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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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I dati "inequivocabili" su immigrazione e criminalità: parla il capo della polizia Gabrielli

Quasi il 32% delle persone denunciate o arrestate è straniero. Secondo Gabrielli il problema esiste ma affonda le sue radici nel passato: "Senza percorsi di integrazione e modalità di accesso lecite l'illegalità è inevitabile"

Quando si parla di criminalità "ci sono alcuni dati che sono assolutamente incontrovertibili: che nel nostro Paese ormai da dieci anni ci sia un trend di un calo complessivo dei reati è un dato inequivoco. E che ci sia un aumento degli stranieri coinvolti - sia come persone denunciate sia come persone arrestate - è un altro dato inequivoco". Lo ha detto il capo della polizia Franco Gabrielli intervenendo al Festival delle Città dove ha parlato anche del rapporto tra sicurezza e immigrazione.

"Nel 2016 su 893mila persone denunciate o arrestate il 29,2% erano stranieri, nel 2017 gli stranieri sono aumentati al 29,8% , nel 2018 al 32% e il questo scampolo di 2019 - che è molto più di uno scampolo perché siamo a nove dodicesimi dell’anno intero - il trend viene confermato perché il dato si attesta poco al di sotto del 32%". 

Sicurezza e migranti, per Gabrielli il problema esiste

Secondo il capo della polizia di fronte a questi numeri sarebbe un errore nascondere la testa sotto la sabbia. "Se pensiamo che gli stranieri presenti nel nostro Paese - tenuto conto sia di quelli legalmente presenti sia di quelli non legalmente presenti - costituiscono circa il 12% della popolazione complessiva è ovvio che un dato che supera il 30 per cento è il segno che c’è un problema". 

"L'immigrazione non è stata gestita come un tema strutturale"

Un problema che affonda le radici nel passato. "Dalla fine degli anni ’90 al 2014 - salvo l’eccezione costituita dalla sanatoria Bossi-Fini - l’immigrazione non è stata gestita come un problema strutturale, ma con l’approccio che dovesse passare la nottata. Perché avevamo l’assoluta certezza che la maggior parte delle persone che approdavano in Italia avevano come obiettivi del loro percorso migratorio Paesi che non erano l’Italia. (…) Questa modalità - ha spiegato Gabrielli - è proseguita fino al 2015, quando l’Europa ha posto il problema dei movimenti secondari: la conseguenza di questo diverso atteggiamento si è tradotto in due misure: l’istituzione di Eurodac e degli hotspot". 

"Senza integrazione e modalità di accesso lecite l'illegalità è inevitabile"

In realtà a sentire Gabrielli anche dopo il 2015 l’Italia non ha saputo affrontare il problema con il dovuto realismo: "Fino a che il nostro Paese continuerà a gestire questo fenomeno con un approccio alla 'volemose bene tengo famiglia' e non con un approccio che abbia una prospettiva strutturale, io credo che noi continueremo ad alimentare una percezione di insicurezza nei nostri territori, perché quando tu non intraprendi un percorso di integrazione è ovvio che poi lasci un problema appeso".

Che fare dunque? "Io a volte preferisco i truci agli ipocriti - ha sottolineato il capo della polizia -, a volte i linguaggi duri sono molto meno capziosi dell’ipocrisia di chi immagina che il problema si risolva da solo". "Oggi noi abbiamo un problema": il fatto che non ci siano "modalità di accesso lecito" per entrare in Italia produce delle "forme di illegalità che sono inevitabili". Né con la destra, né con la sinistra sembrerebbe di capire. Sul tema immigrazione servono dose massicce di buon senso e pragmatismo. 

Gestione dei flussi, rimpatri e integrazione: i tre pilastri su cui agire

Tre i pilastri su cui agire, secondo Gabrielli: 1) la gestione dei flussi, "fatta sia in termini di limitazione dei flussi illeciti, sia presupponendo modalità lecite di accesso"; 2) i rimpatri 3) percorsi di integrazione. Per quanto riguarda i rimpatri, bisogna "uscire fuori dagli equivoci: al di là di ogni approccio buonista c’è un numero significativo di persone che devono essere rimpatriate.  Ma per farlo servono "accordi forti e strutturati con i Paesi d’origine". 

Pur non dicendolo espressamente, il capo della polizia ha fatto capire che bisogna mettere in conto anche un esborso economico affinché gli accordi vadano in porto. "Noi sappiamo che per i Paesi d’origine i migranti sono una fonte di reddito, financo le piccole rimesse costituiscono reddito. Come si può immaginare che i Paesi accolgano gratis i loro connazionali per farti un favore?".

"E poi c’è il terzo pilastro che è quello dell’integrazione. Perché al netto dei flussi, al netto dei rimpatri, una parte significativa di queste persone permarranno sul nostro territorio. E tanto più non avremo costituito percorsi di integrazione e tanto più questi costituiranno e alimenteranno la illegalità, il degrado, la criminalità e il terrorismo. Non sono cose nascono sotto i cavoli, sono le conseguenze di tutto questo". 

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