"I padri sempre in stanza con la mamma e il bambino": rooming-in, parla l'ostetrica mamma
Dopo il caso del Pertini "le mamme sono più ansiose" ma "il bambino deve stare con i genitori, con la mamma o con un parente e non con il personale sanitario", spiega l'ostetrica a Today
Dopo la notizia del neonato morto soffocato all’ospedale Pertini di Roma Today ha chiesto a chi si trova ad avere il doppio ruolo di ostetrica e mamma cosa ne pensa del rooming-in, in modo da avere uno sguardo dall'interno dell'ospedale su una pratica che sta dividendo l'Italia. Ampiamente consigliata dal mondo scientifico, il protocollo favorisce il contatto tra neonato e mamma sin dalle prime ore dopo la nascita, ma la morte del neonato ha sollevato dubbi e paure. In ogni caso il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha assicurato che il protocollo sul rooming-in cambierà.
Non c’è una verità assoluta su questo argomento: ogni parto è a sé e ogni mamma vive questa esperienza (legittimamente) in modo diverso. Proprio per questo il rooming-in è consigliato ma non imposto negli ospedali, anche se in alcuni casi le neomamme dichiarano di non aver avuto la possibilità di lasciare il bimbo al nido quando si sentivano troppo stanche o non in grado di far fronte ai bisogni del piccolo. La cosa al momento più importante è evitare che questo dramma si ripeta. Cosa possiamo fare? Qual è il ruolo dell’ostetrica? È giusto relegarla solo nella sala parto?
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Cosa ha pensato quando ha saputo di questo tragico evento?
"È un evento molto triste. Ho pensato alla mamma, a come si è sentita, al senso di colpa che prova e al dolore che non l'abbandonerà mai".
Molte donne raccontano di essere state lasciate sole con i propri figli subito dopo il parto. È vero? Quali sono i protocolli?
"Il rooming-in è raccomandato dall’Oms, tutti gli ospedali fanno riferimento ai 10 passi dell’allattamento Unicef-OMS (Punto 7: Sistemare il neonato nella stessa stanza della madre - rooming-in - in modo che trascorrano insieme ventiquattr'ore su ventiquattro durante la permanenza in ospedale, ndr). In tutti gli ospedali dove ho lavorato c’era la garanzia del rooming-in, il bimbo veniva prelevato dal personale soltanto in occasione degli esami di routine".
C’è vigilanza e assistenza nei reparti?
"Certo, il personale passa ripetutamente a vedere come sta il bimbo, a fare la valutazione della poppata, etc. Generalmente lo fanno le infermiere pediatriche e le puericultrici".
Che cosa ne pensa del dibattito nato attorno al rooming-in?
"Rispondo da mamma. Io sono favorevole al rooming-in, per me la separazione tra madre e figlio non dovrebbe mai esserci, nemmeno con la visita del pediatra. Mi piacerebbe pensare che le visite ai neonati fossero fatte nella culla vicino alla mamma anche dai pediatri".
Per le mamme che hanno avuto un parto difficile?
"Per loro bisogna garantire un aiuto sempre, perché una mamma che fa un cesareo di notte dopo un travaglio estenuante o ha un parto difficile, una sutura difficile ed è immobilizzata, deve avere il supporto e l’aiuto del personale. La mamma può chiedere che il bimbo venga tenuto al nido, ma lo deve chiedere espressamente la madre".
Alla neomamma viene fatto presente che c’è anche questa opzione?
"Se l’ospedale prevede il rooming-in è sottinteso che il bimbo stia con la mamma. La soluzione del nido deve essere garantita in tutti i casi in cui è necessaria: per condizioni di salute materne o del neonato stesso. Io questa frase ai corsi pre-parto la dico sempre. Possono chiedere aiuto quando ne sentono il bisogno, però di prassi il bimbo sta con la mamma".
Cosa possiamo fare per evitare che questo dramma si ripeta?
"Il Covid ha distrutto le visite e gli accessi in ospedale. Da una parte ha dimezzato i parenti che affollavano le stanze, e questa è una cosa buona, ma dall’altra ha tolto la possibilità ai papà di assistere la mamma e il neonato in ospedale. Secondo me il papà deve avere la possibilità di stare dalle 8 di mattina alle 8 di sera nella stanza con la donna e il bambino. L’aiuto che deve essere fornito alla mamma è questo. La neomamma così può riposarsi e dormire tranquillamente perché sa che a sorvegliare il bimbo c’è il papà o la nonna o un parente stretto. Certo, la notte l’accesso ai parenti non è consentito, ma questa sarebbe già una buona cosa. Il bambino deve stare con i genitori, con la mamma o con un parente e non con il personale sanitario".
Lei ha fortemente voluto il rooming-in. Si è sentita mai abbandonata?
"Assolutamente no, il personale sanitario veniva pesava la bambina, vedevano l’andamento dell’ittero e altre cose. Mai mi sono sentita abbandonata".
Come è cambiato il comportamento e lo stato d'animo delle partorienti in reparto, dopo il caso del Pertini? Tante mamme hanno paura di tenere il figlio in camera?
"Sì, sono più ansiose, manifestano una certa paura. Già durante la gravidanza la sensibilità aumenta, ma questo evento le ha portate a essere molto più ansiose. Pensano: ma se questo dramma dovesse succedere anche a me? Le capisco, perché in gravidanza ti vengono delle paure che non avresti mai immaginato di avere".
Alcune donne lamentano una mancanza di sensibilità da parte del personale ospedaliero nei confronti delle partorienti e delle neomamme. A volte raccontano addirittura di violenze verbali.
"Se lo dicono vuol dire che è accaduto. Dal mio punto di vista stanno cambiando moltissime cose perché la nuova generazione di ostetriche, medici e specialisti fa molta più attenzione all’aspetto verbale, alla comunicazione, a come trattare le donne. Poi l’individuo meno sensibile c’è, però io vedo che è cresciuta la sensibilità da parte delle ostetriche. Quindici anni fa, quando facevo la studentessa, era diverso. Mi dispiace perché le donne devono essere trattate bene, devono avere un bellissimo ricordo del parto e del post partum e sta tutto nelle nostre mani".
Questi atteggiamenti, certamente non giustificabili, potrebbero essere dettati dai turni di lavoro massacranti che il personale ospedaliero si ritrova a dover affrontare a causa di una carenza di personale?
"Sì, anche se è il carattere della persona a fare la differenza. Chi è dolce, buono e sensibile lo è anche con molti carichi di lavoro. Chi non è maleducato lo è anche con quattro notti insonni alle spalle. C’è sia la componente della stanchezza però c’è anche quella caratteriale".
In Italia sono iscritte all’albo solo 20.885 ostetriche, ne servirebbero almeno il doppio. Perché questa professione non è più attraente?
"Io non la penso così, perché vedo che ci sono tante ostetriche ma pochi posti di lavoro. Il problema non è perché questa professione non risulta essere più attraente, il problema è che c’è poco lavoro e non per il calo delle nascite. L’ospedale richiede 5 ostetriche per andare a fare un lavoro di 8-10. Le ostetriche fuori ci sono, ma non trovano lavoro. Da due tre anni a questa parte, però la situazione è cambiata: ci sono più concorsi, gli ospedali cercano molto più personale".
Crescono le aggressioni al personale medico soprattutto in ospedale. A lei è mai capitato? Perché si è arrivati a questi livelli?
"Succede, ma a me non è mai capitato, a volte le ho evitate. Molte volte dipende da come ti poni con le persone. Se vedi un muro, un blocco, allora devi essere tu a cambiare comunicazione. Ci si rimette sempre a fare la guerra, perché quelle persone non sanno come vanno le cose, non lo possono sapere, quindi bisogna essere il più comunicativi possibile. Prima c’era più rispetto per il personale medico e paramedico, oggi c’è più maleducazione".
Qual è il ruolo dell’ostetrica? È giusto relegarla solo nella sala parto? Non potrebbe aiutare le donne anche nel post parto?
"Assolutamente sì. L’ostetrica può fare tantissime cose non solo nel settore ospedaliero in sala parto ma anche sul territorio dove c'è tantissimo bisogno. Le ostetriche, infatti, seguono le gravidanze fisiologiche, le ecografie office, il post partum, il puerperio a domicilio, la riabilitazione e rieducazione del pavimento pelvico, acqua motricità. L’ostetrica ha tantissime competenze però, come ripeto, il lavoro che offre l’Italia è soltanto quello nelle sale parto e ospedaliero. Basti sapere che nei consultori c'è solo un'ostetrica, che deve organizzare e seguire i corsi, lo screening e tante altre cose".
Le ostetriche potrebbero aiutare le neomamme nel rooming-in?
"Nell’ospedale dove lavoro c’è un’ostetrica dedicata interamente all’allattamento. Se questa figura fosse presente in ogni ospedale - tutte le mattine valuta la poppata, l’attacco, se ci sono comuni complicanze – le neomamme sarebbero tutte più felici. L’ostetrica che segue l’allattamento è un professionista formata, dovrebbe essere una figura presente in ogni ospedale".