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Martedì, 19 Marzo 2024
La moda del sushi

È sicuro andare a mangiare agli "all you can eat" con 15 euro?

Il criterio imprenditoriale che basa la sua offerta sulla quantità e non sulla qualità permette di mantenere i prezzi così bassi. Come funziona e perché, senza generalizzare, il rischio a volte è di trovarsi di fronte a frodi o a cibo di scarsa qualità che può nuocere alla salute

Il riso, i ravioli, il sushi in mille varietà, il sashimi (fettine di pesce crudo), gli involtini di carne e di pesce, gli spaghetti saltati con le verdure e i frutti di mare, la salsa di soia, il salmone, il branzino, i gamberi (anche in tempura), il tonno, l'orata, la sogliola. Non siete ancora sazi? Niente paura: riordinate senza limiti, perché il prezzo non cambia. Dai 10 ai 15 euro a pranzo, mentre a cena il costo è di 20 euro circa, coperto e bevande esclusi. All you can eat, tutto quello che puoi mangiare. Una formula nata per stuzzicare il consumatore curioso e goloso, ben presto diventata moda. Negli ultimi anni i ristoranti etnici che usano questa prassi si sono moltiplicati, raggiungendo anche i piccoli centri dopo il successo riscontrato nelle grandi città.

I locali in cui si possono ordinare a volontà i cibi presenti in un menu a prezzo fisso e stracciato, molto più economico di quello à la carte, sono soprattutto giapponesi, anche se molti offrono una cucina "fusion" giapponese-cinese-thailandese con ingredienti e ricette provenienti da tradizioni culinarie diverse, vicine o distanti, che si fondono tra loro. Secondo un'analisi della Federazione italiana dei pubblici esercizi, in Italia un ristorante su dieci offre sushi e sashimi nel menu. Su un totale di circa 330mila ristoranti di cui 5.919 etnici, solo 640 sono a titolarità giapponese, mentre 4.515 sono quelli gestiti da cittadini cinesi.

Questi ristoranti sono davvero sicuri? Come è possibile offrire pesce crudo e tutto il resto a prezzi fissi e così bassi, dando pure la possibilità di ordinare più e più volte? Domande che sorgono spontanee dopo la tragedia di Napoli, dove un ragazzo di 15 anni è morto dopo un malore e un ricovero in ospedale: aveva mangiato sushi con alcune amiche in un ristorante giapponese che offre la formula all you can eat a 14,99 euro. Era un ragazzo sano, nessuna patologia pregressa. I genitori del 15enne vogliono che venga fatta chiarezza. Sulla tragedia ora indaga la Procura di Napoli, ci sono due indagati (qui tutta la storia).

L'offerta basata sulla quantità e i costi contenuti

Può sembrare banale, ma la prima cosa da specificare è che non tutti i ristoranti sono uguali. Senza generalizzare, dunque, molto dipende dalla professionalità dei gestori o proprietari: sono loro i primi controllori, responsabili secondo la legge dal punto di vista civile e penale di tutto ciò che avviene nel ristorante. Un all you can eat basa la sua offerta sulla quantità e non sulla qualità, con un criterio imprenditoriale diverso dal "solito", ma rispettabilissimo. La qualità delle materie prime riguarda, ovviamente, in primis il pesce, ma questo non significa che quello crudo sia pericoloso a prescindere. Un altro mito da sfatare.

I ristoratori all you can eat riescono a contenere i costi acquistando specie di allevamento, comprando in stock, utilizzando lo stesso tipo di pesce non molto costoso per decine di preparazioni diverse, oppure presentando in primo piano i piatti con molta pasta o molto riso, quelli in genere più abbondanti, così da saziare subito il cliente con materie prime a prezzo contenuto. Non è un segreto: chi mangia senza limiti in un ristorante giapponese all you can eat difficilmente testa e assaggia la vera cucina nipponica, molto più variegata e meno conveniente. Ma si risparmia anche usando riso comune e non giapponese, venduto a basso prezzo, e soia non artigianale ma mischiata a salamoia. Piccoli "trucchi", niente di illegale.

I controlli e gli sconti eccessivi

Oltre che sulla qualità e la provenienza delle materie prime, la questione ruota anche intorno ai controlli sul rispetto delle norme igieniche - soprattutto nella preparazione e lavorazione del pesce - e alla logica dello sconto portata talvolta all'eccesso, poco sostenibile. Il pesce crudo va abbattuto sempre a -20 gradi centigradi per un giorno, usando una macchina che fa abbassare la temperatura da 37 a 3 gradi in un'ora e mezza, agendo così sulle larve dei parassiti, bloccandole. Solo a quel punto il pesce è sano. Non tutti i locali però rispettano queste procedure, stando alle irregolarità riscontrate negli ultimi anni dai carabinieri del Nas (Nucleo antisofisticazione e sanità).

Il rischio, a volte, è di trovarsi di fronte a frodi o a cibo di scarsa qualità che può nuocere alla salute. Se si escludono i controlli settimanali selettivi e localizzati effettuati dalle Aziende sanitarie locali in tutti i tipi di ristoranti (etnici e non), l'ultimo blitz dei Nas a livello nazionale risale al giugno 2019, con verifiche nei ristoranti etnici di tutto il Paese a caccia di cibi scaduti, scongelati e ricongelati, mancato rispetto delle norme igieniche, etichette incomprensibili, importazioni vietate.

In una serie di controlli a tappeto - nei locali ma anche nei depositi di alimenti provenienti dall'estero - i carabinieri dei nuclei antisofisticazione hanno accertato irregolarità in 242 strutture, ovvero quasi la metà dei locali ispezionati. L'incidenza è maggiore nel settore della ristorazione, proprio negli all you can eat: nel 48% dei locali sono state trovate irregolarità. Il bilancio finale ha visto la chiusura o la sospensione di 22 attività, mentre sono state riscontrate 477 violazioni di legge e sequestrate 128 tonnellate di cibo.

Secondo un'analisi della Coldiretti, un italiano su tre (32%) consuma prodotti etnici regolarmente o almeno alcune volte durante l'anno. Nella maggior parte dei casi, sottolinea l'associazione, si tratta di prodotti importati dall'estero con livelli di sicurezza più bassi rispetto a quelli nazionali. Etnico e all you can eat non fanno ovviamente rima con intossicazione alimentare, né tantomeno con pratiche fuorilegge per mantenere i prezzi stracciati. Controlli del genere sulla sicurezza alimentare, sempre necessari, sono certamente a tutela della salute del consumatore, ma aiutano anche chi lavora con professionalità e rispetto delle norme.

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