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Martedì, 19 Marzo 2024
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"Così al Parlamento Ue abbiamo dato un tetto alle donne in fuga da violenze e povertà"

Durante il primo lockdown, centinaia di madri e ragazze sole hanno trovato rifugio negli uffici lasciati liberi dai funzionari. Tante di loro oggi non vivono più per strada e stanno costruendo una nuova vita

“Asmae è una donna che si è ritrovata tra le mura domestiche con un uomo che la maltrattava e due figli, una situazione complicata. È rimasta incinta senza volerlo. Durante una visita, i medici si sono accorti dei lividi e hanno chiamato i servizi sociali. Si è ritrovata in un centro di accoglienza con i suoi due figli e ha partorito una bambina. Faceva uso di sostanze e aveva alle spalle un percorso molto traumatico e difficoltoso, ma grazie al periodo trascorso in Parlamento europeo ha potuto trovare una situazione di tranquillità nel medio termine. Adesso dovrà imparare a gestire tutte le sue paure e problematiche per poter accogliere di nuovo i figli a casa”. 

A raccontare a Europa Today la storia di una delle 279 donne ospitate dal Parlamento europeo durante la pandemia è Sarah Khoudja, tra le responsabili del progetto che ha portato le senzatetto nella casa della democrazia. Khoudja ha vissuto tanti anni a Roma e parla un perfetto italiano. Arrivata a Bruxelles dieci giorni prima del lockdown, si è ritrovata a fare i conti con le responsabilità di una professionista dell’assistenza sociale durante uno dei periodi di massima pressione sui centri d’accoglienza per le persone senzatetto. Chi pensa a Bruxelles come un eldorado fatto solo di lobbisti, parlamentari e funzionari europei sarà sorpreso di sapere che le strade del centro della capitale belga pullulano di persone che dormono all’addiaccio.

Donne e bambini per le strade della capitale Ue

Secondo l'ultimo censimento, nella città che ospita le istituzioni europee ci sono almeno 4.380 adulti e 933 bambini che sopravvivono senza fissa dimora. A preoccupare è soprattutto il trend in aumento che ha visto crescere i minori che dormono per strada di oltre il 50% negli ultimi anni (erano 600 solo nel 2018). “Siamo a livelli incredibili ed è solo l’inizio”, sospira Khoudja, che ripercorre alcuni momenti tragici vissuti assieme ai colleghi di Samusocial, l’organizzazione per cui lavora e che si occupa di dare assistenza alle persone senzatetto. Il 2020 “è stato il primo anno in cui abbiamo dovuto rifiutare un posto anche alle donne” all’interno dei centri d'accoglienza sparsi per la città. “Chiamano al telefono la sera in cerca di un posto per dormire”, racconta, “e normalmente le donne non erano mai state escluse”. Al massimo “venivano messe in camere miste, ma non venivano mai lasciate per strada”, come invece è accaduto l’anno scorso. Un'ulteriore dimostrazione dell’emergenza sociale in atto che, sommata alla crisi pandemica, chiama in causa le istituzioni pubbliche, costrette non solo ad assicurare le funzioni che ricoprono ‘in tempo di pace’, ma anche a fare i conti con le nuove necessità del presente. 

La reazione del Parlamento

“Allo scoppiare della pandemia, la prima risposta del Parlamento europeo è stata quella di continuare ad assicurare le funzioni legislative, di bilancio e di scrutinio”, ricorda Federico De Girolamo, addetto stampa dell’Eurocamera. “Assieme alle altre istituzioni Ue, i deputati hanno reagito per creare una risposta europea alla pandemia”, dal piano di ripresa Next Generation EU ai vari fondi d’emergenza mobilitati per far fronte alla crisi sanitaria. “Però il Parlamento europeo è anche un’istituzione che vive il luogo in cui ha la sede”, spiega De Girolamo, “e dunque per iniziativa del Parlamento e del suo presidente, David Sassoli, abbiamo contattato le autorità locali delle tre sedi di lavoro (Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo, ndr) per offrire il nostro sostegno” e affrontare “le conseguenze sociali ed economiche della crisi sulla popolazione”. “Di qui l’accordo con Samusocial a Bruxelles” per ospitare le donne vulnerabili negli uffici lasciati liberi dai funzionari, costretti a lavorare da casa per evitare i contagi. 

Dalla strada all'Eurocamera

“Abbiamo l’esperienza e la capacità di trasformare velocemente gli edifici in centro di accoglienza perché è quello che siamo abituati a fare soprattutto d’inverno”, sottolinea Khoudja, “quando trasformiamo all’ultimo minuto uffici sfitti in luoghi per accogliere i senzatetto nel periodo in cui le temperature sono troppo rigide” per dormire in strada. E grazie all’intesa con l’Europarlamento, il Palazzo Helmut Kohl è diventato per quattro mesi la casa delle donne in difficoltà. “Abbiamo potuto garantire un momento di calma” in un luogo in cui “le stanze erano a dimensione umana”, ricorda Khoudja. “Il progetto - spiega De Girolamo - è iniziato il 29 aprile, un mese dopo l’inizio del primo lockdown, ed è durato fino alla fine di agosto”. In questo periodo “il Parlamento ha dato accoglienza a 279 donne negli uffici dello staff” e “ha offerto sostegno con un servizio di mensa 7 giorni su 7” e mettendo a disposizione “bagni, docce private e tutto ciò che serve per lavare i propri vestiti”. 

"La bellezza porta bellezza"

“Con l’aiuto del Parlamento potevamo finalmente dare qualità”, spiega Khoudja. Del giorno in cui le donne sono entrate per la prima volta nell’edificio intitolato al cancelliere tedesco, la responsabile del progetto ricorda “lo stupore della bellezza”. Le donne abituate ad arrangiarsi in una vita complicata all'improvviso si sono ritrovate “in un luogo dove avevano la loro camera, al massimo da condividere con un’altra persona, con un letto vero, comodini e armadi tutti mobili molto belli”, offerti per l’occasione da Ikea. “Ed è questo il senso del lavoro di Samusocial: ridare dignità”, sottolinea Khoudja, “e ridare accesso a vita dignitosa per permettere di andare avanti con le proprie gambe”. E visto che “la bellezza porta bellezza”, gli operatori sociali sono riusciti a sviluppare con le donne ospitate “un lungo lavoro sulla riappropriazione della sicurezza in sé stesse, del proprio corpo e della propria immagine”. A dimostrare l’atmosfera accogliente e sicura sono rimasti “i ritratti, le poesie, le iniziative solidali per aiutarsi tra di loro”, tutte reazioni che “non sono così ovvie” perché “quando si è da soli e per strada, si è abituati a stare attenti solo a sé stessi, alla propria vita e la fiducia nel prossimo non è così scontata”, precisa Khoudja.

Il 'modello Kohl'

L’accoglienza in Parlamento, oltre a offrire assistenza nell’immediato, “ha permesso a 64 donne (quasi una su quattro di quelle ospitate, ndr) di abbandonare definitivamente la strada” per andare a vivere in luoghi sicuri dove oggi hanno la possibilità unica più che rara di costruire una nuova vita. Il sostegno dell’Eurocamera è dunque destinato a fare scuola e diventare un modello per le tante associazioni che cercano di frenare la crescita dei senzatetto nelle strade di tante metropoli europee. Quanto sperimentato a Palazzo Kohl, potrebbe essere replicato “su una scala più grande dopo il ritorno alla normalità amministrativa”, è la speranza di Khoudja. “Il sistema si sta sgretolando e non dà segnali di ripresa”, sostiene l’assistente sociale. Dopo l’esperienza in Parlamento “abbiamo potuto trasferire questo progetto in un centro molto più piccolo che vive di sussidi regionali che non sono garantiti neanche di sei mesi in sei mesi”. “Il sistema in sé ha creato delle disparità” e nonostante gli sforzi messi in piedi per arginare la crisi in corso, “il problema è ormai strutturale”, è l’amara conclusione della responsabile di Samusocial.

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