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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Democrazia "prêt-à-porter"

Referendum, il patibolo di una politica che non sa (o non vuole) decidere

Abolire il green pass e la caccia, legalizzare la Cannabis e l'eutanasia: la firma digitale ha dato linfa all'istituto del referendum che spesso incanala le istanze popolari su temi troppo scomodi per la politica

L’ultimo è quello proposto dai No green pass: un referendum per abolire, appunto, la certificazione verde, resa obbligatoria ormai per la stragrande maggioranza dei lavoratori. La raccolta firme è partita, con il canonico obiettivo di raccogliere 500mila sottoscrizioni e arrivare così al voto nella primavera del 2022, e anche se è poco probabile che la Cassazione dia il via libera al quesito abrogativo, la decisione dei No Green Pass di "ufficializzare" la loro contrarietà attraverso il referendum dà un ampio spunto di riflessione.

Mai come nel 2021, infatti, il referendum è diventato uno degli strumenti più utilizzati per interrogare in modo diretto la popolazione e avere risposte su temi delicati e oltremodo discussi in Parlamento, strumento che si è rivelato anche parecchio efficace, complice la possibilità relativamente nuova di firmare digitalmente.

Referendum, il “booster” della firma digitale

A oggi le raccolte firme avviate per proporre un referendum hanno raggiunto risultati notevoli, in alcuni casi impressionanti: oltre un milione di firme per chiedere un voto sulla legalizzazione dell’eutanasia legale, più di 500.000 a sostegno del referendum per la legalizzazione della cannabis. Numeri simili per i quesiti relativi al referendum sulla riforma della giustizia, un po’ inferiori, ma in rimonta, quelli per il referendum sull’abolizione della caccia.

La svolta, come detto, è rappresentata dalla firma digitale, prevista nella recente legge di conversione del decreto semplificazioni, che permette di raccogliere le firme senza recarsi ai banchetti (che pur continuano a essere utilizzati): è sufficiente essere in possesso dello Spid, l’identità digitale, per dare il proprio consenso alla richiesta di referendum, a patto che il comitato promotore utilizzi un sito appositamente creato e che rispetti tutti gli standard di sicurezza, con conseguenti costi per ogni firma ricevuta e registrata (da qui la richiesta dei comitati stessi ai firmatari di contribuire con una donazione all’impresa).

Secondo uno studio dell’Agid dello scorso maggio, nell’ultimo anno lo Spid ha avuto un vero e proprio “boom”, complici alcuni servizi che lo richiedono per essere utilizzati, come il cashback di Stato o il green pass, che richiede l’accesso autenticato all’app IO. A oggi gli italiani che hanno lo Spid superano i 20 milioni, e il numero è destinato a crescere. I dubbi sull'utilizzo della firma digitale per raccogliere le sottoscrizioni relative alle richieste di referendum, però, sono tanti. La quota minima di firme necessarie per chiedere il referendum, 500.000, è sempre stata considerata troppo bassa, ma con la procedura semplificata virtuale il quorum può essere raggiunto con relativa facilità, con conseguente allargamento della platea dei referendum che è possibile richiedere alla Corte di Cassazione. 

Il referendum sull’eutanasia legale

La proposta di referendum sull’eutanasia legale è stata avanzata dall’Associazione Luca Coscioni, promotrice della campagna iniziata il primo luglio. A metà agosto, e dunque un mese e mezzo prima della scadenza dei termini, sono state raggiunte le 500mila firme necessarie. L’obiettivo è quindi salito a 750mila firme, raggiunto e superato anche grazie alla firma digitale.

Il referendum vuole:

  • abrogare parzialmente la norma penale che impedisce l’introduzione dell’eutanasia legale in Italia (art. 579, omicidio del consenziente)
  • abrogare integralmente il comma 2
  • abrogare il comma 3 limitatamente alle parole "si applicano"

Le firme andranno presentate alla Corte di Cassazione, che dovrà stabilire se il quesito è legittimo (in caso affermativo, il voto è fissato al 2022, tra il15 aprile e il 15 giugno.

Il referendum sulla legalizzazione della cannabis

Sulla scia di quanto ottenuto con la proposta di referendum sull’eutanasia, l'Associazione Luca Coscioni ha avanzato una nuova proposta di referendum sulla legalizzazione della cannabis, supportato da una serie di associazioni riunite in un comitato. Le richieste sono:

  • depenalizzare la condotta di coltivazione di qualsiasi sostanza (ma si mantengono le condotte di detenzione, produzione e fabbricazione di tutte le sostanze che possono essere applicate per le condotte diverse dall’uso personale) intervenendo sulla disposizione di cui all’art. 73, comma 1
  • di eliminare la pena detentiva per qualsiasi condotta illecita relativa alla Cannabis, con eccezione della associazione finalizzata al traffico illecito di cui all’art. 74, intervenendo sul 73, comma 4. 
  • eliminare la sanzione della sospensione della patente di guida e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori attualmente destinata a tutte le condotte finalizzate all’uso personale di qualsiasi sostanza stupefacente o psicotropa, intervenendo sull’art. 75, comma 1, lettera a).

A una settimana dalla partenza della raccolta firme sono stare registrate oltre 500.000 sottoscrizioni.

Il referendum sulla giustizia

A inizio giugno Lega e Partito Radicale hanno depositato in Corte di Cassazione, tramite il Comitato promotore Giustizia Giusta, sei quesiti referendari per una riforma della giustizia, così riassunti:

  • Riforma del Csm - Stop allo strapotere delle correnti
  • Responsabilità diretta dei magistrati  - Più tutele per i cittadini, chi sbaglia paca
  • Equa valutazione dei magistrati - I magistrati non possono essere controllati solo da altri magistrati
  • Separazione delle carriere dei magistrati - Stop alle porte girevoli per ruoli e funzioni
  • Limiti agli abusi della riforma cautelare - Per una giustizia giusta e un equo processo per tutti
  • Abolizione decreto Severino - Più tutele per sindaci e amministratori

Ogni quesito referendario deve totalizzare almeno 500.000 firme, raggiunte a metà agosto, come confermato da Matteo Salvini (che è anche il presidente del Comitato).

Il referendum sull’abolizione della caccia

Il comitato Sì Aboliamo la Caccia ha presentato a maggio la richiesta di referendum per l’abolizione della caccia, e avviato a luglio una raccolta firme. Superate le 200.000 (17.000 online), l’obiettivo è arrivare a 500.000 entro il 20 ottobre.

Il referendum chiede l'abrogazione della legge 157 11 febbraio 1922, 'Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio', in relazione alla lunga serie di articoli che disciplinano la caccia.

Referendum, la storia (e i flop) in Italia

A prescindere dal successo delle raccolte firme e dal parere della Cassazione, comunque, bisognerà tenere conto dei limiti imposti dalla legge prima di pensare a un calendario futuro pieno di referendum. In base alla legge n. 352 del 25 maggio 1970, che regola il funzionamento dei referendum, non è infatti possibile presentare una richiesta di referendum “nell’anno anteriore alla scadenza di una delle due camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l’elezione di una delle camere medesime”. Stesso principio si applica in occasione dell’elezione del nuovo capo dello Stato.

In Italia le due elezioni sono fissate rispettivamente per il 2023 e il 2022, il che significa che i prossimi referendum - come quello per l’abolizione del reddito di cittadinanza che vorrebbe proporre Italia Viva ma per cui non è ancora partita la raccolta firme - potranno tenersi nel 2024 o nel 2025. La quota di 500.000 firme è prevista dall’articolo 75 della Costituzione, e da anni ormai di discute della necessità di innazlarla, anche se - proprio per la sua natura - l’iter per modificarla sarebbe lungo e complesso. Altro elemento da tenere in considerazione è che quando venne stabilito, il traguardo delle 500.000 firme era decisamente più difficile da raggiungere. La popolazione italiana nel 1946 - anno del primo referendum - contava su poco meno di 45 milioni di persone, mentre nel 2021 si sta di poco sotto i 60 milioni. Gli strumenti digitali fanno il resto.

Non sono inoltre mancate voci preoccupate per il "dilagare" delle proposte di referendum e la presunta delegittimazione del Parlamento, anche se è stato proprio il presidente della Camera, Roberto Fico, a sottolineare come rappresentino "una vivacità sana per la nostra democrazia” e “uno strumento essenziale per porre rimedio a questa crisi di fiducia nelle istituzioni e per prevenire lo sviluppo di pericolose derive populistiche. Contribuisce infatti ad assicurare la qualità della decisione pubblica come pure la sua trasparenza e condivisione senza indebolire in alcun modo il ruolo dei Parlamenti e i meccanismi di democrazia rappresentativa”.

La storia italiana insegna, inoltre, che le probabilità di successo del referendum sono limitate. Dalla nascita della Repubblica gli italiani sono stati chiamati a rispondere a 73 quesiti referendari, di cui 68 abrogativi, uno consultivo e quattro costituzionali. I referendum abrogativi sono insomma quelli più frequenti, e chiedono ai votanti di rispondere “sì” o “no” rispetto all’abrogazione parziale o totale di una legge. Per essere valido, un referendum di questo tipo deve raggiungere il quorum, cioè devono aver partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto.

Guardando al totale, oltre il 40% dei referendum abrogativi non hanno raggiunto il quorum, mentre di quelli validi la stragrande maggioranza ha visto vincere il sì (poco meno del 60%). La stragrande maggioranza dei referendum, però, si sono tenuti negli anni ’90 (32 referendum abrogativi), altri 16 negli anni 2000. Nessuno, però, a raggiunto il quorum, con l’unica eccezione di quello del 12 e 13 giugno del 2011 sull’acqua pubblica. L’ultimo referendum abrogativo in Italia risale al 2016 e chiedeva l’abrogazione della norma che prevede che le concessioni per l'estrazione di idrocarburi in zone di mare fossero estese fino al termine della vita utile del giacimento:non ha raggiunto il quorum. È del settembre del 2020 invece quello costituzionale sul taglio del numero dei parlamentari, per cui ha vinto il sì.

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