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Sabato, 20 Aprile 2024
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Più cure domiciliari e meno in ospedale: la sanità dopo il Covid

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza vuole cambiare il nostro servizio sanitario, a partire dalla “vicinanza” delle cure ai cittadini: come? Dopo le Asl e le Usca arrivano i COT, l'IFoC e le UCA

Il Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, vuole cambiare la sanità in Italia. Un piano di salvataggio economico con pochi precedenti e nato durante una pandemia non poteva che includere una riforma del servizio sanitario nazionale. Il Next Generation Eu è stata la risposta dell’Unione Europea alla crisi economica causata dalla pandemia, e il Pnrr è l’implementazione italiana di questi fondi: 191,5 miliardi di euro a cui si aggiungono altri 30 miliardi previsti da un piano complementare del Governo. Si può sfruttare un’emergenza per superare delle criticità, anche quelle emerse nel settore della sanità durante la pandemia. La speranza è quella di rendere più efficiente il sistema (ad esempio con la digitalizzazione) senza dover aumentare in futuro i finanziamenti, ma il risultato è tutt’altro che scontato, per le caratteristiche del nostro servizio sanitario nazionale e delle persone che avranno più bisogno di assistenza, soprattutto in futuro, a causa dell’aumento dell’età media della popolazione italiana.

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Il punto di partenza

Il Servizio sanitario nazionale ha il compito di tutelare la salute dei cittadini, un diritto fondamentale previsto dalla Costituzione (art.32). La sanità pubblica italiana si basa su 3 principi: 

  • Universalità
  • Uguaglianza
  • Equità

Tutti devono avere accesso alle cure, senza nessuna distinzione di condizioni individuali, sociali ed economiche. Per assicurare il diritto alla salute l’Italia destina ogni anno centinaia di miliardi di euro per il mantenimento della sanità pubblica. Negli ultimi anni i fondi sono aumentati a causa della pandemia, ma in precedenza i tagli sono stati evidenti e hanno causato una sostanziale stagnazione della spesa sanitaria.

spesa sanitaria italia-2

Ad esempio nel 2019, l’anno precedente la pandemia, lo Stato ha speso 114,4 miliardi di euro, per poi passare nel 2020 a 120,5 miliardi. Per il 2022 sono previsti 124 miliardi di euro di spesa, 126 miliardi per il 2023 e 128 miliardi per il 2024. Esclusi gli ultimi anni di spese straordinarie dettate dalla pandemia, la spesa pubblica nella sanità ha rallentato, portando ad una crescita della spesa sanitaria privata sostenuta dalle famiglie, aumentata in media di circa il 2,5%. Secondo la fondazione Gimbe il finanziamento pubblico alla sanità è stato tagliato di oltre 37 miliardi, di cui circa 25 miliardi solo nel nel 2010-2015 e oltre 12 miliardi nel 2015-2019. I dati Ocse aggiornati al luglio 2019 dimostrano che l'Italia si attesta sotto la media sia per la spesa sanitaria totale (3.428 dollari contro 3.980), sia per quella pubblica (2.545 contro 3.038), precedendo solo i Paesi dell'Europa dell'Est orientale, oltre a Spagna, Portogallo e Grecia. Nel periodo 2009-2018 l'incremento percentuale della spesa sanitaria pubblica si è attestato al 10%, rispetto a una media del 37%.

spesa sanitaria ocse italia-2

spesa sanitaria italia vs eurozona-2

Le risorse del Pnrr per la sanità

Il Pnrr è diviso in 6 missioni e la sesta è dedicata alla sanità, con 15,6 miliardi di euro, l’8,6% delle risorse totali. Se si contano i finanziamenti del Fondo complementare impiegati dal Governo e quelli del React Eu si sale a circa 20 miliardi di euro. È comunque la missione con il finanziamento più esiguo rispetto al totale di oltre 222 miliardi tra Pnrr e Fondo complementare. Divisione risorse pnrr italia-2

Ricercatori e case farmaceutiche avranno accesso ai dati sanitari di tutti gli europei

Le finalità, in generale

“La pandemia ha reso evidenti almeno tre limiti. Il ritardo accumulato nell’adeguare il nostro Servizio sanitario nazionale un mutato contesto demografico ed epidemiologico, il deficit digitale della sanità italiana, una crescita delle disuguaglianze nell’accesso ai Livelli essenziali di assistenza” ha detto il ministro della Salute Roberto Speranza in un'audizione presso la Commissione Affari sociali alla Camera dei Deputati.

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Gli obiettivi della Missione 6 del Pnrr proveranno a risolvere queste problematiche e si articoleranno in due aree principali: 

  • Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale: si ridisegnerà la rete di assistenza sanitaria territoriale con professionisti e prestazioni disponibili in modo capillare su tutto il territorio nazionale;
  • Innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale, tramite il potenziamento tecnologico degli ospedali, la digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale, investimenti in ricerca e formazione del personale sanitario.

Oltre le riforme di sistema e infrastrutturali, si agirà dunque anche su personale e ricerca: la promozione e il rafforzamento della ricerca scientifica biomedica verrà favorita con il trasferimento tecnologico tra ricerca e imprese di almeno 424 progetti su malattie e tumori rari e malattie altamente invalidanti. Il potenziamento della formazione verrà attuata con:

  • 1.800 borse di studio aggiuntive per corsi di medicina generale entro la metà del 2023 e 900 borse di studio aggiuntive entro la metà del 2024;
  • 4.500 unità di professionisti con competenze manageriali e digitali avanzate;
  • Un Piano straordinario cd. "infezioni" con la formazione sulle infezioni ospedaliere per circa 150.000 partecipanti;
  • 4.200 contratti aggiuntivi di formazione specialistica supplementari.

La sanità sul territorio

Parte degli investimenti del Pnrr sarà dedicato alla ridefinizione dell’assistenza sanitaria sul territorio, puntando sulle cure intermedie, cioè sui casi che non richiedono il ricovero in ospedale. Gli ospedali non verranno certo trascurati e verranno potenziati con l'acquisto di 3.133 nuove grandi apparecchiature sanitarie ad alto contenuto tecnologico, oltre 7.700 posti-letto. Nel Pnrr il 40% delle risorse devono essere destinate al Mezzogiorno e questo vale anche per la sanità: l’obiettivo è quello di cercare di ridurre i divari storici di questa parte del Paese rispetto al resto d’Italia. 

Le case dovranno però essere il primo luogo di cura: serviranno 4 miliardi. Il progetto delle cure domiciliari mira ad aumentare il il numero di queste prestazioni a distanza fino a prendere in carico, entro la metà del 2026, il 10 per cento della popolazione di età superiore ai 65 anni con una o più patologie croniche e/o non autosufficienti. Oltre i problemi causati dalla pandemia, la presenza di malattie croniche e di una quota maggiore di popolazione in età avanzata che avrà bisogno di assistenza saranno affrontate avvicinando la sanità alle persone, con un nuovo modello di assistenza territoriale di prossimità basata su: 

  • Potenziamento dell’assistenza domiciliare, anche grazie all’impiego della telemedicina; 
  • Realizzazione di nuove strutture e presidi sanitari sul territorio che migliorano l’accessibilità e ampliano la disponibilità di servizi di prossimità ai cittadini;

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In particolare, nasceranno nuove strutture:

  • Le Case della comunità: luoghi fisici di "facile individuazione" e tecnologicamente avanzati dove la comunità può accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria, sociosanitaria e sociale, per ridurre il numero delle ospedalizzazioni non urgenti: l'obiettivo è di crearne almeno 1.350 entro il 2026;
  • L’Ospedale di Comunità: è una struttura sanitaria di ricovero e svolge una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero. L'obiettivo è quello di realizzare 400 entro il 2026 strutture sanitarie territoriali, rivolte a pazienti che, a seguito di un episodio di acuzie minore o per la riacutizzazione di patologie croniche, necessitano di interventi sanitari a "bassa intensità clinica" potenzialmente erogabili a domicilio, ma che necessitano anche di assistenza e sorveglianza sanitaria infermieristica continuativa, anche notturna, non erogabile a domicilio (o in mancanza di idoneità del domicilio stesso, strutturale o famigliare).

La telemedicina e le cure domiciliari

Le cure domiciliari sono un altro modo di avvicinare il servizio sanitario al cittadino, evitando di interessare gli ospedali. L'obiettivo è assistere, nel 2025, almeno 200mila persone sfruttando strumenti di telemedicina. Seervirà circa un miliardo di euro. Di recente sono state pubblicate delle linee guida per definire questo nuovo modello organizzativo che ruotano intorno a nuove strutture che coordineranno tutto: oltre alle Asl, le Usca, ci saranno nuovi “luoghi” e professionalità:

  • Le Cot (Centrali operative territoriali), ossia i medici di medicina generale e Pediatra di libera scelta che svolgono il ruolo di responsabile clinico del rapporto di cura;
  • L’Ifoc, l’infermiere di famiglia o di comunità che assicura l’assistenza infermieristica ai diversi livelli di complessità in collaborazione con tutti i professionisti presenti nella comunità in cui opera
  • Uca L’Unità di Continuità Assistenziale (UCA) è un’équipe mobile distrettuale per la gestione e il supporto della presa in carico di individui, o di comunità, che versano in condizioni clinico-assistenziali di particolare complessità e che comportano una comprovata difficoltà operativa. L'équipe UCA afferisce al Distretto ed è composta da almeno 1 medico e 1 infermiere che operano sul territorio di riferimento anche attraverso l’utilizzo di strumenti di telemedicina.

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L’innovazione tecnologica e digitale

Per funzionare bene, la telemedicina ha bisogno di un’infrastruttura digitale, cosa di cui la sanità italiana è stata fin qui carente. La pandemia ha accelerato questi processi, con la digitalizzazione dell’anagrafe vaccinale nazionale per agevolare il rilascio dei Green Pass, ad esempio. Nel concreto, i percorsi di telemedicina potranno avviarsi:

  • Da casa: tutti gli attori dell'assistenza territoriale (ognuno per le proprie competenze) possono individuare e proporre il paziente per il quale l'utilizzo di strumenti di telemedicina sia adeguato e utile all'integrazione delle cure domiciliari;
  • Dal luogo di ricovero: è il personale della struttura che può decidere di proseguire le cure attraverso interventi domiciliari, anche supportati da servizi di telemedicina.

Un ruolo strategico sarà assicurato dalla domotica, per un uso intelligente delle tecnologie e delle strumentazioni mediche da casa. In questo campo le risorse sono oltre 7 miliardi di euro.

Il Pnrr e la nuova sanità: funzionerà?

La parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza dedicata alla Sanità è quella che ha il minor numero di risorse disponibili rispetto al totale. Oltre agli investimenti infrastrutturali e sul personale, si creeranno nuove strutture e diversi modelli organizzativi. Considerato che la spesa pubblica nella sanità rimarrà costante, la vera domanda per il futuro è se i fondi stanziati riusciranno a mantenere in piedi tutte le novità. La speranza su cui sono basati questi investimenti è che la crescente digitalizzazione e razionalizzazione dei processi aumenterà l'efficienza del Servizio sanitario nazionale, rendendolo più sostenibile nel lungo periodo, anche con una popolazione più anziana, e quindi più soggetta ad assistenza medica. 

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