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Giovedì, 25 Aprile 2024
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I ristoranti sono a norma, ma fino alle 18: il paradosso del nuovo Dpcm

"Non ci permettono di lavorare, ma dobbiamo pagare tutto". Lo sfogo di Laura Raffaele a today.it diventa un appello accorato. Soldi e sacrifici per adeguarsi ai protocolli di sicurezza, ma oggi vanno bene solo a pranzo. E i ristoratori battono in ritirata

É una pandemia o la fiera del paradosso? Dall'inizio dell'emergenza - o forse ancora prima, quando fior fior di scienziati e virologi, vedendo il coronavirus affacciarsi neanche troppo timidamente sulla nostra bella Italia, giuravano fosse "poco più di un'influenza" - le contraddizioni non sono certo mancate. Sono trascorsi oltre 7 mesi e ben 21 Dpcm e le incoerenze continuano ancora ad inanellarsi in quella che sembra essere la più grande collezione del controsenso degli ultimi 50 anni (per non dire di più) di storia italiana. É vero che l'imprevedibilità gioca il suo importante ruolo in questa guerra contro il nemico invisibile, ma certe cose è difficile non vederle e un governo cieco, a lungo andare, potrebbe essere più letale del virus.

Come bendarsi gli occhi davanti a quanto sta accadendo con i ristoranti? Dopo il lockdown il governo ha imposto dei protocolli di sicurezza da rispettare per poter ripartire, i ristoratori si sono adeguati, spendendo soldi e investendo risorse, ma oggi, con il nuovo Dpcm - firmato da Conte per contenere questa seconda ondata - si vedono costretti ad abbassare di nuovo le saracinesche. Dopo le 18, per la serie 'oltre il danno anche la beffa'. Gli incassi serali, infatti, rappresentano la principale fonte di guadagno per la maggior parte delle attività di ristorazione e il 'paracadute' dell'asporto non basta. Così, molti ristoratori, preferiscono restare chiusi.

Lo sfogo di una ristoratrice 

5 ristoranti, 80 dipendenti. "Se non chiudo è solo per loro". É il grido di Laura Raffaele, ristoratrice romana diventata bandiera della protesta che da giorni anima la Capitale. Il danno economico subito con il lockdown di marzo e aprile è "inquantificabile", spiega a Today, ma dopo non è andata molto meglio: "Con la riduzione dei coperti e lo smart working che ci ha portato via la clientela del pranzo, il lavoro è dimezzato. Così come gli incassi. Le prime settimane avevamo ridotto il personale, poi siamo riusciti più o meno a reinserire tutti e a garantirgli dei turni minimi. Quella è stata la fortuna più grande per i miei dipendenti. La cassa integrazione a una delle mie società è arrivata da due giorni, quindi abbiamo dovuto anticipare tutto noi. Adesso però io e mio marito, che gestiamo questi ristoranti da 10 anni, non riusciamo più a far fronte a certe spese, le nostre risorse stanno finendo. Se lo Stato non blocca gli affitti, le tasse, le utenze, ci troviamo in enorme difficoltà".

"Non ci permettono di lavorare, ma dobbiamo pagare tutto"

Il tasto dolente è proprio questo (o se vogliamo un altro paradosso). "Ci stanno impedendo di lavorare, ma dobbiamo continuare a pagare tutto - prosegue Laura - Abbiamo avuto una riduzione del canone di affitto soltanto per i mesi di marzo e aprile. Una riduzione, non sospensione. Poi i canoni sono tornati gli stessi e i proprietari delle mura non ne vogliono sapere, perché non c'è nessuna legge che asserisca ci sia un obbligo da parte loro a diminuire o sospendere l'affitto. Per interfacciarci con loro non c'è nessun tipo di garanzia, nessuna legge che ci tutela. Se non paghi ti possono sfrattare. Dopo 10 anni non posso permettermi di perdere tutto e quindi cerchiamo di andare avanti con estremi sacrifici, per non vanificare il lavoro di una vita". Non tutti però ce la fanno: "Chi ha aperto da poco un ristorante e non ha alle spalle anni di lavoro, deve chiudere per forza. Ma anche chi non ha molte risorse economiche. Non ci sono alternative".

Ristoranti a norma, ma non dopo le 18

Qui viene il bello. Se tutte le norme di sicurezza erano bastate finora a far lavorare i ristoranti a pieno regime - ma con le sale riempite a metà - ecco che adesso, dopo le 18, improvvisamente non bastanno più. Paradosso dei paradossi. Anche qui con beffa, visto gli elevati costi che i ristoratori hanno dovuto sostenere per adeguarsi a certi protocolli. "In uno dei miei ristoranti ho dovuto mettere i pannelli e solo quelli li ho pagati 2 mila euro - spiega ancora Laura - il tampone per i miei dipendenti, le sanificazioni dei locali, gli igienizzanti. Abbiamo pagato tutto di tasca nostra. Mi sono organizzata e ho investito soldi per avere ristoranti a norma, giudicati sicuri da tutti i controlli che mi sono stati fatti, e poi non posso lavorare? Quindi il mio ristorante è sicuro fino alle 18 e dopo le 18 non lo è più? I protocolli di sicurezza restano gli stessi. Ci hanno permesso di riaprire a quelle condizioni e ora che quelle condizioni ci sono decidono che non vanno più bene, ma solo a cena. Avrei capito di più se avessero richiuso completamente i ristoranti".

"Molti stanno svendendo la loro attività"

Il lungo sfogo di Laura Raffaele diventa un appello accorato. Davanti ai suoi occhi la disperazione di tanti ristoratori che si sono dovuti arrendere: "Molti stanno svendendo le loro attività per due spicci. C'è gente disperata. Imprenditori che hanno messo l'anima nella loro attività, oggi si stanno svendendo per campare. Non sono né complottista tantomeno negazionista, sono conscia della situazione che stiamo vivendo, di questo virus che circola. Ma non si può fronteggiare in questo modo, dobbiamo imparare a conviverci. Se la gente non muore di covid muore di fame. Si prospetta un futuro di chiusure totali e di suicidi. Ho visto già imprenditori farlo. Non si rendono conto che la gente non ha i soldi per mangiare". 

In attesa degli aiuti promessi dal premier Conte, dilaga la sfiducia e monta la rabbia: "Non abbiamo ricevuto aiuti nella prima ondata, pensiamo sia molto difficile averli nella seconda. Ci stanno togliendo i diritti ma vogliono gli oneri. Siamo disperati".

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