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Venerdì, 1 Dicembre 2023
L'emergenza

"Noi italiani finiti in strada dopo una vita di lavoro: così col governo Meloni siamo diventati più poveri"

Lavoratori con salari troppo bassi, anziani con un assegno sociale insufficiente a sopravvivere, un esercito di "esodati" dal reddito di cittadinanza tagliati fuori dal mercato del lavoro: la povertà è esplosa nel 2022 anche a causa dell'inflazione ma il governo sembra sordo al problema. Abbiamo raccolto le loro storie

"La distribuzione dei generi alimentari inizia alle 13:30, ma la fila per riceverli parte già dalle 8:30 del mattino. Vediamo decine di persone disposte ad attendere ore per accapparrarsi i prodotti freschi, i primi a terminare. Il parroco del nostro paese ogni giorno riceve invece fuori dalla parrocchia gruppi di famiglie che chiedono una mano per pagare le bollette o per le viste mediche". Sembra una cronaca da secondo dopoguerra: è la quotidianità vissuta da milioni di italiani. Il racconto è di Annamaria, volontaria Caritas del Banco Alimentare di Viadana, paese di circa 20mila abitanti in provincia di Mantova che sottolinea: "Non ricordo scene simili". Qui la Caritas si occupa di circa 183 famiglie, per un totale di più di 600 persone. I volontari ci fanno sapere che le richieste di aiuto aumentano di settimana in settimana.

Complice un'inflazione sempre più sostenuta, salari fermi da 30 anni, lavori intermittenti e pensioni inadeguate, la povertà in Italia è letteralmente esplosa. A certificarlo sono anche gli ultimi dati Istat di ottobre: nel 2022 oltre l'8% delle famiglie italiane versava in povertà assoluta. Parliamo di oltre 5,6 milioni di italiani che non riescono a mettere insieme il pranzo con la cena o avere una dimora stabile. Cifre che non tengono conto dell'abolizione del reddito di cittadinanza scattata per molti già a luglio e che entrerà in vigore per tutti a gennaio 2024, rischiando di lasciare per strada non pochi italiani. 

"Sono finita per strada per un lutto: oggi senza reddito di cittadinanza ho smesso di curarmi" 

Aida ha 59 anni e, dallo scorso luglio, e tra quel gruppo di persone che non ha più il diritto al sussidio. Lavorava come psicologa e mediatrice culturale. Dopo un grave lutto familiare si ammala di una forte depressione e perde il lavoro. Nel 2016 viene sfrattata dopo aver pagato per l'affitto per ben 32 anni, a quel punto la sua casa diventa la strada. Riesce a risollevarsi grazie all'aiuto di una psichiatra e al supporto di "Nonna Roma", banco del mutuo soccorso romano che si occupa della distribuzione di beni alimentari e di prima necessità, di cui diventa volontaria. Nel 2022 riesce ad avere il reddito di cittadinanza e la sua vita cambia: "Quando mi hanno dato il reddito sono riuscita ad andare al supermercato e fare spesa, ad esempio, come tutte le persone normali. Sono riuscita anche a comprarmi degli occhiali da vista - ci racconta - e delle medicine per i miei problemi di salute; da quando me l'hanno tolto, non ho messo più piede in farmacia".

Aida è considerata dallo Stato "occupabile" e oggi teoricamente dovrebbe sottoscrivere il nuovo patto per il lavoro. Un nuovo sussidio per il quale il governo ha ulteriormente stretto le maglie. Per accedervi l'esecutivo ha abbassato i requisiti di Isee da 9mila a soli 6mila euro l'anno e anche la somma destinata ai percettori è stata "tagliata" ad appena 350 euro al mese con dei parametri molto più stingenti.

"Senza reddito di cittadinanza condannate al lavoro nero (se siamo fortunate)"

Ma il problema vero è un altro: molte delle persone a cui il sostegno è stato tolto sono fuori strutturalmente da anni dal mercato del lavoro come il grafico sotto dimostra. Oltre il 72% dei beneficiari non ha mai lavorato nei 3 anni precedenti e sono considerati ormai praticamente "non occupabili" per svariate ragioni. Molti, come Aida, sono ormai sulla soglia della pensione. Una nuova classe di "esodati" che è stata di fatto tagliata fuori da ogni sussidio e che rischia di incidere enormenente sulla percentuale dei nuovi poveri. 

"Dall'inizio dell'anno abbiamo avuto una crescita delle richieste di aiuto del 20-25% - racconta a Today.it Alberto Campailla, presidente dell'associazione Nonna Roma - e in particolare registriamo un aumento di persone con un età compresa tra i 55 e i 65 anni. Non sono ancora in età di pensione, ma non sono spesso più in grado più di lavorare. Parliamo non di rado di lavoratori che hanno perso il lavoro e percepivano il reddito di cittadinanza. Del resto dopo una certa età trovare lavoro in Italia è quasi impossibile e molti di loro hanno svolto professioni per cui non esiste nemmeno più un mercato".

A ottobre 2022 l’età media dei richiedenti del reddito di cittadinanza si attestava sui 50 anni di età, nonostante la narrazione governativa dei "giovani sul divano". E molti di quelli che percepivano il sussidio sono rimasti senza lavoro, né aiuti. Si sommano alla povertà trentennale di questo paese composta da pensioni minime e assegni sociali troppo bassi, lavoratori in nero che non hanno versato mai contributi e oggi anche lavoratori poveri. Si, perché spesso lavorare non basta più per avere un tetto.  

"Sfrattata quattro volte anche se occupata: ecco cos'è diventato il lavoro oggi"

"Ho lavorato nella ristorazione per ben 17 anni. In questo lasso di tempo ho avuto ben quattro sfratti esecutivi pur essendo formalmente occupata. Prima di parlare di mondo del lavoro bisogna conoscerlo" ci racconta Vita, 46enne di Palermo. Oggi collabora a un Caf saltuariamente: 8 -10 euro settimanali pagate tra i 350 e i 400 euro al mese. Un salario che integrava fino a ieri con il reddito di cittadinanza a cui ha dovuto rinunciare nel mese di luglio. Senza quei soldi Vita non è più stata in grado nemmeno di curare il suo gatto, che è purtroppo morto qualche giorno fa. 

Il lavoro c'è, ma è povero: i dati che smentiscono il governo

"Soffro di menopausa precoce che mi provoca osteoporosi e mi hanno diagnosticato anche il lupus a livello coagulante, non posso fare i lavori che facevo prima nella ristorazione e nelle case di riposo - racconta a Today.it - ho provato a presentare fino al mese di ottobre la richiesta di invalidità e da pochissimo mi sono trovata il reddito di cittadinanza sbloccato fino a dicembre. Nel frattempo ho accumulato debiti anche solo per pagare l’energia elettrica e ho perso il mio gatto, che era un mio affetto e che consideravo parte integrante della mia famiglia".

Vita è, a tutti gli effetti, una lavoratrice povera, ma la storia che ci racconta è lontana anni luce dalla retorica dei lavoratori seduti sul divano e degli imprenditori che non trovano forza lavoro per i presunti "vizi" dei giovani sfaticati. 

pacco_alimentare_anziana_lapresse

"Mi sono sempre arrangiata a fare di tutto, ma vi spiego come funziona il mondo della ristorazione a Palermo - ci racconta Vita - in primis vieni messa in prova almeno per 15 giorni, in questo periodo la retribuzione ovviamente non esiste. Dopodiché ti fanno un contratto a tempo part-time a 20 ore settimanali quando in realtà ne fai 60 se non 70. Lo stipendio formale è di 400-500 euro, quello reale (il restante viene versato in nero) è di mille euro".

Ho cercato lavoro stagionale anche al Sud: 3 euro l'ora per fare la cameriera 10 ore al giorno

Non solo, la paga spesso è intermittente e Vita aspetta acconti per riuscire a pagare l'affitto. Quotidianamente vive la costante minaccia di venire rimpiazzata da "una fila di lavoratrici". Nel frattempo si accumulano i debiti e anche le richieste di sfratto. Un'esistenza precaria che non ha scelto e che oggi è aggravata anche da un mondo del lavoro dove non c'è mercato. 

"Noi single over 40 dimenticati da tutti gli aiuti"

"Dopo i 40 anni non ti prende più nessuno, nemmeno per il lavori meno qualificati e noi single siamo stati completamente dimenticati. Nemmeno il bonus spesa ci hanno dato: non dobbiamo vivere solo perché non siamo in coppia o non abbiamo figli piccoli? Cosa stiamo espiando?" osserva Vita. 

Secondo uno degli ultimi prospetti diffusi dall'Inps, nel 2022 il 16,5% dei lavoratori italiani aveva un reddito che non arrivava a 5mila euro l’anno, mentre quello del 40% degli occupati non è stato superiore ai 15mila euro lordi l'anno. Una dinamica che alimenta il fenomeno delle famiglie (e dei minori) in povertà. In questi contesti la percezione di un’integrazione al reddito diventa fondamentale e potrebbe avere un effetto benefico sull’intera economia, così come l'istituzione di un salario minimo orario. Ma il governo sembra andare in tutt'altra direzione, nonostante le evidenze. 

"Quest'anno abbiamo avuto un incremento di 50mila richieste nelle nostre strutture - racconta a Today.it Giovanni Bruno, presidente del Banco Alimentare Onlus - e devo dire che il clochard e il disoccupato non sono purtroppo una novità, i lavoratori però sì. Abbiamo avuto un vero e proprio boom di lavoratori poveri che si rivolgono a noi per mettere insieme pranzo e cena, e di famiglie anche composte da tre persone. Un fenomeno che non abbiamo mai visto in questi termini e che proviamo a contrastare grazie alla buona volontà di chi ci dona tempo e risorse". 

E se molti si arrangiano svolgendo lavori saltuari, spesso pagati in nero, il rischio di finire per strada in tarda età è sempre più concreto.

"Vivo dove capita e non voto da 20 anni. Dopo una vita di lavoro mi rimane la strada" 

Salvatore ha 75 anni e si rivolge settimanalmente all'associazione romana "Nonna Roma" per ricevere pacchi alimentari per tirare avanti. La sua residenza è fissata nella sede del comune, che è nel palazzo a fianco a dove operano i volontari su via Palmiro Togliatti, arteria della periferia est della Capitale. Una casa non la ha più da anni. Quando si è separato la loro abitazione è rimasta all'ex-moglie. Oggi si fa ospitare da amici o dall'ex consorte e sogna un posto dove vivere. È uno dei tanti volti, troppo spesso anonimi, che animano le percentuali che vedete qui sotto. 

In meno di 20 anni la povertà in Italia è triplicata. Numeri che nascondono vite come quelle di Salvatore che ha sempre lavorato e che oggi vive con 500 euro di pensione sociale in una città come Roma. "Sono stato tanti anni all'estero, ho fatto di tutto, era un periodo felice e di lavoro ce n'era in abbondanza. Ho fatto l'operaio in fabbriche e fonderie in Belgio e Francia, poi sono tornato in Italia e ho lavorato soprattutto nell'edilizia, ovviamente sempre a nero - ci racconta con una punta di amarezza - Sono tornato perché avevo nostalgia di casa. Oggi che non ho nemmeno i soldi per comprarmi una dentiera o avere un tetto sulla testa mi rendo conto che ho fatto la più grande sciocchezza della mia vita. Lavorerei ancora: ma chi mi prende? E non è un problema solo mio: sa quanti italiani conosco che dormono sulle panchine alla mia età?".

Oltre 3 milioni di persone non riescono a portare più il cibo in tavola

Salvatore ci racconta di una situazione che è drammaticamente peggiorata negli anni, prima c'erano sussidi per gli affitti e per sostenersi, oggi non c'è più nulla denuncia. Ed è l'impegno di tanti volontari a separarlo dal baratro, non certo lo Stato. "Ai nostri governanti non glie ne frega nulla, io sono vent’anni che non voto - ci confida - Mi dicono sia un diritto e un dovere: ma quando lo Stato, che è anche una comunità, non mi dà nulla per sopravvivere perché dovrei esercitare questo diritto? Di fatto è come se non avessi cittadinanza".

E il dato allarmante è che nel 2022 gli sfratti per morosità sono aumentati del +218% rispetto al 2021. Ma il governo Meloni non ha stanziato, per il secondo anno consecutivo, nulla sul fondo affitti, né su quello per la morosità incolpevole per contrastare il fenomeno. Il tutto mentre le persone senza un tetto aumentano in maniera preoccupante. 

NONNA_ROMA_pacchi

Anche Angela, 70 anni fra pochi giorni, ci racconta di non avere da tempo una casa e di vivere dove capita. Angela prende 516 euro di assegno sociale, "non uno di più", puntualizza. Finora ha integrato (seppur minimamente) questo assegno con la pensione di cittadinanza. Da gennaio dovrebbe farlo con il nuovo assegno di inclusione, ma ancora non le fanno sapere nulla. Si fa ospitare dai figli, o da chi può, e la sua vita è sempre itinerante e precaria. Anche lei ha lavorato quasi sempre, ma con impieghi intermittenti e spesso retribuiti in nero. Fino a pochi anni fa si è sostenuta anche con il reddito di cittadinanza, poi è scattato l'assegno sociale e la pensione di cittadinanza. A gennaio dovrebbe arrivare l'assegno di inclusione, ma non le hanno ancora fatto sapere nulla.

Nel frattempo cerca dignità, una merce sempre più rara: "Io devo mangiare e magari ogni tanto mi serve un vestito. No, alle visite mediche nemmeno ci penso più. Ma la domanda che mi faccio è: che ci devo fare con questi pochi soldi? Questo me lo devono spiegare. Io non sono una bambina e non posso più lavorare. Sono vedova da vent’anni. Mi piacerebbe trovare un monolocale o una casa popolare, credo di meritarmelo alla mia età". 

E c'è poi anche chi, con una casa di proprietà, deve comunque chiedere aiuto. "Ho 76 anni e da poco ho perso mia moglie. Vivo con la pensione sociale e abito con mio figlio che lavora in un call center. Mi aiuta come può, ma anche lui prende pochissimo - ci racconta Fabio che aggiunge - da due anni ai supermercati non ci si può più nemmeno avvicinare, più si va avanti più la situazione peggiora, questo ormai è un paese povero". 

Un licenziamento e crolla tutto: "Con due figli a carico chiedo aiuto alla Caritas"

A certificarlo c'è un'evidenza: per finire per strada basta pochissimo, anche se si è giovani. Cinzia e Paolo hanno poco più di 40 anni e sono genitori due ragazzi. Abitano nel mantovano, una zona tendenzialmente ricca del nostro Paese. La loro vita cambia quando l'azienda di Paolo chiude dopo che lui aveva sottoscritto un mutuo piuttosto cospicuo. Il lavoro del resto era stabile e ben remunerato e la banca non ha fatto problemi. Dal suo licenziamento la vita della famiglia cambia improvvisamente. Sono costretti a vendere anche la macchina, mentre di lavoro non ce n'è e quindi ci si deve arrangiare. Paolo accetta un impiego non qualificato a 13 chilometri da casa, ci arriva in bicicletta anche d'inverno. Cinzia si impegna a fare pulizie in nero. Sono ufficialmente due lavoratori poveri e con due figli a carico non arrivano a fine mese. Si rivolgono quindi al Banco Alimentare gestito dalla Caritas. 

A rischio povertà un italiano su 4: "Dati da Terzo Mondo"

"Un nostro socio che faceva il direttore di banca, e stava per andare in pensione, è riuscito da poco a trovare un lavoro al marito e la famiglia, anche con l'occupazione intermittente di lei si è rimessa in carreggiata - ci racconta Annamaria, volontaria della Caritas di Viadana - se non era per il passaparola e per il banco alimentare sarebbero stati nei guai. Sono tornati da poco a ringraziarci per quello che abbiamo fatto portandoci dei beni alimentari. Di storie come queste ne potrei raccontare tante. La povertà sta rendendo questo paese irriconoscibile" ci confida. 

Del resto anche l'Eurostat ricorda che il 24.4% degli italiani (1 su 4) è a rischio povertà, quasi 3 punti percentuali sopra la media euro. Un rischio che aumenta per le famiglie numerose e per i minori. Il tutto in un contesto in cui, caso unico al mondo, i salari non aumentano da più di 30 anni e dalla pandemia in poi hanno fatto addirittura registrare una flessione del 7.5% rispetto al 2.2% della media Ocse. L'ennesima istantanea di un Paese che ha smesso da tempo di pensare al futuro. E che oggi sembra pronto a rinunciare anche al suo presente. 

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