Lampedusa scoppia ma il governo è il primo a frenare sui ricollocamenti
Mentre a Lampedusa sono arrivati 10mila migranti in tre giorni, Francia e Germania annunciano strette sui ricollocamenti e controlli alle frontiere. Ma proprio il nostro governo è stato in prima linea per smantellare il soccorso europeo. Nell'ultimo anno solo 22 migranti hanno lasciato l'Italia su 4mila richieste
"Ci troviamo di fronte a un'Europa miope, a un rimpallo di responsabilità fra Stati che chiudono i confini. L'atteggiamento della Francia è vergognoso. Tutti parlano di coesione fra gli Stati e poi alla prima difficoltà si tirano indietro. Mi devono spiegare dov'è l'Unione europea, di unito ci sono rimaste solo le stelline sulla bandiera". È sconsolato il commento del sindaco di Lampedusa Filippo Mannino. Dopo il record degli scorsi giorni (10mila arrivi tra lunedì e mercoledì), continuano senza sosta gli arrivi dei migranti sulle coste dell'isola siciliana. Arrivano su barchini di fortuna, spesso in condizioni disperate, affollano gli hotspot, rendendo spesso impossibili le operazioni di soccorso, smistamento e accoglienza.
Un contesto quasi apocalittico in cui arriva, come una doccia fredda, il commento di due partner europei fondamentali per il nostro Paese. Se la Francia, appena due giorni fa, lunedì 11 settembre, per bocca del ministro dell'interno Darmanin ha annunciato di volere serrare i controlli alle frontiere italiane per far fronte a un flusso di migranti aumentato esponenzialmente, anche la Germania sembra voltare le spalle alla tragedia che si consuma nel Mediterraneo. Berlino, come anticipato da Die Welt, pone fine ai meccanismi di solidarietà involontaria per i ricollocamenti di migranti dall'Italia alla Germania. Ma come sono organizzati attualmente i ricollocamenti? E come funziona l'accoglienza in Europa?
Il braccio di ferro tra Italia ed Europa
A regolare l'ingresso e la gestione dei migranti in Europa è ancora un solo strumento: il regolamento di Dublino. Il suo impianto di base è stato concepito di fatto più di trent'anni fa. Non esisteva la pressione migratoria che esiste oggi e il Mediterraneo non si era ancora trasformato nello scenario delle tragedie che conosciamo. Nonostante le sue varie riformulazioni, il sistema di Dublino determina ancora oggi che i migranti possano fare richiesta di protezione internazionale quasi esclusivamente nel paese di primo approdo. Una condizione che mette enormemente sotto pressione paesi come Grecia, Italia a Spagna, che sono di fatto le "porte" dell'Unione Europea sul Mediterraneo e che crea numerose anomalie.
La prima, più evidente, è che molti migranti sbarcati sulle nostre coste preferiscono non farsi identificare e proseguire il viaggio verso Nord. Da tempo il nostro Paese si è trasformata in meta di approdo a meta di transito verso il resto d'Europa. In molti casi però i migranti proseguono il viaggio anche se identificati dalle autorità italiane. In questo caso sarebbero tenuti a presentare domanda di protezione internazionale da noi. Ed è esattamente questo l'oggetto del contendere che ha portato Berlino alla sospensione dei ricollocamenti su base volontaria. Il ministro tedesco fa sapere infatti che "a causa della forte pressione migratoria verso la Germania e della continua sospensione dei trasferimenti di Dublino, l'Italia è stata informata che i processi di selezione dei migranti per la redistribuzione sarebbero stati rinviati fino a nuovo ordine".
Tradotto: l'Italia dovrebbe riprendere indietro dei migranti che avrebbero dovuto fare domanda di protezione internazionale in Italia. Ma il nostro Paese, dallo scorso dicembre ha comunicato ai partner Ue di non voler più accettare ricollocamenti previsti dalle regole di Dublino per lo "stress del nostro sistema di accoglienza". Un vero e proprio braccio di ferro quindi, giocato sulla pelle di migliaia di disperati. E mentre il sistema di ricollocamento non è mai decollato, nell'intero Continente sulla gestione migratoria vige la regola dello scaricabarile. Ma il dipingerci solo come "vittime" è quantomeno inappropriato.
Non solo Francia e Germania: se il Governo è il primo a bloccare i ricollocamenti
Per rendersi conto dell'anomalia è sufficiente dare uno sguardo ai numeri. Germania e Francia sono state le nazioni con più richieste di asilo nel 2022: rispettivamente 243mila e 156mila. Il nostro Paese è "fermo" invece a 84mila, segno che anche chi sbarca nelle nostre coste prevalentemente si sposta o viene relegato all'illegalità.
Quanto ai trasferimenti su 4.015 richieste di trasferimento di 'dublinanti' inviate dall'Italia agli Stati Ue, solo 22 sono i trasferimenti effettuati nei primi 8 mesi di quest'anno. Nello stesso periodo su 23.220 richieste di trasferimento inoltrate dagli altri Paesi all'Italia (per migranti che erano stati registrati quindi in Italia) sono soltanto 46 i trasferimenti effettuati. Complessivamente col meccanismo della relocation dal 10 giugno 2022 al 31 agosto 2023 su un impegno per il trasferimento di 8.289 migranti dall'Italia verso i 13 Stati aderenti, in 1.159 hanno effettivamente lasciato il Paese.
Una evidente dimostrazione che il regolamento di Dublino non funziona più da anni e che a mancare è un vero meccanismo di ricollocamento che è, da sempre, una vera e propria chimera all'interno della Ue.
"Nessuna norma prevede i ricollocamenti, il regolamento di Dublino prevede che si possano prendere delle quote volontarie. Gli accordi e le trattative si susseguono da anni, ma sono sempre su base volontaria, non c'è nessun accordo vincolante. Possono essere tranquillamente disapplicati dai governi, quindi sono altamente labili - osserva Gianfranco Schiavone, dell'Asgi, l'istituto giuridico sull'immigrazione, che aggiunge - Quello dei ricollocamenti è un tema cruciale per tutta la Ue, su questa cosa si gioca la sua stessa sopravvivenza".
Si assiste così, da anni, a una sorta di rimpallo tra Parlamento Europeo e Consiglio, con il primo che propone testi di legge anche molto ambiziosi, ma che vengono di fatto bocciati dalle singole volontà degli stati nazionali. E a non impegnarsi, quantomeno in maniera sostanziale, per i ricollocamenti, c'è anche la nostra nazione.
"Nell'ultimo Consiglio Europeo anche il nostro Governo ha lavorato, nella sostanza, molto più sul controllo delle frontiere che sulla redistribuzione dei migranti. Questo perché per ideologia si preferisce frenare gli sbarchi, piuttosto che risolvere il problema ma così si va contro gli interessi del nostro Paese". Basti pensare che, dopo il fallimento del Consiglio Europeo di giugno, di fronte al flop dell'accordo di riforma del regolamento di Dublino per l'opposizione di Ungheria e Polonia, Giorgia Meloni ha commentato: "Questi stati difendono solo i loro interessi nazionali".
Un'impostazione del resto ribadita da Meloni nella giornata di ieri, mercoledì 13 settembre, di fronte agli sbarchi record di Lampedusa: "I ricollocamenti sono la coperta di Linus, vanno fermati gli arrivi". L'obiettivo è quindi puntare su una politica di tolleranza zero e su accordi con paesi terzi per frenare gli sbarchi che oggi mostrano tutti i loro limiti. Il tutto mentre il vicepremier Matteo Salvini afferma che "l'Europa ci ha lasciato soli" e gli sbarchi si succedono senza sosta. L'ennesima contraddizione del sovranismo.