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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Passaporto sanitario per andare in vacanza: davvero servirà?

Se ne parla tanto. La Sardegna insiste, la Sicilia ci pensa. Il "passaporto sanitario" per andare in vacanza tiene banco: sarebbe una sorta di pre-indagine epidemiologica, ma servirebbe davvero a qualcosa?

La Sardegna insiste, la Sicilia ci pensa, il tema è di strettissima attualità e interessa soprattutto quelle regioni in cui il turismo estivo è fondamentale per far ripartire l'economia dopo i mesi più difficili da molti anni a questa parte. Il "passaporto sanitario" per andare in vacanza tiene banco: sarebbe una sorta di pre-indagine epidemiologica. E' la Sardegna la più agguerrita. Accogliere turisti che abbiano un qualche certificato di negatività, in modo da garantire la sicurezza sanitaria di turisti e residenti, ma anche in modo da offrire un periodo di vacanza "covid free". La questione del passaporto sanitario per andare in Sardegna sarà definita entro dopodomani, venerdì, quando sarà presa a livello nazionale la decisione sugli spostamenti tra le regioni. Il Presidente della Regione Christian Solinas vorrebbe che fosse introdotto l'obbligo di una semplice certificazione "da rilasciare in tutta Italia", e al governo chiede "che prenda le dovute iniziative perché nei laboratori pubblici o privati di tutto il Paese si possa fare un test che certifichi la negatività al Covid-19". 

Per l'estate 2020 ormai alle porte le stime (molto ottimiste) della Regione parlano di più di 2,5 milioni di turisti attesi in Sardegna fino al mese di settembre: "Non attuare alcun controllo è un lusso che non ci possiamo permettere". Solinas a Un Giorno da Pecora, su Rai Radio 1, dice di non avere intenzione di mollare su questo punto: un certificato di negatività "dovrà essere presentato non quando si prenota il biglietto ma entro tre giorni dalla partenza", spiega, "così il passeggero arriverà in aeroporto munito di carta d'imbarco, documento d'identità e questo certificato". E a chi non ha tale certificato? "O non ci si imbarca, oppure stiamo verificando se sarà possibile realizzare questi test direttamente all'arrivo".

Pensare che possano essere fatti tamponi veri e propri, molecolari, a tutti coloro che vogliono andare in Sardegna è francamente al di là di qualsiasi immaginazione. I laboratori delle regioni colpite duramente dall'epidemia hanno fatto fatica a testare tutte le persone con sintomi negli scorsi mesi, impossibile che il tampone molecolare diventi routine per il settore turistico. Degli oltre 3,2 milioni eseguiti in Italia da inizio epidemia quelli “diagnostici” (cioè casi nuovi testati e non secondi o terzi tamponi per verificare la guarigione) sono appena 2 milioni. Il numero di tamponi eseguito ogni giorno per nuovi casi nella Fase due è rimasto lo stesso - 30-40mila circa - a quello della Fase uno.

La maggioranza sardo-leghista che guida la Regione Sardegna ha proposto test rapidi come quello salivare, che dà un responso in pochi minuti. Piccolo problema: il test di questo tipo ancora non è stato validato in Italia: "Se il governo farà la sua parte potranno essere richiesti nelle farmacie o dai medici di famiglia" si augura Solinas. Un auspicio e poco più. Viene presa in considerazione anche l'ipotesi di fare questi test salivari in aeroporto, ma non è chiaro come e con che risorse gli aeroporti possano garantire un'assistenza logistica. C'è anche un altro problema di fondo però in tal caso: una eventuale positività costringerebbe i turisti alla quarantena (in che strutture?) e farebbe saltare la vacanza. La Sardegna vuole rimborsare ai turisti che sbarcheranno sull'isola la spesa per i test: "In termini di servizi presso gli alberghi, o, qualora si abbia una seconda casa o ci si rechi in altre strutture, con bonus regionali che, ad esempio, consentano l'accesso ai siti archeologici". Staremo a vedere.

Per quel che riguarda i residenti che lasciano l'Isola, anche loro avranno bisogno della certificazione per tornare? "Per chi entra ed esce con frequenza per lavoro - ha fatto sapere Solinas - è già prevista una speciale esenzione, e la vita di questi soggetti non verrà complicata". In Sicilia cambiano i termini ma non la sostanza. “Servirebbe una sorta di ‘patente‘, si tratta di definire qual è il criterio – spiegava il governatore Nello Musumeci qualche giorno fa – precisando, però, che "si tratta di soluzioni parziali, perché il virus continua a essere presente anche in soggetti asintomatici". Comunque "credo che bisognerà adottare una soluzione. Intanto pensiamo a un turismo autoctono, composto da siciliani che si muovono da un posto all’altro della Sicilia, sono 2 milioni di persone".

Il punto focale di tutta la vicenda è che non esiste nessun patentino di immunità: il direttore scientifico dello Spallanzani, Giuseppe Ippolito ha spiegato che non c'è alcun test veloce che abbia un'affidabilità tale da rilasciare un vero e proprio patentino. I controlli e i certificati che Sicilia e Sardegna vorrebbero sono un modo per ridurre i rischi, non per azzerarli, e i problemi logistici sembrano numerosi. "La soluzione è ambiziosa ma impraticabile", ha tagliato corto Pierpaolo Sileri, viceministro della Salute in un intervento su Radio 24. "È necessaria un’uniformità su tutto il territorio". La decisione definitiva è attesa a giorni. 

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