la guerra e molti di loro sono orfani o hanno perso completamente i contatti con i genitori. Prima di arrivare in Niger, sono passati per la Libia, rinchiusi nei centri di detenzione o sfruttati per lavorare. Molti hanno subito maltrattamenti e violenze. "Abbiamo scoperto che questi minori, pur rientrando tra i gruppi più vulnerabili, soli e senza i genitori, sono esclusi dai corridoi umanitari e abbiamo proposto ai ministeri degli Esteri e dell'Interno di superare questo paradosso utilizzando uno strumento che è già presente da molti anni nella normativa italiana ma che finora non era stato utilizzato per fare entrare ragazzi rifugiati in maniera sicura", dice a Today Elena Rozzi, responsabile del progetto di Intersos.

I minori saranno ospitati presso famiglie affidatarie e andranno a scuola, accompagnati in questo percorso di studio e inclusione sociale proprio da chi li ha accolti, supportati da specifiche figure professionali. I ragazzi conseguiranno la licenza media e poi potranno scegliere se proseguire il loro percorso nella scuola secondaria superiore o nella formazione professionale. Il progetto garantisce una borsa di studio di un anno per ciascuno minore, a copertura dei costi di sostentamento (vitto, spese per i libri di scuola, trasporti), che viene data direttamente alle famiglie affidatarie, le quali riceveranno anche un supporto educativo insieme a consulenza legale e psicologica laddove ce ne fosse bisogno. "Un educatore aiuterà le famiglie a gestire il rapporto con il ragazzo accolto, mentre un mediatore culturale farà da ponte tra loro e il minore. Le famiglie non vengono lasciate sole, possono contare su un intervento di supporto per superare tutte le difficoltà che si possono incontrare nel rapporto quotidiano e nel percorso di inclusione di questi ragazzi, che hanno alle spalle disturbi molto traumatici e si portano dietro un carico di sofferenza molto grande. È fondamentale che sia loro sia le famiglie vengano supportati, grazie anche alla strettissima collaborazione con i servizi sociali degli enti coinvolti. Il primo comune che abbiamo coinvolto è stato quello di Torino, con cui si è sviluppata un'ottima collaborazione nell'individuazione e nella formazione delle famiglie. Ha un'esperienza pluridecennale nell'affidamento di minori non accompagnati e gli operatori sono veramente molto preparati. I primi 15 minori saranno accolti a Torino e poi gli altri in altri comuni che stiamo coinvolgendo in questi giorni", spiega Rozzi. 

Un doppio percorso, formativo e di inclusione sociale

Pagella in tasca "è dedicato espressamente ai minori non accompagnati ed è focalizzato sul diritto allo studio, insieme all'accoglienza in famiglia anziché in strutture o centri. Stare in famiglia è sempre preferibile rispetto ad altre soluzioni e questo vale per qualsiasi minore, italiano o straniero. Valorizziamo così anche la disponibilità di molti cittadini che hanno voluto mettersi in gioco per far avere a questi ragazzi un futuro migliore", dice la responsabile del progetto. "I ragazzi sono stati selezionati in primis sulla base della motivazione allo studio. Intersos gestisce nei campi per rifugiati dell'Unhcr in Niger attività come corsi di lingua e di formazione e quindi, valutando la partecipazione dei ragazzi a questi corsi, abbiamo potuto valutare anche la loro motivazione allo studio, attraverso una serie di colloqui con loro – ricostruisce Rozzi – Li abbiamo preparati a cosa troveranno qui, cosa aspettarsi rispetto all'accoglienza da parte delle famiglie, come sarà il loro percorso di inclusione in Italia. Appena arrivati faranno la quarantena in un centro di accoglienza, dove vivranno con un mediatore culturale che li aiuterà a orientarsi in questo mondo nuovo per loro, inizieranno a studiare l'italiano e conosceranno sia gli operatori dei servizi sociali sia le famiglie affidatarie. Successivamente verranno accolti in famiglia e inizieranno a frequentare la scuola".

Poi cosa succederà? "Dal punto di vista legale, trattandosi di minori non accompagnati provenienti da un paese in guerra, è molto probabile che decidano, insieme al loro tutore qui in Italia nominato dal tribunale per i minorenni, di presentare domanda di asilo per avere così un titolo di soggiorno stabile per restare in Italia. Sono già stati riconosciuti come rifugiati in Niger, hanno avuto il vaglio delle autorità locali. Dal punto di vista formativo, dopo la licenza media potranno decidere se continuare con la scuola secondaria superiore oppure nella formazione professionale fino al conseguimento di una qualifica o al diploma di scuola. La borsa di studio garantita dal nostro progetto dura dodici mesi e l'accordo con i comuni è che al termine di quel periodo il ragazzo venga inserito nei normali progetti di inclusione dei minori non accompagnati che ciascun comune gestisce. Il primo anno il costo dell'accoglienza è a carico di Intersos, poi l'accoglienza viene presa in carico dal comune competente. A 18 anni si potrà se chiedere al tribunale dei minorenni di estendere l'affidamento con un istituto che si chiama prosieguo amministrativo fino a un massimo di 21 anni, con la garanzia di un percorso di accoglienza e inclusione per un raggiungimento di un buon livello di autonomia. Se l'affidamento familiare sta funzionando bene e se tutti sono d'accordo a proseguire, il ragazzo può restare in famiglia fino ai 21 anni, ossia il termine per la copertura del contributo per l'affidamento famigliare".

Le borse di studio sono finanziate grazie al fondo "Liberi di partire, liberi di restare" della Cei, mentre il progetto nel suo complesso è finanziato da fondazione Migrantes, Acli e la Compagnia di San Paolo. "Pagella in tasca" è un progetto pilota, con alla base una stretta collaborazione tra società civile, organizzazioni e istituzioni. "Speriamo che nel tempo possa diventare un'esperienza consolidata, sia nel coinvolgere altri minori in arrivo dal Niger sia per coinvolgere ragazzi da altri paesi in cui ci sono elevati numeri di minori non accompagnati rifugiati che non hanno prospettive di inserimento: parliamo di paesi molto poveri, in guerra, con fenomeni di terrorismo, in cui i ragazzi non possono trovare condizioni per un inserimento positivo e una realizzazione piena dei loro diritti", conclude Elena Rozzi. 

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