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Giovedì, 25 Aprile 2024
L'intervista

Profughi ucraini, la vera sfida è capire quanto regge l’accoglienza in famiglia

“Al momento non ci sono problemi di posti, finché i numeri restano questi”, ha assicurato Matteo Biffoni, delegato Anci all’immigrazione in un’intervista a Today.it, pur riconoscendo che a livello di contribuzione economica da parte dello Stato si registra qualche ritardo

Dei fondi promessi agli albergatori per l’accoglienza dei profughi ucraini ancora nulla, così come quelli previsti per le famiglie che accolgono i rifugiati. L'accoglienza delle famiglie ucraine scappate dalla guerra presenta ancora qualche criticità, nonostante siano trascorsi più di 100 giorni dall'inizio del conflitto (24 febbraio 2022). Ad esempio, con l'arrivo dell'estate cresce la necessità di spostare gli 8mila rifugiati accolti nelle strutture alberghiere per lasciare spazio ai turisti e ridurre al contempo le spese dello Stato. Un profugo in hotel, infatti, ‘costa’ circa il doppio di uno accolto dagli enti del Terzo settore. Stessa identica cosa sta succedendo nelle altre nazioni europee, come in Bulgaria, dove decine di migliaia di rifugiati ucraini hanno dovuto lasciare le strutture alberghiere per non ‘nuocere’ al turismo. A che punto siamo in Italia con l’accoglienza dei profughi ucraini? Ci sono dei problemi da risolvere? “Al momento non ci sono problemi di posti, finché i numeri restano questi”, ha assicurato Matteo Biffoni, delegato Anci (Associazione nazionall’immigrazione in un’intervista a Today.it, pur riconoscendo che a livello di contribuzione economica da parte dello Stato si registra qualche ritardo.

Rifugiati ucraini cacciati dagli hotel per far posto ai turisti

Che cosa hanno fatto sinora i comuni per l’accoglienza dei profughi ucraini?

“Gli ucraini, come qualsiasi altro profugo, arriva nei comuni. I comuni, dunque, svolgono in maniera costante attività di accoglienza sotto le varie forme previste, da quelle prefettizie a quelle dirette dei comuni del sistema Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, ndr). Non c’è profugo al mondo che non arriva in una città, quindi la nostra è l’attività di accoglienza principale, senza comuni non si fa accoglienza. Non c’è stata alcun tipo di diversità per gli ucraini, per quanto ci sia la peculiarità dell’accoglienza in famiglia che ancora rappresenta attorno all’80% della situazione dei profughi di origine ucraina. Questa è la situazione, però è chiaro che si tratta di una responsabilità che si poggia per larga parte sulle spalle dei comuni.  La vera sfida è un’accoglienza organizzata che sta in capo ai comuni che fanno parte della rete, poi i comuni per la stragrande maggioranza delle situazioni si appoggiano per le attività di gestione vera e propria alle associazioni del Terzo settore e al volontariato, che sono poi i soggetti che gestiscono gli Sprar. I progetti sono del comune ma l’attività materiale viene svolta giustamente e doverosamente dal Terzo settore e da quelle che sono le loro attività. Questa è una sorta di connubio di cui non possiamo fare a meno e se non ci fosse questa connessione il sistema non funzionerebbe”.

Si stanno registrando delle criticità nell’accoglienza?

“In realtà la criticità è l’organizzazione complessiva dell’accoglienza. Noi abbiamo l’accoglienza straordinaria, quella dei Cas (Centri di accoglienza straordinaria, ndr) che è prefettizia. Poi abbiamo il nostro sistema Sai (Sistema di accoglienza e integrazione, ndr) dove sono poco meno di un migliaio le persone accolte. Per la stragrande maggioranza sono famiglie monoparentali, quindi mamme con bambini molto spesso piccoli, e francamente la situazione funziona. Sono numeri gestibili. La vera sfida è capire quanto regge l’accoglienza in famiglia, quello è il punto vero. Per ora noi abbiamo dato risposta, abbiamo accolto i bambini nelle scuole. C’è poi l’attività della Protezione civile che dovrebbe portare al finanziamento di quelle che erano le necessità delle famiglie che stanno ospitando: lì c’è ancora qualche difficoltà dal punto di vista della fruizione del sostegno economico. Alla fine sono 131mila persone, non sono le cifre paventate all’inizio che ci mettevano in grande ambasce. Era stata fatta una previsione di 700-800 persone in arrivo sul territorio. Poi qualcuno sta rientrando. Il sistema non è minimamente in difficoltà, non è particolarmente sotto stress in questo momento”. 

Ci sono problemi di risorse?

“Dal punto di vista della contribuzione economica il vero punto debole, secondo me, è il riconoscimento del sostegno economico alle famiglie. Per il contributo ucraino di 300 euro al mese a profugo e 150 euro per ogni figlio minorenne so che ci sono dei ritardi, c’è qualche difficoltà. Se non è stato risolto ora, proprio a brevissimo lo sarà. Sul resto grossi problemi non mi risultano almeno dal punto di vista dell’accoglienza dei comuni, soprattutto perché quelli che sono inseriti nel contesto del Sai sono tutti posti già finanziati, però per le famiglie qualche fatica c’è”.

Terzo settore: 17mila i posti messi a disposizione

L’Europa si è mostrata molto generosa nell’accogliere i profughi ucraini in fuga dalla guerra. I paesi membri dell’Ue si sono attivati sin da subito per far fronte all’esodo, Italia compresa. Dopo aver gestito al meglio la fase straordinaria, è stato approvato il Decreto Ucraina, che ha puntato tutto sull’accoglienza diffusa dando un importante ruolo al Terzo settore, ossia agli enti no profit come le associazioni di volontariato e gli enti religiosi. L’associazione o l’ente che decide di ospitare si impegna a garantire ai rifugiati, oltre al vitto e all’alloggio, un aiuto all’inserimento scolastico e lavorativo, orientamento legale, alfabetizzazione linguistica e assistenza psico-socio-sanitaria fino al 31 dicembre 2022, a fronte di un rimborso complessivo di 33 euro a profugo (circa mille euro al mese), quasi la metà del contributo per l'alloggio negli hotel. Molti i posti messi a disposizione dagli enti no-profit (17mila circa), la metà dei quali al Sud (Sicilia, Calabria e Basilicata) dove però ci sono pochissimi profughi ucraini. Questo dato non implica l’esistenza di un problema, spiega però Biffoni: “Al momento non ci sono problemi di posti, finché i numeri restano questi. Il trend è di un blocco degli arrivi, se poi dovesse riprendere il flusso non ci dovrebbero essere comunque problemi perché la strutturazione del sistema era tarata su potenziali 800mila arrivi. Adesso bisogna riuscire a mantenere lo status quo ed evitare di spostare i profughi lontano da dove sono stati inizialmente accolti. Questa è la vera sfida che abbiamo davanti”.

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