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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Gay, rom, grasso o straniero: uno studente su due oggi è vittima di discriminazione

Il 61 per cento degli intervistati per un sondaggio di SottoSopra (il movimento giovanile di Save the Children) dichiara di essere stato discriminato dai propri coetanei. E la scuola è il luogo principale dove questo avviene. L’omosessualità, l’appartenenza alla comunità rom, l’obesità o il fatto di essere di colore sono i principali elementi di discriminazione

Etichettati, derisi, emarginati, minacciati. In una parola: discriminati. Più di tre studenti su cinque dichiarano di essere vittime di discriminazioni e hanno provato sulla propria pelle cosa significa, tra minacce, bullismo, indimitazioni, e la scuola è il luogo dove questo più spesso avviene: quasi 9 studenti su 10 sono stati testimoni diretti di comportamenti discriminatori nei confronti dei loro amici o compagni. L’omosessualità, l’appartenenza alla comunità rom, l’obesità o il fatto di essere di colore sono le principali “etichette” per le quali le persone rischiano di essere discriminate, secondo più dell’80% degli intervistati. A queste seguono l’essere di religione islamica, l’essere povero o disabile (per il 70%).  

Sono questi i risultati di un sondaggio condotto da Save the Children alla vigilia della Giornata internazionale contro le discriminazioni, tra più di duemila studenti di scuole secondarie di secondo grado in tutta Italia. Un’indagine realizzata da SottoSopra, il Movimento Giovani per Save the Children con il sostegno dell’Invalsi, che rientra nell’ambito della campagna “UP-prezzami” contro gli stereotipi, la prima campagna nazionale ideata e lanciata dagli oltre 400 ragazzi e ragazze tra i 14 e i 22 anni coinvolti nel movimento e impegnati in azioni di sensibilizzazione e cittadinanza attiva in 15 città italiane.

Discrimazioni e stereotipi 

Il 61% degli studenti intervistati ha subìto direttamente situazioni di discriminazione dai propri coetanei. Tra questi, il 19% ha dichiarato di essere stato emarginato ed escluso dal gruppo, mentre il 17% è stato vittima di brutte voci messe in giro sul proprio conto, il 16% deriso e 1 su 10 ha subito furti, minacce o pestaggi. Tra chi ha subito discriminazioni, il 32% ha scelto di rivolgersi ai genitori, un altro 32% ha preferito parlarne agli amici, mentre un significativo 31% non si è rivolto a nessuno. Solo 1 intervistato su 20 ha scelto di rivolgersi agli insegnanti, anche se è la scuola è proprio il luogo principale (45% dei casi) dove gli studenti assistono a discriminazioni nei confronti dei loro compagni di pari età, seguita dal contesto della strada (30%) e dai social (21%).

Tra gli studenti che hanno dichiarato di essere stati testimoni di un comportamento discriminatorio verso un loro coetaneo, il 16% ha detto che la vittima era tale perché omosessuale o giudicata grassa, in più di 1 caso su 10 perché di genere femminile, mentre nel 9% dei casi si è trattato di una discriminazione dovuta al colore della pelle, nell’8,5% a una condizione di povertà economica e nel 7% perché la vittima era disabile.

La campagna di SottoSopra per dire no alle discriminazioni

I ragazzi intervistati hanno anche stilato una scala precisa di quelle che, per loro, sono le categorie di persone che nella loro vita rischiano maggiormente di essere discriminate per via dell’etichetta che viene loro associata: omosessuali (per l'88 per cento dei ragazzi), persone di colore (82%), di religione islamica (76%), poveri (71%), persone con disabilità (67%), arabi (67%), asiatici ed ebrei (53% per entrambi). 

Dall’indagine, infine, emerge come sia complesso combattere gli stereotipi proprio perché sono difficili da stanare e perché, alle volte, si tende a giustificare o sminuire le proprie azioni o quelle commesse da altri. Quasi il 13% dei ragazzi intervistati, infatti, ha risposto che “picchiare i compagni di classe odiosi significa solo dargli una lezione”, quasi 1 su 5 pensa che “ai ragazzi non importa essere presi in giro perché è un segno di interesse” mentre quasi 1 su 3 ritiene “giusto maltrattare qualcuno che si è comportato come un verme”.  

La campagna #UPprezzami: "Non fermarti all'etichetta"

Lo slogan della campagna #UPprezzami è "Non fermarti all'etichetta" e il simbolo è proprio un codice a barre, una marchiatura che rimane sulle persone giudicate con troppa superficialità e rinchiuse dentro stereotipi. Con #UPprezzami, i ragazzi sfidano amici e a parenti a strappare quelle etichette, postando foto e video sui social disegnandosi un codice a barre sulla guancia per dire no alle discriminazioni. 

“La discriminazione esiste ed è pericolosa, fa male a tutti, a chi discrimina e a chi è discriminato. È terribile come ne siamo assuefatti, non la vediamo e se la vediamo, la giustifichiamo. Dobbiamo smettere di chiudere gli occhi, smettere di trovare scuse, di dirci che sono scherzi tra ragazzi, che c’è una giusta motivazione – scrivono i giovani di SottoSopra nel manifesto della campagna UP-prezzami - Ogni giorno, ognuno di noi, deve impegnarsi a strappare le proprie etichette e a smettere di attaccarne su gli altri, come fossero pacchi in un supermercato. È per questo che serve l’impegno di tutti noi ed, in particolare, chiediamo l’aiuto del mondo della scuola perché è lì che, per la metà dei ragazzi intervistati, si consuma la discriminazione”. 

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