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Venerdì, 19 Aprile 2024
La riforma della Giustizia / Italia

"La Riforma Cartabia poco realistica e sostenibile". L'Anm evidenzia tutti i nodi della giustizia

Giuseppe Santalucia, presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati, commenta il testo della riforma sul processo penale puntando i riflettori soprattutto sui temi della prescrizione e della magistratura onoraria: "Sì alle riforme, ma fatte con attenzione"

Alla fine il via libera è arrivato. La Camera ha approvato, dopo una una lunga “maratona” e l’esame di 95 ordini del giorno, la riforma della giustizia voluta dal governo Draghi e nota anche come “Riforma Cartabia”, dal nome della ministra della Giustizia Marta Cartabia.

La riforma è stata approvata lo scorso 3 agosto con 396 voti favorevoli, 57 no contrari e 3 astenuti, dopo avere già ottenuto due voti di fiducia alla Camera, uno per ciascuno dei due articoli del testo della legge, e adesso si attende il passaggio in Senato, previsto per settembre. La trattativa per l’approvazione è stata però molto lunga e complessa, e ha creato spaccature all’interno della maggioranza soprattutto per l’aspetto che si concentra sulla prescrizione dei processi, duramente contestato dal Movimento 5 Stelle.

Riforma della giustizia e nodo prescrizione

Il nodo principale della riforma Cartabia, infatti, è la modifica dei tempi della giustizia penale, finalizzata ad accorciarli. I punti principali della riforma della giustizia ruotano dunque attorno a questo scopo, e comprendono una serie di modifiche alla norma pre esistente e l'introduzione di nuove misure, nello specifico:

  • Nuove regole per la prescrizione
  • Tempi allungati per i reati più gravi e possibilità di proroghe
  • Ampliamento della messa alla prova e della conversione delle condanne in multe
  • Più spazio al patteggiamento
  • Inappellabilità per alcuni reati minori, inammissibilità degli appelli senza specifiche motivazioni

L'attenzione si è concertata principalmente sul primo punto, quello sulla prescrizione, che si lega alla riforma contenuta nella legge che porta il nome dell'ex ministro Alfonso Bonafede (M5S), che da gennaio 2020 ha eliminato la "tagliola" ai processi dopo le sentenze di primo grado. La nuova riforma lascia intatta questa parte: lo stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado introdotto dalla riforma Bonafede rimane, e vale sia in caso di sentenza di assoluzione sia di condanna. In Appello invece i processi dovranno durare due anni, e in Cassazione uno, con la possibilità che i procedimenti più complessi arrivino rispettivamente fino a tre anni e a 18 mesi. Se vengono superati i tempi fissi entro i quali concludere il processo, il procedimento stesso decade e scatta quella che è stata definita "improcedibilità". 

Restano imprescrittibili i reati puniti con l'ergastolo, e per i reati più gravi (come mafia, terrorismo, violenza sessuale e traffico di droga) il giudice procedente può chiedere ulteriori proroghe di un anno. Si pensa inoltre di dare più spazio all’istituto della “messa alla prova”, che da la possibilità all'’indagato - per reati fino a 6 anni di reclusione - di chiedere al giudice nella fase delle indagini preliminari di essere impiegato in lavori socialmente utili non retribuiti. Il processo in caso affermativo viene sospeso e, se l’indagato svolge correttamente il lavoro, c'è il proscioglimento per prescrizione. La riforma spinge anche sui patteggiamenti, e sulla conversione in sanzioni pecuniarie di condanne fino a 12 mesi.

L'intervista al presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati

Un "pacchetto" articolato e complesso che punta a snellire l'iter giudiziario, ma i tempi fissi dei procedimenti hanno da subito suscitato perplessità e timori negli addetti ai lavori, perché ritenuti poco aderenti alla realtà degli uffici giudiziari. Ne abbiamo parlato con il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Giuseppe Santalucia.

Presidente, qual è la posizione dell’Associazione Nazionale Magistrati sulla riforma Cartabia?

Riteniamo che vi siano molte cose buone nel disegno, e siamo cautamente favorevoli alle misure previste per il primo grado. Ci siamo però concentrati su un aspetto che, per la sua centralità nella riforma, ha catturato l’attenzione in negativo, e cioè quello della prescrizione, l’improcedibilità dell’azione penale nel caso in cui i giudizi di impugnazione durino più del tempo fissato in astratto dalla legge. È un profilo che ha creato molta preoccupazione, e lo abbiamo fatto presente anche in Commissione Giustizia.

Quali sono a suo parere le principali criticità?

Il nostro allarme riguarda le impugnazioni, su cui si è fatto assai poco, e la tagliola temporale rischia di mandare in fumo anche il lavoro precedente del primo grado. La prescrizione, nei modi in cui è stata concepita, è assai poco realistica e sostenibile, soprattutto per alcune Corti d’Appello che sono gravate da un arretrato molto consistente: i processi non si accorciano, ma svaniscono. I termini fissati dalla riforna non possono essere rispettati, e infatti il Parlamento ha modificato quella disciplina e ne ha costruita una transitoria per un cambiamento graduale.

Lo scopo di fondo è appunto quello di abbreviare e accelerare i tempi processuali, evitando un sovraccarico del sistema giudiziario e un trascinamento di procedimenti per anni.

Certamente, e infatti non siamo contrari a tutta la riforma, non siamo chiusi nella conservazione dell’esistente. Riteniamo che vi siano molte buone cose in quel disegno, ma che riguardano il primo grado. L’istituto in sé convince poco magistrati e accademici e la nostra voce è stata ascoltata, il che dimostra che non eravamo pregiudizialmente contrari. Il magistrato non è contrario a misure che accelerino i tempi dei processi, ma riteniamo che non sia quella la strada da percorrere: è troppo drastica e non è accompagnata da una misura capace di ridurre fattivamente i tempi. Penso a corti d’appello che hanno arretrati consistenti come Roma, Napoli, Venezia. Per Roma in particolare si parla di un bacino di utenza particolarmente importante, che comprende tutta la Regione Lazio. Hanno molto arretrato accumulato, poi sul fatto che si debba indagare sul perché alcune sono più veloci e altre meno siamo d’accordo, ma non è questo il momento se si discute di una misura così drastica. Il governo doveva individuare le cause del ritardo e le ragioni dell’inefficienza e provare a risolverle, e l'improcedibilità non è la strada. 

Quindi quali potrebbero essere le conseguenze reali sui processi in caso di applicazione letterale della norma?

L’applicazione così com’è significa esporre alcune corti d’appello al sicuro rischio di mandare in fumo alcuni processi. Pensiamo alle vittime di reato, che magari hanno avuto in primo grado il riconoscimento del loro diritto con una condanna e magari anche il dovuto risarcimento come parti civil: se non si rispettano i tempi fissi, in secondo grado tutto sfuma ed è come se il processo non ci fosse mai stato. Tutto viene azzerato, senza possibilità di esercitare nuovamente l’azione penale. Riteniamo sia una misura non ragionevole, e abbiamo apprezzato il sub emendamento con la previsione di almeno un triennio con tempi più lunghi.

La riforma si occupa anche della magistratura onoraria, che a oggi ha un ruolo fondamentale per il funzionamento del sistema giudiziario.

La magistratura onoraria è una delle leve di efficienza del nostro sistema, è sempre stata storicamente una presenza importante negli uffici giudiziari e bisogna secondo noi puntare sulla magistratura onoraria anche per il futuro. Il problema riguarda quei magistrati onorari che sono stati da almeno 15-20 anni prorogati di anno in anno senza una visione chiara del legislatore. L’unica riforma organica risale al 2016, ma non ha potuto allora, per mancanza di una provvista finanziaria adeguata, assicurare ai magistrati onorari che esercitano la professione da almeno 20 anni il riconoscimento dei giusti diritti. Oggi, anche per la massima efficienza degli uffici giudiziari, devono vedere riconosciuti alcuni diritti che si sono stabilizzati nel loro esercizio, e abbiamo una duplice necessità: dare uno stabile assetto alla magistratura onoraria del domani e dare una risposta in termini di giusto riconoscimento dei diritti, previdenziali e assistenziali, e una giusta indennità retributiva, a chi la esercita. Il governo deve risolvere questo problema, perché la magistratura onoraria riveste una funzione fondamentale.

Al netto della lunga trattativa per l’approvazione, quali sono secondo lei i tempi della riforma?

Il processo penale arriverà in Senato a settembre, anche perché le riforme sono legate al piano di Recovery, poi seguiranno processo civile e ordinamento giudiziario. Ritengo che entro l’anno avremo un quadro di riforme abbastanza definito, e ripeto, sono riforme che la magistratura guarda complessivamente con favore, non c’è nessuna chiusura corporativa, non avrebbe senso, sono riforme che migliorano il servizio che si rende ai cittadini. Quando muoviamo critiche lo facciamo sempre nella prospettiva di un miglioramento, sapendo che le riforme sono necessarie perché il servizio giudiziario deve migliorare e raggiungere standard di efficienza che non ha o non ha comunque ovunque. Le riforme vanno fatte, ma vanno fatte bene.

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