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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Spionaggio e attività illegali della polizia cinese in Italia? Il governo ora vuole vederci chiaro

Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi torna nuovamente sul tema: "Sulla presunta apertura in Italia di stazioni di polizia cinesi le forze dell'ordine stanno svolgendo accertamenti". Ma all'estero c'è chi parla di "Operazione Fox Hunt"

Il governo guidato da Giorgia Meloni sembra non voler abbassare la guardia sulla presenza di "stazioni di polizia" cinesi sul territorio italiano. Dopo l'intervento dello scorso 7 dicembre alla Camera, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi torna nuovamente sul tema rispondendo a una interrogazione di Fratelli d'Italia nel question time al Senato di oggi 12 gennaio. "Sulla presunta apertura in Italia di stazioni di polizia cinesi le forze dell'ordine stanno svolgendo accertamenti su diverse associazioni, anche su indicazioni di intelligence, per acquisire evidenze di eventuali illegalità", ha affermato il titolare del Viminale, rimarcando così quanto detto lo scorso mese sull'avvio di un approfondimento sulle attività dei centri presenti in 11 città italiane. 

In Italia ci sono 11 stazioni di polizia cinese non autorizzate

"A Milano, Prato e Roma - ha ricordato Piantedosi - è stata riscontrata la presenza di diverse associazioni culturali attive per lo più nel disbrigo di pratiche amministrative a beneficio di propri connazionali quali il rinnovo di passaporti, il rilascio di patenti, l'assistenza per infortuni e malattie. Ulteriori verifiche sono in corso in altre città e saranno contestate le eventuali irregolarità emerse, in coordinamento con l'autorità giudiziaria". Il Viminale vuole quindi fare chiarezza sulle operazioni delle "stazioni di polizia" cinese in Italia, dopo la pubblicazione del report dell'ong di Madrid Safeguard Defenders e le diverse inchieste giornalistiche. 

Il metodo "persuadere a tornare"

Il sospetto sollevato è che queste stazioni siano attive per controllare la fedeltà della popolazione cinese all’estero e per sorvegliare i dissidenti, costringendoli a rientrare in patria attraverso minacce anche a parenti e amici in Cina. Il timore più grande è che queste strutture facciano anche operazioni di polizia in un territorio di uno Stato terzo. 

Mascherati da uffici amministrativi per il rinnovo patenti o per il supporto burocratico dei cinesi oltre confine, questi sportelli agiscono come uffici consolari paralleli, in violazione della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari. Da qui scatta l'allarme: queste stazioni rappresentano una minaccia per la sicurezza e la sovranità territoriale dei paesi in cui sono presenti, nonché sono uno strumento per perseguire la caccia del governo cinese ai dissidenti.  

Perché ci sono delle stazioni di polizia cinesi in Italia

"Sul tema è in corso un monitoraggio di massima attenzione - ha concluso Piantedosi il suo intervento - di cui seguo personalmente gli sviluppi, non escludendo provvedimenti sanzionatori in caso di illegalità". Il titolare del Viminale, pur non citando esplicitamente il progresso delle attività di monitoraggio, rimarca così quanto già affermato nel question time alla Camera del 7 dicembre scorso, secondo cui al Dipartimento della pubblica sicurezza "non risulta alcuna autorizzazione" all'attività di centri cinesi dedicati al disbrigo di pratiche amministrative in Italia. 

Operazione 'Fox Hunt"

L'Italia non è l'unico Paese a ospitare le "stazioni di polizia" amministrate dal personale proveniente dalla Repubblica popolare. Almeno quattro contee cinesi - Fuzhou, Qingtian, Nantong e Wenzhou - hanno istituito dozzine di centri di polizia d'oltremare, secondo i resoconti dei media statali e le dichiarazioni pubbliche pubblicate in Cina. Questi raccontano di siti presenti in Giappone, Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania, Ungheria, Repubblica Ceca e altre nazioni.

Già nel maggio del 2019, il People’s Public Security News presentava l'"innovativa creazione di centri di servizio di polizia d’oltremare" dell’Ufficio di pubblica sicurezza della contea di Qingtian, che forniscono "servizi convenienti per il vasto numero di cinesi d’oltremare" in 21 città di 15 Paesi, e per cui sono stati assunti "135 leader cinesi d’oltremare nati a Qingtian e leader di gruppi cinesi d’oltremare, costruendo una squadra di oltre 1.000 persone" coordinata da un "centro di collegamento domestico".

L'allarmante presenza dei siti di polizia nel mondo ha spinto diversi funzionari a bollare il metodo del persuadere i dissidenti a tornare in Cina come "Operazione Fox Hunt". All'estero le autorità governative e di intelligence sono al lavoro per comprendere la reale attività di questi siti di polizia cinese. Il New York Times racconta che lo scorso autunno l'FBI ha perquisito un edificio nella trafficata Chinatown di New York dove avrebbe sede uno sportello di polizia istituito dalla città di Fuzhou. Alcuni report dell'intelligence statunitense, scrive la testata newyorkese, descrivono gli uffici cinesi come stazioni che "raccolgono informazioni" e risolvono crimini all'estero senza collaborare con i funzionari locali. 

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